giovedì 31 marzo 2011

Il Coraggio dell'Obbedienza

 

Editoriale di Don Enzo Cosentino su Eco della Brigna n. 80/2011
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In un momento difficile del cammino eparchiale, come quello che stiamo vivendo, è doveroso riflettere sul ruolo dell’Eparchia nella Chiesa e sui compiti di tutti e di ciascuno.

Sono tante le cose belle che la  Chiesa di Piana riesce a portare avanti, sono poche le cose che riescono ad offuscare il bello di questa Chiesa.

I Romani Pontefici hanno sempre avuto particolare attenzione per le nostre Comunità arbëreshë. Infatti, nella Bolla di erezione dell’Eparchia di Piana degli Albanesi “Apostolica Sedes” del 26 ottobre 1937, è detto chiaramente: “Né poteva sfuggire alla S. Sede l’autorità di quelle Comunità di rito bizantino, le quali in alcune regioni d’Italia si conservarono integre fra tante profonde vicende di cose e di uomini…” mentre nella Bolla “Orientalis Ecclesiae”, dell’8 luglio 1960 è detto: “I meriti verso questa sacratissima Cattedra di Pietro, certamente grandi e singolari, fecero sì che i Romani Pontefici, ai quali niente fu più a cuore che avere cura del popolo cristiano, riguardassero con particolare amore alla medesima Chiesa, alle sue vicende e alle sue attività”.

Si è passati dai fasti del passato alla crisi attuale: Lungro è senza pastore, guidata da un Amministratore Apostolico; Piana degli Albanesi da qualche tempo è assistita da un Delegato Pontificio. Tutto questo, penso, è causato dalla nostra litigiosità e dal nostro poco amore alla Chiesa locale, poca umiltà e poca considerazione dell’altro.

Nel Vangelo di Luca (16,24) leggiamola famosa frase: “Nessun profeta è bene accetto in patria”. Questo ci ricorda quanto siamo restii ad accettare che qualcuno del nostro ambiente, di cui crediamo di conoscere “virtù e miracoli”, diventi giudice del nostro operato, sia pure a nome di Dio. La fede esige un superamento totale del piano puramente umano: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Nell’ascolto occorre una disposizione interiore ad accogliere la voce dell’altro come espressione della volontà di Dio e norma di azioni.

Se questo manca, la pratica dell’obbedienza risulta molto difficile.

Se vogliamo continuare il nostro cammino dobbiamo imparare ad obbedire e imparare a rispettare l’altro.

sabato 26 marzo 2011

Domenica 27 Marzo 2011. III di Quaresima. Adorazione della Santa e Vivificante Croce.

 

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Evfrenèstho ta urània, * agalliàstho ta epìghia, * òti epìise kràtos * en vrachìoni aftù * o kìrios; epàtise * to thanàto ton thànaton; * protòtokos ton nekròn eghèneto; * ek kilìas Àdhu errìsato imàs, * ke parèsche to kòsmo * to mèga èleos.

Esultino i cieli e si rallegri la terra, poiché il Signore operò potenza col suo braccio: calpestando la morte con la morte, divenne il primogenito dei morti. Egli ci ha scampati dal profondo dell’inferno ed ha accordato al mondo la grande misericordia.

Sòson, Kìrie, ton laòn su, * ke evlòghison tin klironomìan su, * nìkas tis vasilèvsi * katà varvàron dhorùmenos, * ke to sòn filàtton * dhià tu stavrù su polìtevma.

Salva, o Signore, il tuo popolo e benedici la tua eredità, concedi ai regnanti vittoria sui barbari e custodisci con la tua Croce il tuo regno.

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, * os litrothìsa ton dhinòn efcharistìria * anagràfo sì i pòlis su, Theotòke. * All’os èchusa to kràtos aprosmàchiton, * ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, * ìna kràzo si: Chère, Nìmfi anìmfefte.

A te stratega condottiera che mi difendi, io, la tua città, grazie a te riscattata da tremende sventure, o Madre di Dio, dedico questi canti di vittoria in rendimento di grazie. E tu che possiedi l'invincibile potenza, liberami da ogni specie di pericolo, affinchè io a te acclami: Gioisci, Sposa inviolata!

TRISAGHION

Ton Stavròn su proskinùmen, Dhèspota, ke tin aghìan su anàstasin dhoxàzomen.

Adoriamo la tua Croce, o Sovrano, e glorifichiamo la tua santa risurrezione.

APOSTOLOS   (Eb. 4, 14-5,6)

- Salva, o Signore, il tuo popolo e benedici la tua eredità. (Sal. 27,9)

- A te, Signore, io grido; non restare in silenzio, mio Dio. (Sal. 27,1)

Lettura dalla lettera di Paolo agli Ebrei.

Fratelli, poiché abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno. Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anch’egli rivestito di debolezza; proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo. Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse: “Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato”. Come in un altro passo dice: “Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek”.

Alliluia (3 volte).

- Ricordati, Signore, del tuo popolo, che ti sei acquistato nei tempi antichi; hai riscattato lo scettro della tua eredità. (Sal. 73,2)

Alliluia (3 volte).

- Eppure Dio che è nostro re prima dei secoli, ha operato la salvezza nella nostra terra. (Sal. 73,12)

Alliluia (3 volte).

VANGELO

(Mc. 8, 34b–9,1)

Disse il Signore: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”.

MEGALINARION

Epì sì chèri, Kecharitomèni, pàsa i ktìsis, * anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, * ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, * parthenikòn kàfchima, * ex ìs Theòs esarkòthi, * ke pedhìon ghègonen * o pro eònon ipàrchon Theòs imòn. * Tin gàr sìn mìtran thrònon epìise, * ke tin sìn gastèra platitèran * uranòn * apirgàsato. * Epì sì chèri, * Kecharitomèni, * pàsa i ktìsis, * dhòxa si

In te si rallegra, o piena di grazia, tutto il creato: e gli angelici cori e l’umana progenie, o tempio santo e razionale paradiso, vanto delle vergini. Da te ha preso carne Dio ed è divenuto bambino colui che fin dall’eternità è il Dio nostro. Del tuo seno infatti egli fece il suo trono, rendendolo più vasto dei cieli. In te, o piena di grazia, si rallegra tutto il creato. Gloria a te.

 

sabato 19 marzo 2011

20 Marzo 2011. II Domenica di Quaresima. San Gregorio Palamas

 

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TROPARI

Ote katìlthes pros ton thànaton, * i Zoì i athànatos, * tòte ton Àdhin enèkrosas * ti astrapì tis Theòtitos; * òte dhe ke tus tethneòtas * ek ton katachthonìon anèstisas, * pàse e Dhinàmis * ton epuranìon ekrávgazon: * Zoodhòta Christè, o Theòs imòn, dhòxa si.

Quando Tu, vita immortale, discendesti incontro alla morte, allora annientasti l’Inferno col fulgore della divinità; ma allorché risuscitasti i morti dai luoghi sotterranei, tutte le potenze sovracelesti esclamarono: Cristo, Dio nostro, datore di vita, gloria a Te!

Orthodoxias o fostir, Ekklisìas to stìrigma kiè dhidàskale, ton monastòn i kallonì, ton theològon ipèrmahos aprosmàchitos, Grigòrie thavmeturghiè, Thessalonìkis to kàvchima, kìrix tis chàritos, ikèteve dhiapandòs, sothìne tas psihàs imòn.

Astro dell'Ortodossia, sostegno e maestro della Chiesa, bellezza dei monaci, imbattibile difensore dei teologi, o Gregorio Taumaturgo vanto di Tessalonica, araldo della grazia, prega sempre per la salvezza delle anime nostre.

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, * os litrothìsa ton dhinòn efcharistìria * anagràfo sì i pòlis su, Theotòke. * All’os èchusa to kràtos aprosmàchiton, * ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, * ìna kràzo si: Chère, Nìmfi anìmfefte.

A te stratega condottiera che mi difendi, io, la tua città, grazie a te riscattata da tremende sventure, o Madre di Dio, dedico questi canti di vittoria in rendimento di grazie. E tu che possiedi l'invincibile potenza, liberami da ogni specie di pericolo, affinchè io a te acclami: Gioisci, Sposa inviolata!

APOSTOLOS (Eb. 1,10-14; 2,1-3)

Tu, o Signore, ci custodirai e ci guarderai da questa gente per sempre. (Sal. 11,8)

- Salvami, Signore, perché non c’è più un uomo fedele; perché è scomparsa la fedeltà tra i figli degli uomini. (Sal. 11,2)

Lettura dalla lettera di Paolo agli Ebrei.

Tu, Signore, da principio hai fondato la terra e opera delle tue mani sono i cieli. Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito. Come un mantello li avvolgerai, come un abito, e saranno cambiati; ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine. A quale degli angeli poi ha mai detto: Siedi alla mia destra, finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, invitati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito, per non andare fuori strada. Se, infatti, la parola trasmessa per mezzo degli angeli si è dimostrata salda, e ogni trasgressione e disobbedienza ha ricevuto giusta punizione, come potremo scampare noi se trascuriamo una salvezza così grande? Questa infatti, dopo essere stata promulgata all’inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l’avevano udita.

Alliluia (3 volte).

- Canterò in eterno la tua misericordia, o Signore, con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà di generazione in generazione. (Sal. 88,2)

Alliluia (3 volte).

- Poiché hai detto: “La mia grazia durerà per sempre”; la tua verità è fondata nei cieli. (Sal. 88,3)

Alliluia (3 volte).

VANGELO (Mc. 2, 1-12)

In quel tempo Gesù entrò a Cafarnao. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone, da non esserci più posto neanche davanti alla porta, ed egli annunziava loro la parola. Si recarono da lui con un paralitico portato da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dov’egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio su cui giaceva il paralitico. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”. Seduti là erano alcuni scribi che pensavano in cuor loro: “Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. Ma Gesù, avendo subito conosciuto nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: “Perché pensate così nei vostri cuori? Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati , prendi il tuo lettuccio e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino disse al paralitico alzati, prendi il tuo lettuccio e và a casa tua”. Quegli si alzò, prese il suo lettuccio e se ne andò in presenza di tutti e tutti si meravigliarono e lodavano Dio dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”

MEGALINARION

Epì sì chèri, Kecharitomèni, pàsa i ktìsis, * anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, * ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, * parthenikòn kàfchima, * ex ìs Theòs esarkòthi, * ke pedhìon ghègonen * o pro eònon ipàrchon Theòs imòn. * Tin gàr sìn mìtran thrònon epìise, * ke tin sìn gastèra platitèran * uranòn * apirgàsato. * Epì sì chèri, * Kecharitomèni, * pàsa i ktìsis, * dhòxa si

In te si rallegra, o piena di grazia, tutto il creato: e gli angelici cori e l’umana progenie, o tempio santo e razionale paradiso, vanto delle vergini. Da te ha preso carne Dio ed è divenuto bambino colui che fin dall’eternità è il Dio nostro. Del tuo seno infatti egli fece il suo trono, rendendolo più vasto dei cieli. In te, o piena di grazia, si rallegra tutto il creato. Gloria a te.

sabato 12 marzo 2011

13 Marzo 2011. I Domenica di Quaresima. Domenica dell'Ortodossia

 

 

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Questa Domenica così come tutte quelle di Quaresima si celebrerà la Divina Liturgia di San Basilio il Grande

Andìfona

I. O Kìrios evasìlefsen, efprèpian enedhìsato, enedhìsato o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.

II. Exomologhisàsthosan to Kirìo ta elèi aftù, ke ta thavmàsia aftù tis iìs ton anthròpon.

III. Enesàtosan aftòn i uranì ke i ghi, thàlassa ke pànda ta èrponda en aftì.

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Tu lìthu sfraghisthèndos ipò ton Iudhèon, * ke stratiotòn filassòndon to àchrandòn su sòma, * anèstis triìmeros, Sotìr, * dhorùmenos to kòsmo tin zoìn. * Dhià tùto e Dhinàmis ton uranòn * evòon si, Zoodhòta: * Dhòxa ti anastàsi su, Christè, * dhòxa ti vasilìa su, * dhòxa ti ikonomìa su, mòne filànthrope.

Sebbene il sepolcro fosse sigillato dai Giudei e i soldati custodissero il tuo immacolato corpo, Tu, Salvatore, sei risorto al terzo giorno, dando la vita al mondo. Perciò le potenze celesti cantavano a te, o Vivificatore: gloria alla tua risurrezione, o Cristo, gloria al tuo regno, gloria alla tua provvidenza, o solo amico degli uomini.

Tin àchrandon ikòna su * proskinùmen, Agathè, * etùmeni sinchòrisin * ton ptesmàton imòn, * Christè o Theòs; * vulìsi gar ivdhòkisas * sarkì anelthìn en to stavrò, * ìna rìsis ùs èplasas * ek tis dhulìas tu echthrù; * òthen efcharìstos voòmen si: * Charàs eplìrosas ta pànda, o Sotìr imòn, * paraghenòmenos * is to sòse ton kòsmon.

Veneriamo la tua purissima icona, o buono, chiedendo perdono delle nostre colpe, o Cristo Dio. Ti sei benignamente degnato infatti di salire volontariamente con il tuo corpo sulla Croce per liberare dalla schiavitù del nemico coloro che tu hai plasmato; pertanto con riconoscenza a te gridiamo: hai riempito di gaudio l’universo, o nostro Salvatore, venuto a salvare il mondo.

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, * os litrothìsa ton dhinòn efcharistìria * anagràfo si i Pòlis su, Theotòke. * All’os èchusa to kràtos aprosmàchiton, * ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, * ìna kràzo si: * Chère, Nìmfi anìmfevte.

A te stratega condottiera che mi difendi, io, la tua città, grazie a te riscattata da tremende sventure, o Madre di Dio, dedico questi canti di vittoria in rendimento di grazie. E tu che possiedi l'invincibile potenza, li berami da ogni specie di pericolo, affinchè io a te acclami: Gioisci, Sposa inviolata!

APOSTOLOS (Eb. 11, 24-26. 32-40)

-

Benedetto sei tu, o Signore, Dio dei Padri nostri, e lodato e glorificato è il tuo nome nei secoli

- Poiché sei giusto in tutto ciò che hai fatto; e tutte le tue opere sono vere e rette le tue vie.

Lettura dalla lettera di Paolo agli Ebrei.

Fratelli, per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di esser chiamato figlio della figlia del Faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava infatti alla ricompensa. E che dirò ancora? Mi mancherebbe il tempo, se volessi narrare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede conquistarono regni, esercitarono la giustizia, conseguirono le promesse, chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trovarono forza dalla loro debolezza, divennero forti in guerra, respinsero invasioni di stranieri. Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, subirono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati di loro il mondo non era degno! Vaganti per i deserti, sui monti, tra le caverne e le spelonche della terra. Eppure, tutti costoro, pur avendo ricevuto per la loro fede una buona testimonianza, non conseguirono la promessa: Dio aveva in vista qualcosa di meglio per noi, perché essi non ottenessero la perfezione senza di noi.

Alliluia (3 volte).

- Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti, e Samuele tra quanti invocano il suo nome. Alliluia (3 volte).

- Invocavano il Signore ed egli rispondeva, parlava loro da una colonna di nubi. Alliluia (3 volte).

VANGELO  (Gv. 1, 43-51)

In quel tempo, Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: “Seguimi”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”. Natanaèle esclamò: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”. Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. Natanaèle gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. Gli replicò Natanaèle: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”. Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.

MEGALINARION

Epì sì chèri, Kecharitomèni, pàsa i ktìsis, * anghèlon to sìstima ke anthròpon to ghènos, * ighiasmène naè ke paràdhise loghikè, * parthenikòn kàfchima, * ex ìs Theòs esarkòthi, * ke pedhìon ghègonen * o pro eònon ipàrchon Theòs imòn. * Tin gàr sìn mìtran thrònon epìise, * ke tin sìn gastèra platitèran * uranòn * apirgàsato. * Epì sì chèri, * Kecharitomèni, * pàsa i ktìsis, * dhòxa si.

In te si rallegra, o piena di grazia, tutto il creato: e gli angelici cori e l’umana progenie, o tempio santo e razionale paradiso, vanto delle vergini. Da te ha preso carne Dio ed è divenuto bambino colui che fin dall’eternità è il Dio nostro. Del tuo seno infatti egli fece il suo trono, rendendolo più vasto dei cieli. In te, o piena di grazia, si rallegra tutto il creato. Gloria a te.

Epi si Cheri della Tradizione Greco-Albanese di Sicilia

sabato 5 marzo 2011

Riflessione sulla Quaresima dell’Archimandrita Marco Vincenzo Sirchia.

 

Riproponiamo ai nostri lettori una Riflessione sulla Quaresima dell’Archimandita Marco V. Sirchia.

La Quaresima è il tempo forte per eccellenza della conversione e del ritorno a Dio. Nella liturgia emergono continui richiami al senso cristiano del peccato, all'umile preghiera con cui se ne domanda perdono, alla carità operosa (digiuno ed elemosina ) con cui si esprime la volontà di conversione.
Valorizzare questo tempo significa prendere coscienza della continua chiamata a riscoprire insieme sia la memoria del proprio battesimo, sia la memoria del mistero della pasqua di Cristo e della nostra pasqua uniti a lui.In questo tempo di grazia l'attenzione è rivolta a Cristo e all'uomo e al mistero del Cristo che illumina la sorte dell'uomo.La fede e la riflessione teologica della Chiesa colgono nell'incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Dio la chiave per interpretare tutta la storia e il vissuto dell'umanità.Basti pensare alla domenica scorsa in cui la Chiesa ci ha condotti nel deserto con Cristo.Abbiamo visto il Cristo tentato in quelle che sono le tre tentazioni tipiche dell'umanità: il sesso, i soldi e il successo.Dice Agostino che in Cristo tentato è stato tentato l'uomo e in Cristo vincitore della tentazione, l'uomo ha vinto il demonio.Una volta e per sempre Cristo ha salvato il mondo portando il creato alla completa liberazione, e l'uomo di fede può ora guardare il prima di Cristo in vista di lui e il tempo successivo alla sua morte e risurrezione come lo spazio per comprendere e approfondire la straordinaria ricchezza della Pasqua verso cui camminare e in cui sperare.La quaresima allora è il momento della introspezione, dell'esame di coscienza approfondito, per conoscere la nostra miseria e la misericordia di Dio, il nostro peccato e la sua grazia, la nostra povertà e la sua ricchezza, la nostra debolezza e la sua forza, la nostra stoltezza e la sua sapienza, la nostra tenebra e la sua luce, il nostro inferno e il suo regno.La quaresima è il tempo di analizzare alcuni principi spirituali forti come spranghe di ferro a cui i religiosi devono appigliarsi per rimanere ben radicati nel terreno buono dove devono fruttificare, ma anche che devono prendere in mano come randelli per colpire alle radici il male antico e ontico sempre pronto a rendere inutile e inefficace l'azione della grazia di Dio

.In questa meditazione parleremo di tre capisaldi della vita spirituale:

a) Conoscere la propria miseria per conoscere meglio Dio

b) Pregare

c) Digiunare

Ci aiuteranno come sempre i Padri del deserto con i loro meravigliosi detti.

a) Conoscere la propria miseria per conoscere meglio Dio.Tre amici dopo aver abbracciata la vita monastica, si erano interrogati sull'opportunità di continuarne l'esperienza. Due decisero di interromperla per occuparsi il primo di riconciliare le persone che non andavano d'accordo, l'altro di visitare i malati, il terzo invece aveva deciso di rimanere nel deserto.Dopo un pò di tempo, i primi due delusi dalla vita attiva ritornarono dall'eremita e gli riferirono i disinganni e le delusioni provate. L'eremita, dopo essere rimasto un poco in silenzio prese una bacinella e vi gettò dell'acqua, quindi invitò i due a specchiarsi dentro. In un primo momento, essendo l'acqua agitata, i due non poterono specchiarsi, ma appena l'acqua fu immobile, poterono scorgere chiaramente i tratti del loro volto.L'eremita commentò questa azione simbolica con queste parole:"Chi è immerso e impelagato nell'agitazione del mondo, non può vedere i propri peccati, se invece rimane nella solitudine, può vedere se stesso e passare dalla conoscenza di sé alla conoscenza di Dio".Può sembrare che l'eremita voglia far disertare gli altri due dalla vita di servizio, ma non è così. L'eremita sapeva bene che il primo obbediva alla parola del Signore: "Beato che semina la pace" (Mt 5,9), e il secondo alla parola: "Sono stato malato e mi avete visitato" (Mt 25, 36). Ma queste occupazioni evangeliche mancavano di un dato che solo le poteva rendere evangeliche: l'unione con Dio, ciò che Cristo aveva definito come la parte migliore che solo Maria aveva scelto. In altre parole queste occupazioni si erano rivelate dispersive perché i due eremiti avevano dimenticato la propria fragilità e la propria miseria.Mi ricordo la parola di un padre spirituale che un giorno disse: "Come è possibile curare gli ammalati senza che prima non ci siamo fatti curare dal nostro medico, senza cioè essere stati immunizzati, non dal dolore altrui, ma dall'essere sopraffatti dal dolore altrui?".In questo campo ateismo, orgoglio e presunzione vanno di pari passo. Ecco la necessità in quaresima di rientrare dentro noi stessi per scoprire che Dio può essere visto nella misura in cui l'uomo prende coscienza dei suoi limiti. Ecco la necessità dell'appartarci, non tanto per sfuggire ai nostri doveri, ma per compierli meglio, grazie al silenzio, al raccoglimento, alla salmodia, alla preghiera e alla lectio divina.

b ) Pregare Per i Padri era essenziale che la preghiera fosse autentica: volevano cioè che ci fosse una perfetta corrispondenza tra disposizioni intime e atti esterni con le affermazioni e gli atteggiamenti della preghiera.Abba Ireneo diceva: "Molti uomini, pregando, non pregano", perché il loro cuore e la loro vita non sono in armonia con la preghiera. Questo era uno dei più grandi dolori dei Padri, diceva l'Abba Silvano: "Guai all'uomo che porta un nome più grande delle sue opere", che ha il nome di monaco, di religioso, di uomo di Dio, senza averne la vita.La preghiera in altre parole deve sgorgare dal cuore prima di uscire dalle labbra, esige anima e corpo votati a Dio e non al mondo, impone opere conformi alla volontà di Dio; alcune volte non comporta nessun movimento delle labbra, ma esigerà sempre purezza e fervore di cuore.Essere autenticamente religiosi implica armonia tra vita e preghiera. L'opera del religioso è essere fuoco, un fuoco tale che dove penetra, consuma.Ad un fratello che si lamentava perché era oppresso da molte passioni, l'Abba Poemen disse: "Le passioni, figlio mio, non sono che triboli e spine, mettici il fuoco ardente della preghiera e dell'amore di Dio e le brucerai completamente".E abba Evagrio diceva a coloro che si scoraggiavano nella preghiera perché non riuscivano a pregare come volevano: "Se non hai ricevuto ancora il carisma della preghiera o della salmodia ostinati e lo riceverai".Un altro monaco, molto zelante nella preghiera, si era addormentato. Il diavolo, seduto accanto al suo letto, diceva che si guardava bene dallo svegliarlo perché quel monaco, una volta desto, si sarebbe messo subito a lodare Dio e l'avrebbe cacciato. Satana teme la preghiera dei monaci e quella dei cristiani ferventi, sa che può annullare la sua azione.Senza paura di sbagliare possiamo applicare ai religiosi quello che i Padri del deserto dicevano dei monaci: "La preghiera è lo specchio del monaco", del suo intimo, della sua vita, del suo lavoro. Se il monaco non prega Dio, vuol dire che non si preoccupa di lui. Se lavora ma non prega, il suo lavoro ha già perso, o perderà presto l'impronta adoratrice necessaria perché sia un lavoro di Chiesa, spiritualmente costruttivo.

c) Digiunare Il digiuno, che può essere praticato in forme antiche o nuove, è segno di conversione, di pentimento e di mortificazione personale e, al tempo stesso, di unione con Cristo crocifisso e di solidarietà con gli affamati e i sofferenti.Prima di intraprendere la sua missione nel mondo, il Signore stesso ha digiunato per quaranta giorni ed ha insegnato l'esercizio del digiuno. Per il Nuovo Testamento il digiuno è un mezzo di astinenza, di pentimento, di elevazione spirituale.Già ai tempi degli Apostoli, la Chiesa ne ha proclamato l'importanza, senza però proporre una legge fissa, in quanto questa pratica spirituale è direttamente proporzionata alla capacità del penitente di sopportarla. "Assicurati che nessuno ti distolga da questa via tracciata dalla dottrina... se puoi sopportare tutto il giogo del Signore, sarai perfetto; se non puoi fai ciò di cui sei capace. Per quanto riguarda il digiuno osservalo secondo la tua forza" (Didachè 6,1-3).

L'autentico digiuno è legato intimamente alla preghiera e al pentimento sincero. "Il digiuno, così come indica il termine, significa astenersi dal cibo; ma il cibo non ci ha mai resi né più giusti, né più ingiusti " diceva Clemente alessandrino, sottolineando così che il vero valore del digiuno è essere capaci di non diventare schiavi delle passioni e del mondo. Il digiuno dal cibo è un consiglio ascetico, e l'ascesi è una proposta non una legge, ma digiunare dal peccato, questo sì che è legge che bisogna mettere in pratica.Voglio concludere questa meditazione con le parole di S. Clemente di Roma, che abbiamo ascoltato nell'Ufficio delle letture il mercoledì delle ceneri:"Stiamo saldi in questa linea e aderiamo a questi comandamenti. Camminiamo sempre con tutta umiltà nell'obbedienza alle sante parole...

Fissiamo fermamente lo sguardo sul Padre e Creatore di tutto il mondo e aspiriamo vivamente ai suoi doni meravigliosi e ai suoi benefici incomparabili" a lui la lode e la gloria col Figlio suo e lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.

Messaggio catechetico di Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli per l’inizio della Grande e Santa Quaresima 2011

 

+ B A R T O L O M E O

PER GRAZIA DI DIO

ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA

E PATRIARCA ECUMENICO

A TUTTO IL PLEROMA DELLA CHIESA, GRAZIA E PACE DA GESU’ CRISTO SIGNORE E SALVATORE NOSTRO E DA PARTE NOSTRA PREGHIERA, BENEDIZIONE E PERDONO


Fratelli e Figli amati nel Signore,

“ E’ aperto lo stadio delle virtù, voi che volete lottare, entrate dopo esservi cinti della bella lotta del digiuno”o megliosempre si trova aperto, da quando ancora il Signore della Gloria Molto Misericordioso, si è degnato di assumere la natura umana. Da allora chiama ogni uomo a prendere parte ai doni infiniti della Grazia del Tuttosanto Spirito e in modo particolare, durante questo tempo benedetto della Santa e Grande Quaresima.

Figli amati nel Signore,

La bontà infinita, il nostro vero Dio, adorato nella Trinità, ha creato il genere umano soltanto per amore per rendere gli uomini conniventi – per quanto questo sia possibile nella natura umana -, e compartecipi alla grandezza della Sua Divina Gloria. Questo è lo scopo esclusivo della vita dell’uomo in ogni epoca. E’ alla realizzazione di questo scopo che tende tutta la Santa Tradizione, portatrice di Spirito, della nostra Chiesa Ortodossa, insegnando, interpretando e presentando l’intera immagine della vita spirituale e le varie lotte spirituali, nelle quali il fedele bisogna che progredisca con nobile sentimento. Ogni Cristiano, attraverso il Sacro Mistero del Battesimo riceve la grazia dello Spirito Santo. Se qualcuno si mette, con tutti i buoni propositi, ad amare Dio, allora la Grazia, in maniera inspiegabile, lo rende partecipe della ricchezza dei suoi beni. Chi dunque desidera trattenere questa esperienza di Grazia, si sforza con grande gioia di allontanare dalla propria anima, i beni passeggeri del tempo presente e di far proprio il tesoro nascosto della vera Vita.Secondo il grado di successo, in cui progredisce l’anima nella lotta spirituale, si manifesta in proporzione il dono divino della Grazia, la bontà del Signore, celata nella sua profondità, bontà che diviene guida sicura nelle prove spirituali di ogni genere.Questa lotta spirituale, per ogni fedele, è continua, e quindi per questo bisogna che abbia ogni giorno, ogni momento un nuovo inizio. “ E’ giunto il tempo, l’inizio delle lotte spirituali, la vittoria contro i demoni, la continenza con tutte le sue armi, lo splendore degli Angeli, la franchezza davanti a Dio”. Così la Santa Quaresima è un inizio continuo della rinascita spirituale e del rinnovamento dell’uomo. Per questo anche l’innografo del Triodion ci orienta correttamente nel suo proprio contenuto, dicendo che, il digiuno corporale dato dal digiuno dai cibi, se non è accompagnato dalla purificazione conseguente ad una lotta che allontana le passioni, non risulta esser motivo di cambiamento della vita e pertanto viene in odio a Dio come menzognero.

Certamente il fatto che l’uomo possa concentrare la sua mente sull’opera di conoscenza di Dio e riportarla dalla sua dispersione passionale alla propria realtà, rappresenta un lavoro faticoso e lungo e tuttavia indispensabile e determinante per la sua consistenza spirituale e per tutta la sua vita sociale. La via della virtù, per coloro che la intraprendono, appare dura ed esageratamente sgradevole, non solo perché essa è tale effettivamente, ma perché la nostra natura umana è assuefatta dal frequentare i piaceri facili. Per quelli che sono riusciti a superare la metà della via, essa appare gradevole e facile. Molti di coloro che nelle diverse epoche, hanno ignorato il grande mistero della pietà, ritengono la Tradizione Ortodossa come pesante e che ha portato l’uomo alla privazione della immaginazione creatrice, della iniziativa originale, del piacere della vita in generale e della gioia che ne deriva da essa. Non vi è nulla di più falso. Tutto ciò che Dio ha fatto, lo ha fatto in modo perfetto e lo ha donato a noi, affinché noi possiamo rallegrarcene e goderne e che ciò possa divenire motivo, per rendere gloria senza fine al nostro Benefattore. I comandamenti di Dio, in più, ci guidano e ci descrivono il corretto uso dei Suoi doni, cosicché il nostro corpo, la nostra immaginazione e tutte le forze della nostra anima, con tutti i beni materiali, risultino davvero fonte di gioia e di beneficio per la vita dell’uomo. Al contrario, il loro uso egoistico, arbitrario e sprezzante dello scopo accordato dal Creatore alla sua creazione, sul momento soddisfa l’egoismo irragionevole dell’uomo, tuttavia porta alla fine ad esiti totalmente diversi da quelli attesi e lo porta alla depressione, all’angoscia e alla infelicità Il nostro Salvatore, il vero Dio e vero Uomo, colui che è incomprensibilmente conosciuto dagli umili e da coloro che sono capaci di recepire la Sua Grazia increata, il Signore della Gloria e Signore della Storia, che sonda cuori e reni , colui che, per la Sua divina Provvidenza, contiene ogni cosa, dalla più piccola particella della Sua creazione, fino all’intero universo, incomprensibile all’intelligenza umana, è in modo diacronico, la Via, la Verità e la Vita. Come la Fonte ipostatica della Vita non può essere trattenuta dalla morte, che egli ha schiacciato ed è risorto, allo steso modo non è possibile che esista vita umana, che elevi l’uomo in dignità, senza la partecipazione al Corpo vivificante del Cristo risorto, alla Sua Chiesa Ortodossa e alla sua Santa e ispirata Tradizione. In breve, il Signore rimane in eterno, mentre i disegni di uomini orgogliosi, non sono che menzogneri, o come dice in modo appropriato San Diadoco: “Non vi è niente di più povero, di una mente che, senza Dio, tratta in filosofie di ciò che è Dio”.

Figli amati nel Signore,

Al momento dell’ingresso nella Santa e Grande Quaresima, esortiamo paternamente tutti voi a non avere paura né disinteresse, nel progredire nella più importante azione della vostra vita, nell’arena delle cose spirituali, con coraggio e con tutta la forza d’animo, per purificare anime e corpi da ogni impurità e ottenere il Regno di Dio, il quale pure è offerto fin da questa vita presente, a coloro che lo cercano in tutta sincerità e dal profondo dell’animo. La grazia di Dio e la Sua infinita misericordia siano con tutti voi.

Santa e Grande Quaresima 2011

                                                           + Bartolomeo di Costantinopoli

                                               fervente intercessore presso Dio per voi tutti

Domenica 6 Marzo 2011. Domenica dei Latticini. La sera della Domenica Inizia la Santa e Grande Quaresima

 

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TROPARI

Ex ìpsus katìlthes, o èfsplachnos, tafìn katedhèxo triìmeron, ìna imàs eleftheròsis ton pathòn. I Zoì ke i anàstasis imòn, Kìrie, dhòxa si.

Sei disceso dall'alto, o pietoso, hai accettato la sepoltura di tre giorni, per liberare noi dalle passioni: vita e risurrezione nostra, Signore, gloria a Te!

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria, * os litrothìsa ton dhinòn efcharistìria * anagràfo si i Pòlis su, Theotòke. * All’os èchusa to kràtos aprosmàchiton, * ek pandìon me kindhìnon elefthèroson, * ìna kràzo si: * Chère, Nìmfi anìmfevte.

A te stratega condottiera che mi difendi, io, la tua città, grazie a te riscattata da tremende sventure, o Madre di Dio, dedico questi canti di vittoria in rendimento di grazie. E tu che possiedi l'invincibile potenza, li berami da ogni specie di pericolo, affinchè io a te acclami: Gioisci, Sposa inviolata!

LETTURE

APOSTOLO (Romani 13,11 14,4)

Fratelli, Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti.  La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.  Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie.  Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri. Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni. Uno crede di poter mangiare di tutto, l'altro invece, che è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto.  Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di farcelo stare.

VANGELO (Matteo 6, 14-21)

Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.  E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa.  Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.  Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.