mercoledì 31 dicembre 2014



INIZIAMO  SOTTO LA PROTEZIONE 
DELLA 
MADRE DI DIO

L'ANNO     NUOVO 2015



URIME SHUME PER GJITHE JUVE PER VITIN I RRI 2015 

ME BEKIME NGA TE LARTI PERENDI...ZOTI JINE IISU 

KRISHTI ...ME NDIHME TE MEMES TE PERENDIS ....


RINGRAZIAMO iL SIGNORE PER IL TEMPO CHE CI HA 

DONATO NEL CONOSCERLO, AMARLO E 

TESTIMONIRALO DURANTE QUESTO ANNO 2014 CHE 

ORMAI STA PER CONCLUDERSI E 

CHIEDIAMO LA SUA CONTINUA BENEDIZIONE E IL SUO 

SOSTEGNO PER IL NUOVO ANNO 2015 CHE STA PER 

INIZIARE CHE SIA PIENO OGNI BENE E BENEDIZIONE 

PER TUTTI : ANZIANI ,GIOVANI E BAMBINI E FAMIGLIE ,

CHI E 'IN OGNI DIFFICOLTA' 

P.NINI

1˚ GENNAIO 2015

Circoncisione secondo la carne del Signore, Dio e Salvatore 

nostro Gesú Cristo; 

e memoria del nostro santo padre Basilio il grande (379).

VESPRO

Stichirá idiómela della festa. Tono pl. 4.
Il Salvatore, * discendendo presso il genere umano, *accettò di essere avvolto in fasce; * non ebbe orrore della circoncisione della carne, * colui che, quanto alla Madre, * era nato da otto giorni˚, * e quanto al Padre era senza principio. * A lui, o fedeli, acclamiamo: * Tu sei il nostro Dio, * abbi pietà di noi. 2 volte
Non si vergognò, il Dio di ogni bontà, * di ricevere la circoncisione della carne, * ma a tutti diede se stesso * qua¬le mo¬dello ed esempio * per la salvezza: * l’autore della Legge * adempie infatti i comandi della Legge * e quan¬to a suo riguar¬do * era stato annunciato dai profeti. * O tu che tutto tieni in tua mano * e sei avvolto in fasce, * Signore, gloria a te.
Altri stichirá prosómia, del santo. Tono 4. 
Tu che sei stato chiamato dall’Altissimo.
O tu, il cui nome significa ‘regno’, * quando cominciasti a pascere * con filosofia e scienza, o padre, * il sacerdozio regale, * il popolo santo di Cristo˚, * allora, o Basilio, * ti ornò del diadema del regno * il Re dei re e Signore di tutti˚, * colui che noi conosciamo eterno Figlio del Padre * e come lui senza principio: * supplicalo di salvare e illuminare * le anime nostre.
Risplendente nei paramenti pontificali, * con gioia hai annunziato * il vangelo del regno, o Basilio, * riversando sulla Chiesa * insegnamenti di retta fede: * da essi illuminati, * noi proclamiamo ora l’unica Divinità * nel Padre onnipotente, * nell’Unigenito Verbo di Dio * e nel divino Spirito, * e la glorifichiamo indivisa, in tre Persone; * supplicala di salvare e illuminare * le anime nostre.
Tu che ora sei unito ai cori celesti, * e con essi dimori, * padre Basilio, * dopo averne emulato la vita * col luminoso splendore della tua condotta, * perché, ancora nel corpo, * tra gli abitanti della terra * vivevi come libero da carne: * supplica il Cristo Dio nostro * di salvare dai pericoli * e dalla tenebra dell’ignoranza * noi che godiamo * della tua dottrina divina¬mente ispirata, * e di illuminare le anime nostre.
Gloria. Del santo. Tono pl. 4. Di Anatolio.
Divenuto amante della sapienza, * o santo, * e avendo preferito la comunione di vita con Dio˚ * a tutte le cose create, * hai giustamente lasciato alla vita terrena * la preoccupazione della morte; * liberandoti infatti dalle passioni della carne * con le fatiche della continenza, * e conservando libera la dignità dell’anima * con la divina meditazione della Legge, * per l’abbondare della virtú * hai sottomesso allo spirito * tutto il sentire carnale. * Poiché dunque hai odiato la carne, * il mondo e il dominatore di questo mondo˚, * e ora te ne stai presso Cristo, * chiedi per le anime nostre * la grande misericordia˚.
Ora e sempre. Della festa. Stesso tono.
Il Salvatore, * discendendo presso il genere umano, * accettò di essere avvolto in fasce; * non ebbe orrore della circoncisione della carne, * colui che, quanto alla Madre, * era nato da otto giorni˚,e quanto al Padre era senza principio. * A lui, o fedeli, acclamiamo: * Tu sei il nostro Dio, * abbi pietà di noi.
Ingresso, Luce gioiosa, il prokímenon del giorno e le letture.
Lettura del libro della Genesi (17,1-14).
Il Signore apparve ad Abramo e gli disse: Io sono il tuo Dio: sii gradito al mio cospetto, e sii irreprensibile. Ed io stabilirò la mia alleanza tra me e te, e ti moltiplicherò grande¬mente. Abramo cadde con la faccia a terra, e Dio gli disse: Eccomi, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una moltitudine di genti. Il tuo nome non sarà piú Abram, ma Abraam, perché io ti ho costituito padre di molte genti. Ti accrescerò moltissimo, ti farò diventare genti, e re usciranno da te. Stabilirò la mia alleanza tra me e te e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni, come alleanza eterna, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. E darò a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove dimori come straniero, tutta la terra di Canaan, in possesso eterno, e sarò il loro Dio.
E Dio disse ad Abramo: Tu poi osserverai la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni. E questa è l’alleanza che osserverai, l’alleanza tra me e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni. Ogni vostro maschio sarà circonciso; circonciderete la carne del vostro prepuzio, e ciò sarà segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, ogni bambino maschio sarà da voi circonciso, per le vostre generazioni; anche il servo nato in casa e quello comprato con denaro da qualunque figlio di straniero, che non è della tua stirpe, lo si dovrà circoncidere: il servo nato nella tua casa e quello comprato con denaro. E la mia alleanza sarà nella vostra carne come alleanza eterna. Il ma¬schio non circonciso, al quale non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio il giorno ottavo, quell’anima verrà eliminata dalla sua gente: perché ha violato la mia alleanza.
Lettura del libro dei Proverbi (8,22-30).
Il Signore mi ha creata quale principio delle sue vie, in vista delle sue opere. Prima dei secoli mi ha fondata, in principio, prima di fare la terra, prima di fare gli abissi, prima che scaturissero le sorgenti delle acque. Prima che fossero fissati i monti, prima di tutti i colli mi ha generata. Il Signore ha fatto le regioni abitate e quelle deserte, e le piú alte zone abitate della terra. Quando predisponeva il cielo, io ero con lui, e quando separava il suo trono sopra i venti. Quando rendeva potenti le nubi dei cieli, e quando assicurava le sorgenti della terra. Quando poneva un limite al mare - e le sue acque non lo oltrepasseranno - e faceva robuste le fon¬da¬menta della terra, io ero presso di lui come ordinatrice. È in me che egli si rallegrava; e io ogni giorno gioivo al suo cospetto in ogni tempo.
Lettura del libro dei Proverbi e della Sapienza di Salomone (passim).
La bocca del giusto stilla sapienza, e le labbra degli uomini conoscono le grazie. La bocca dei sapienti medita la sapienza: e la giustizia li libera dalla morte. Alla morte di un uomo giusto, non è perduta la speranza, perché un figlio giusto nasce alla vita, e mieterà fra i suoi beni un frutto di giustizia. Luce sempiterna per i giusti; presso il Signore troveranno grazia e gloria. La lingua dei sapienti conosce il bene, e nel loro cuore riposa la sapienza. Il Signore ama i cuori santi, e gli sono accetti tutti coloro che sono immacolati nel loro cammino. La sapienza del Signore illumina il volto del¬l’assennato: essa infatti previene quelli che la desiderano, prima di essere conosciuta, ed è facilmente contemplata da quelli che la amano. Chi di primo mattino la cerca non faticherà, e chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Perché essa va in giro alla ricerca di quelli che sono degni di lei, e con benevolenza appare loro sui sentieri.
Mai il male prevarrà sulla sapienza. Per questo mi sono innamorato della sua bellezza, l’ho amata e l’ho ricercata dalla giovinezza, e mi sono studiato di prenderla come sposa. Perché il Creatore dell’universo l’ha amata. Essa infatti è iniziatrice alla scienza di Dio, ed è lei che sceglie le sue opere. Le sue fatiche sono virtú: è lei che insegna temperanza e prudenza, giustizia e fortezza, delle quali nulla è piú utile agli uo¬mini nella vita. Se poi uno desidera molta esperienza, essa sa farsi un’idea delle cose antiche e delle future; conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi; prevede segni e prodigi e le vicende dei tempi e delle epoche: è per tutti buon consigliere. Perché in essa c’è immortalità, e buona fa¬ma nella partecipazione ai suoi discorsi.
Per questo pregai il Signore, lo supplicai e gli dissi con tutto il cuore: Dio dei padri e Signore di misericordia, tu che hai fatto tutte le cose con la tua parola, e che con la tua sapienza hai creato l’uomo perché domini sulle creature da te fatte e governi il mondo con santità e giustizia: dammi la sapienza che siede con te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella. Mandala dalla tua santa dimora e dal trono della tua gloria, affinché mi assista e mi insegni ciò che ti è gradito, e mi guidi nella conoscenza e mi custodisca nella sua gloria. Perché i pensieri dei mortali sono tutti timidi, e incerte le loro riflessioni.
Apósticha stichirá idiómela. Tono 1. Di Byzas.
O divina e sacra ape * della Chiesa di Cristo, * Basilio beatissimo! * Tu infatti, armato del pungiglione * del divino amore, * hai trafitto le bestemmie * delle eresie odiose a Dio, * e hai accumulato nelle anime dei fedeli * la dolcezza della pietà. * Percorrendo ora i prati divini * del pascolo immacolato, * ricòrdati anche di noi, * poiché stai presso la Triade consustanziale.
Stico: La mia bocca parlerà sapienza, e la meditazione del mio cuore intelligenza.
Di Basilio monaco. Stesso tono.
Di tutti i santi hai riprodotto le virtú, * padre nostro Basilio: * di Mosè, la mitezza˚, * di Elia, lo zelo˚, * di Pietro, la confes¬sione˚; * di Giovanni, la teo¬logia, * e, come Paolo, non hai ces¬sa¬to di gridare: * Chi è de¬bo¬le, che io non lo sia? * Chi subi¬sce scandali, * senza che io ne arda˚? * Ora che abiti con loro, * supplica per la salvezza delle anime nostre.
Stico: La bocca del giusto mediterà la sapienza, e la sua lingua parlerà del giudizio.
Di Giovanni monaco. Tono 2.
Hai studiato la natura degli esseri, * e di tutti hai considerato l’instabilità; * immutabile hai trovato solo colui che, * oltre ogni essenza, * è Artefice dell’universo. * Cosí, piú che mai aderendo a lui, * hai respinto l’amore per ciò che non è. * Intercedi affinché anche noi * giun¬giamo al divino amore, * o Basilio, iniziatore ai misteri.
Gloria. Del santo. Tono pl. 2.
Tu che hai ricevuto dall’alto * la grazia dei miracoli, * e che con le tue dottrine * hai condannato al vituperio l’inganno degli idoli, * sei gloria e fondamento dei pontefici, * o beatissimo Basilio, * ed esempio della dottrina * di tutti i padri.Poiché hai famigliarità con Cristo, * supplicalo per la salvezza * delle anime nostre.
Ora e sempre. Della festa. Tono pl. 4.
Non si vergognò, il Dio di ogni bontà, * di ricevere la circoncisione della carne, * ma a tutti diede se stesso * quale modello ed esempio * per la salvezza: * l’autore della Legge * adempie infatti i comandi della Legge * e quanto a suo riguardo * era stato annunciato dai profeti. * O tu che tutto tieni in tua mano * e sei avvolto in fasce, * Signore, gloria a te.
Apolytíkion del santo. Tono 1.
Per tutta la terra è uscita la tua voce˚, * poiché essa ha accolto la tua parola * con la quale hai definito divine dottrine, * hai illustrato la natura degli esseri, * hai ordinato i costumi degli uomini. * Regale sacerdozio˚, * padre santo, * prega il Cristo Dio * perché ci doni * la grande misericordia˚.
Un altro, della festa. Stesso tono. Sigillata la pietra.
Senza mutamento hai assunto forma umana, * essendo Dio per essenza, * o pietosissimo Signore. * E, adempiendo la Legge, * volontariamente ricevi * la circoncisione della carne, * per far cessare le ombre * e togliere il velo delle nostre passioni. * Gloria alla tua bontà; * gloria alla tua amorosa compassione; * gloria, o Verbo, * alla tua inesprimibile condiscendenza.
Congedo.
Colui che l’ottavo giorno ha accettato di essere circonciso nella carne per la nostra salvezza, Cristo, vero Dio nostro, ecc.

lunedì 29 dicembre 2014



CATTEDRALE DI S. DEMETRIO M.
 
Orari delle Celebrazioni Liturgiche

della    Santa Teofania di Nostro Signore Gesù

MERCOLEDI    31    Dicembre 2014            Ore 18,00 Vespro  Solenne
  GIOVEDI           1 Gennaio 2015 
           Circoncisione secondo la carne del Signore Gesú Cristo  e memoria di S. Ba­si­lio il Grande
Ore 10,30  Divina Liturgia di S. Basilio
                            LUNEDI    5 GENNAIO 2015
Ore    9.30 Ufficio delle Grandi Ore
Ore 18.00 Vespro solenne e Grande benedizione delle acque

MARTEDI 6 GENNAIO 2015
  Santa Teofania di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ore   7.30   Divina Liturgia 
Ore 10.30 Grande benedizione delle acque te tre kanojet 
Ore 18.30   Ufficio del Vespro

Sinassario. Il 28 di questo stesso mese dicembre 2014 
, memoria dei ventimila santi, arsi vivi a Nicomedia. Per la loro santa intercessione, o Dio, abbi pietà di noi e salvaci. Amen.
 



Exapostilárion dei santi. Udite, donne.
    Moltitudine venerabilissima di martiri, falange raccolta da Dio * di ventimila santi, * supplicate il Dio nato dalla Vergine * perché siano liberati da ogni tribolazione * quanti ora vi onorano * e celebrano la vostra splendida e luminosissima memoria.
Apolytíkion dei santi. Tono 2.
     O vittoriosi del Signore, beata è la terra impinguata dal vostro sangue,e sante le dimore che hanno accolto i vostri spiriti:perché nello stadio * avete trionfato del nemico e con franchezza avete annunciato Cristo; vi preghiamo di implorare la sua bontà * per la salvezza delle anime nostre.
Della festa. Tono 4.
    La tua nascita, o Cristo nostro Dio, ha fatto sorgere per il mondo la luce della conoscenza:con essa, gli adoratori degli astri  sono stati ammaestrati da una stella ad adorare te, sole di giustizia,e a conoscere te, * Oriente dall’alto.Signore, gloria a te.
                                                 ORTHROS
Dopo la prima sticología, káthisma.
Tono pl. 4. Sei risorto dai morti.
Prodigioso, o fedeli, è questo mistero! * Dio, come lui solo sa, * è nato da una donna; * le schiere degli angeli, * sbigottite di fronte alla sua discesa, * acclamano inneggiando: * È nato il Cristo Signore, che si compiace, come Dio, * di salvare il genere umano.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Dopo la seconda sticología, káthisma.
Tono pl. 4. Aftómelon.
Mentre i flauti dei pastori * intonavano un canto *prese la parola la schiera angelica, dicendo: * Cantate una lode divina, * voi che guidate i greggi; acclamate inneggiando: * È nato il Cristo Signore, * lui che, come Dio, * si compiace di salvare * il genere umano.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Kondákion. Tono 1.
I soldati a guardia della tua tomba.
Un esercito di ventimila martiri * sorge come astro senza tramonto per illuminare con la fede * i cuori e le menti dei fedeli: * accesi infatti dal divino amore per il Sovrano, * i nobili martiri hanno prontamente accettato * una morte santa tramite il fuoco.
Della festa, stessa melodia.
Ero stato, ahimè, privato, io, l’infelice, per l’incontinenza di un tempo˚,dell’immagine superioreche per opera di Dio avevo ricevuto˚:ma tu, o Cristo,nella tua amorosa compassione,unendoti ineffabilmente a me hai assunto ciò che è inferiore rinnovandomi, o Salvatore, con sangue verginale.
Alle lodi.
Gloria. Ora e sempre. Della festa. Tono pl. 1.
Incomprensibile il mistero che oggi si compie a Betlemme! L’invisibile viene visto, colui che non ha carne s’incarna;il Verbo assume spessore,e Colui “che È” diviene ciò che non era.La Vergine partorisce nella grotta, bimbo neonato,il Creatore della natura:la mangiatoia rappresenta il trono celeste;i due animali esprimono l’assistenza maestosa dei cherubini˚;i pastori sono nello stupore;i magi portano doni; gli angeli inneggiano dicendo:Gloria a Dio nel piú alto dei cieli e pace sulla terra: perché nella sua benevolenza è con gli uomini,senza subire mutamento, l’Emmanuele.
Allo stico, stichirá prosómia della festa.
Poema alfabetico di Romano il melode.
Tono pl. 2. Venite, schiere angeliche.
Tutto il creato fa festa con gioia,e i cieli insieme a noi esultano:  perché il Creatore,nascendo dalla Vergine, in una mangiatoia, prodigiosamente si mostra ora bambino,in Betlemme di Giudea. A lui diciamo: * Benedetto tu, Dio nostro che che sei nato,  gloria a te.
Stico: Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi.
Neonato sei apparso per noi, o Gesú,tu che prima dei secoli * sei sorto dal Padre, * perché vuoi rinnovare tutti gli uomini * resi vecchi dalla trasgressione. * Per questo noi tutti * a te sempre acclamiamo grati: * Benedetto tu,Dio nostro che sei nato,gloria a te.
Stico: Dal seno prima della stella del mattino ti ho generato; ha giurato il Signore e non si pentirà.
Monti e colli,valli e campi * cantano il Cristo che procede dalla Vergine; * una stella dal cielo lo ha mostrato ai magi * adagiato come neonato in una grotta, * rivestito di carne di servo. * A lui acclamiamo: * Benedetto tu, * Dio nostro che sei nato, gloria a te.
Gloria. Stessa melodia.
Che è dunque questa tua grande e incomparabile povertà,per la quale Adamo è divenuto ricco delle cose divine˚?Cosí diceva la Vergine,tenendo tra le braccia l’Emmanuele, Dio e Creatore,che da lei aveva assunto la carne.A lui acclamiamo:Benedetto tu,Dio nostro che sei nato,gloria a te.
Ora e sempre. Stessa melodia.
Bambino preesistente e Re dei secoli,per suo volere è stato generato, e come Figlio ci è stato dato.Udite, genti, porgi l’orecchio, Israele:sappiatelo e siate vinti,perché con noi è colui˚ che fa a pezzi e stritola ogni regno e potere sulla terra che a lui non ubbisce.

martedì 23 dicembre 2014

PARROCCHIA S. DEMETRIO M. SANTO NATALE 2014



Shi lehet Krishti, lëvdonie ... Cristo nasce, rendete gloria... 


KRISHTLINDIE E MIRE PER JUVE 


AUGURA UN SANTO NATALE 2014 

DI 

OGNI BENE .

 TUTTI ALLA 

GROTTA DI BETLEMME CORRIAMO PER VEDERE CHE 

E'

NATO 

IL NOSTRO SALVATORE CRISTO GESU' 

NOSTRO REDENTORE


Il    Parroco

sabato 20 dicembre 2014

CATTEDRALE DI S. DEMETRIO M.
SANTO NATALE 2014
Orari delle Celebrazioni Liturgiche
nella Solennità della Natività secondo la carne del Signore Dio
e
Salvatore nostro GESU' CRISTO



MERCOLEDI 24 Dicembre 2014

Ore 09.30 Ufficio delle Grandi Ore

Ore 18.00 Celebrazione del  Vespro e Divina Liturgia di San Basilio

Ore 22.30 Celebrazione del Mattutino del Santo Natale

Ore 24.00 DIVINA LITURGIA



GIOVEDI   25 Dicembre 2014

Natività secondo la Carne di Nostro Signore Gesù Cristo

Ore 07,30 Divina Liturgia

Ore 10,30 Divina Liturgia


Ore 18,30 Celebrazione del Vespro

giovedì 11 dicembre 2014

12 DICEMBRE 2014
MEMORIA 
di
San Spiridione di Trimithonte Vescovo 
   (270 - 344)



         San Spiridione, pur avendo origini assai umili, divenne vescovo di una piccola zona remota nord-orientale dell'isola di Cipro, nei pressi di Salamina. Secondo lo storico Socrate, egli fu ritenuto degno della carica episcopale proprio per la santità dimostrata nell'attività precedente e fu così che fu fatto pastore di uomini nella città cipriota di Trimithonte. La sua profonda umiltà lo portò a continuare a pascolare anche il suo gregge animale, nonostante l'alto ufficio ecclesiastico assunto. Una leggenda narra che un giorno riuscì a catturare dei ladri che avevano tentato di rubargli delle pecore, pregò con loro, li liberò ed infine donò addirittura loro un montone, così da non aver trascorso l'intera notte svegli invano. Secondo alcune fonti avrebbe partecipato al Concilio di Nicea nel 325. Spiridione rimase coinvolto nella persecuzione anticristiana indetta da Galerio: secondo alcune tradizioni in tale contesto storico venne ferito e poi fu deportato ai lavori forzati nelle miniere. Alla sua morte, le reliquie furono traslate da Cipro a Costantinopoli, poi a Corfù, Zachitos e Cefalonia. (Avvenire)
Etimologia: Spiridione = regalo, dono, dal greco
Emblema: Bastone pastorale, Pallio, Berretto da pastore
Martirologio Romano: Nell’isola di Cipro, san Spiridone, vescovo, vero pastore delle sue pecore, le cui straordinarie azioni erano celebrate dalla bocca di tutti.
San Spiridione, pur avendo origini assai umili, proveniva infatti da una famiglia di pastori, divenne vescovo di una piccola zona remota nord-orientale dell’isola di Cipro, nei pressi di Salamina. Secondo lo storico Socrate, egli fu ritenuto degno della carica episcopale proprio per la santità dimostrata nell’attività precedente e fu così che fu fatto pastore di uomini nella città cipriota di Trimithonte. La sua profonda umiltà lo portò a continuare a pascolare anche il suo gregge animale, nonostante l’alto ufficio ecclesiastico assunto.
Spiridione fu un vescovo molto amato. Una leggenda narra che un giorno riuscì a catturare dei ladri che avevano tentato di rubargli delle pecore, pregò con loro, li liberò ed infine donò addirittura loro un montone, così da non aver trascorso l’intera notte svegli invano.
Pare che il santo vescovo presenziò al concilio di Nicea, anche se ad onor del vero il suo nome non compare tra i firmatari, motivo che comunque non è valido per escluderne a priori la presenza. Essendovi parecchie questioni di cui discutere, il concilio durò diversi mesi e dunque non tutti i vescovi potettero intrattenersi così a lungo abbandonando a se stesse le loro diocesi. Atanasio cita Spiridione tra coloro che mantennero posizioni ortodosse, in contrapposizione alle idee eretiche emerse al concilio di Sardica.
Rimase infine coinvolto nella persecuzione anticristiana indetta da Galerio: secondo alcune tradizioni in tale contesto storico perse l’occhio destro, qualche tendine e poi fu deportato ai lavori forzati nelle miniere.
Alla sua morte, le reliquie furono oggetto di traslazione da Cipro a Costantinopoli, poi a Corfù, Zachitos e Cefalonia. La venerazione nei suoi confronti continuò comunque costantemente nell’isola ove aveva esercitato il suo ministero. Nell’iconografia bizantina San Siridione è riconoscibile per il suo caratteristico berretto da pastore.

Autore: Fabio Arduino
                                 12 DICEMBRE 2014 
                                 MEMORIA DI S. SPIRIDIONE 

Esperinos te Ati jine Shejti Spiridhon Ip. Χαίροις Ἀρχιερέων Κανών, τῆς Ἐκκλησίας ἀδιάσειστον ἔρεισμα, τὸ κλέος τῶν Ὀρθοδόξων, ἡ τῶν θαυμάτων πηγή, τῆς ἀγάπης ῥεῖθρον μὴ κενούμενον, φωστὴρ ὁ πολύφωτος, τὸ τοῦ Πνεύματος ὄργανον, ὁ νοῦς ὁ θεῖος, ὁ πραΰς καὶ ἀκέραιος, ὁ ἁπλότητι, ἀληθεῖ καλλυνόμενος· Ἄνθρωπε ἐπουράνιε, ἐπίγειε Ἄγγελε, τοῦ ἀμπελῶνος ἐργάτα, ὁ τοῦ Χριστοῦ φίλος γνήσιος, αὐτὸν ἐκδυσώπει, ταῖς ψυχαῖς ἡμῶν δοθῆναι τὸ μέγα ἔλεος
T’falemi,o shembërë i kriepriftravet mbështetie e Klishës e pashkundshme lëvdia e orthodhoksëvet, o famasmësh burim të dashurìs përrua çë ngë thahet kurr, dritar shumë dritësh, i shpirtit vegle , o mendie e butë, e hjynushme e dëlirë me thieshtësì të vërtetë i sbukuruar .Njeri i kjiellit , ëngjëh i dheut ,të vreshtës punëtor o të Krishtit mik i pastër. Atij lutu, shpirtravet t’anë të japënjë te madhen lipisi.
Πρᾶος καὶ κληρονόμος τῆς γῆς, σὺ τῶν πραέων ἀληθῶς ἀναδέδειξαι, Σπυρίδων Πατέρων δόξα, ὁ ταῖς νευραῖς τῶν σοφῶν, καὶ ἁπλῶν σου λόγων, θείᾳ χάριτι, ἐχθρόν τὸν παμπόνηρον, καὶ παράφρονα Ἄρειον, ἐναποπνίξας, καὶ τὸ δόγμα τὸ ἔνθεον, καὶ σωτήριον, ἀνυψώσας ἐν Πνεύματι, πάντας τοὺς ὀρθοδόξους τε, φωτίσας τρανότατα, ἕνα δοξάζειν τὸν Λόγον, ὡς ἀληθῶς ὁμοούσιον, Πατρὶ προανάρχῳ, παρεχόμενον τῷ κόσμῳ τὸ μέγα ἔλεος.
I but e i dehut trazhgimtar, ti i të butëvet vërteta u dëftove, Spiridhon, lëvdia e Atëravet, ti me vjershet e të dijturëvet e të thjeshtat fialë t’ote, me hirin të hjynushëm armikun të lik e krenar Ariin mbite e dogmën të hjynushëm dhe shpëtimtar lartësove në shpirt. Gjithë orthodhoksët ndrite fiellët na Një të lëvdojëm Fialë, vërteta gjithë të klënëshme me Atin të pazënë fill,çë jetës të madhen lipisi.
Πάθη ἀπονεκρώσας σαρκός, νεκροὺς ἐν χάριτι Θεοῦ ἐξανέστησας, καὶ ὄφιν χρυσοῦν εἰργάσω, καὶ ποταμοῦ τὰς ὁρμάς, προσευχῇ σου Πάτερ ἐχαλίνωσας, νυκτὸς Βασιλεῖ δέ, ἐπιφανεῖς κινδυνεύοντι, τοῦτον ἰάσω, τῇ καθ' ὕπαρ ἐγγύτητι, τοῦ Κυρίου σε, παραδόξως δοξάζοντος· Ὅθεν μεγαλοφώνως σου, τὴν μνήμην γεραίρομεν, καὶ τῶν λειψάνων Σπυρίδων, τὴν ἱερὰν θήκην σέβομεν, ἐξ ἧς ἀναβλύζεις, ἰαμάτων θεῖα ῥεῖθρα, καὶ μέγα ἔλεος.
Epshëvet të mishit tue dhënë mortë,të vdekurit te Hiriit’in’Zoti ngjalle e gjalpërin të artëshërbeve e të lumit valat mbajte me lutjen t’ënde, o At. Natën rregjit më rrëzit u dëftove dhe e shëndoshe paj të dashuris t’ënde e thellë për t’ën’Zonë,çë tij lëvdoi shumë. Andai na me zë të lart të kremtojëm kujtimin e arkën shejte e kurmit t’ënt nga e çila rriedhiën vije të shëndhoshuri e shum lipisi, na proskjinisiëm.
Δόξα... Ἦχος α' Ἀνατολίου
Ὅσιε Πάτερ μακάριε, Σπυρίδων σοφέ, τὴν νεκρὰν ὥσπερ ζῶσαν, ἐπηρώτας δι' ἀγάπην Θεοῦ, ὄφιν δὲ μετέβαλες εἰς χρυσόν, ὁ πενίαν ἀσκῶν· ῥύσιν δὲ ἐπέσχες ποταμοῦ, συμπαθήσας λαῷ, Βασιλεῖ δὲ παρέστης ἰατήρ, τῇ προνοίᾳ Θεοῦ· νεκροὺς δὲ πάλιν ἤγειρας, ὡς αὐτοῦ μαθητής, τὴν πίστιν δὲ ἐτράνωσας, ἀναμέσον Πατέρων πολλῶν. Πάντα οὖν ἰσχύων ἐν τῷ ἐνδυναμοῦντί σε Χριστῷ, αὐτὸν καὶ νῦν ἱκέτευε, σωθῆναι τὰς ψυχὰς ἡμῶν.
Lëvdi…..
Shejti At, i lum e i urt Spiridhon, të vdekurës i fole skurse ishë gjallë paj të dashurìs të t’in’Zoti; gjalpërin e ndërrove në ar ; kur ti pesoje mbëhì , mbajte të rrjedhurit e lumit, pse të dhëmbëj për popullin. Ju dëftove rregjit paj të parakujdesit i Perëndis; të vdekurit ngjalle, përçë i t’in’Zoti dsënës.Gjithkjish mënd’t’bëje me fukjìn çë të jipëj Krishti. Atij lutu edhè nanì sa të shpëtonjë shpirtrat t’anë.
Καὶ νῦν... Προεόρτιον Ἦχος πλ. β'
Σπήλαιον εὐτρεπίζου· ἡ Ἀμνὰς γὰρ ἥκει, ἔμβρυον φέρουσα Χριστόν· Φάτνη δὲ ὑποδέχου, τὸν τῷ λόγῳ λύσαντα τῆς ἀλόγου πράξεως, ἡμᾶς τοὺς γηγενεῖς, Ποιμένες ἀγραυλοῦντες, μαρτυρεῖτε θαῦμα τὸ φρικτόν, καὶ Μάγοι ἐκ Περσίδος, χρυσὸν καὶ λίβανον καὶ τῷ Βασιλεῖ προσάξατε, σμύρναν, ὅτι ὤφθη Κύριος ἐκ Παρθένου Μητρός, ὃν περ καὶ κύψασα, δουλικῶς ἡ Μήτηρ προσεκύνησε, καὶ προσεφθέγξατο τῷ ἐν ἀγκάλαις αὐτῆς· Πῶς ἐνεσπάρης μοι, ἢ πῶς μοι ἐνεφύης, ὁ λυτρωτής μου καὶ Θεός;
Nani…..
Përgatituë, o shpellë, Virgjëresha isht e vien tue prir në gji Kjenkjin. Grazhdi, prit mirë Atë çë neve njërëzë me fialën e tij na liroi nga mëkata. O Delmerë, çë ruani jashta, bëni deshmì kësaj famasmie të dreruashme. E Ju Magjinjë nga Persia, ejani e falnii arin, livanin e mirrën Rregjit, pse u dëftua in’Zot nga Virgjëra Marie, e çila, si shërbëtore tue u përujtur, E proskjinisi tue thënë Atij çë kishë në gji: si më bëre mëmë, si m’u leve, o Shpëtuesi e Perëndia jim?
APOSTIHA
Πανήγυρις φαιδρά, ἱερὰ πανδαισία, δεῦτε πιστοὶ μεθέξωμεν· Σπυρίδων καὶ γὰρ ἡμᾶς συγκαλεῖται, ἑστιάτωρ ὢν πνευματικός, οὗ ἡ τράπεζα θεία, ἡδέα τὰ θαύματα, αἱ πράξεις ἀθάνατοι, αὐτοῦ μιμησώμεθα τὸ πρᾶον, τὸ ἄκακον, τὸ ἁπλοῦν, τὸ φιλάνθρωπον, τὸ περὶ πάντας σοφόν, ἐν οἷς ἐν Ἀρχιερεῦσιν, ὡς φῶς ἐξέλαμψε
Panajìr i shkëlkjìem, gostì e shejte! Ejani, të besmë, t’i marriëm piesë. Spiridhoni na thërret edhè neve si gostar shpirtëror e të çilit triesa isht e hjynushme, famasmët janë të këndëshme, vesprat të pavdekshme. Le t’i glasiëm butësìs, thjeshtësìs, pafajsis,dashurìs për njeriun t’tij e mbi gjithë urtësìs s’tij te të çilat ndër Jerarhjit Ai
lambarisi.
Στίχ. Τίμιος ἐναντίον Κυρίου ὁ θάνατος.
E çmuame përpara t’in’Zoti vdekjia e Shejtravet t’ tij.
Μεγίστων ποιητής, ἀρετῶν καὶ θαυμάτων, ἀνεδείχθης Σπυρίδων σοφέ, ταῖς μέν σου καταφαιδρύνας τὸν βίον, ὑπὲρ φέγγος τὸ ἡλιακόν, τοῖς δὲ καταλαμπρύνας, κόσμον τὸν περίγειον, ὑπὲρ ἀστραπὰς οὐρανοῦ, ἀμφοῖν ὡραιότερος, δεικνύμενος Ὅσιε, τοῖς προσφεύγουσιν ἐν πίστει, ταῖς προστασίαις σου.
O i urt Spiridhon, u dëftove veprimtar virtutësh e famasmësh të mëdhà shumë me të çilat ndrite gjellën t’ënde më shumë se drita e diellit e gjithë jetën më shumë se shkreptimat e kjìelliës. I të dyve u dëftove, o Shejt,më i bukur Mbrojtës i ndsehtë i atireve çë për ndihmë rrjedhiën tek Ti.
Στίχ. Οἱ ἱερεῖς σου, Κύριε, ἐνδύσονται δικαιοσύνην, καὶ οἱ Ὅσιοί σου ἀγαλλιάσονται
Priftrat do t’ veshiën drejtësìn e Shejtrat t’atë do t’ gëzonen.
Ὢ θαύματος φρικτοῦ! ἡ νεκρὰ πυθομένῳ, φωνὴν ζῶσάν σοι δέδωκεν, ὁ ῥοῦς δὲ τοῦ ποταμοῦ ἀνεστάλη, διὰ λόγου σου προστακτικοῦ, ἡ τοῦ Ἄνακτος νόσος, εὐχῇ σου φυγαδεύεται, ὁ ὄφις εἰς εἶδος χρυσοῦ ἀντιμετηλλάττετο, νεκροὶ ἐξηγέρθησαν· ἐνήργει γὰρ ἐν σοὶ ὁ Χριστός, Σπυρίδων Ἱερουργέ, ὁ τῆς Τριάδος τὸ δόγμα, ἀνακηρύξας τρανῶς.
O famasmë e tmerrshme ! E vdekura çë kalbet të jep një zë të gjallë; të rrjedhurit e lumit mbahet pr’anë të fialës t’ënde urdhuronjëse; sëmundia e rregjit me lutien t’ënde sduket; gjalpëri shndërronet në ar; të vdekurit ngjallen; vepron tek Ti Krisht, o Spiridhon veprimtar i shejt çë haptas ligjëron dogmën e Trinis’:
Δόξα... Ἦχος β' Γερμανοῦ
Ἱεραρχῶν τὸ θεῖον κειμήλιον, Πάτερ Ὅσιε, Σπυρίδων σοφέ, ἐν ἀρεταῖς ἀναδέδειξαι· ὅθεν τῆς Ἐκκλησίας προστάτης γενόμενος, αἱρεσιάρχας ἐξώθησας, καὶ τοῦ Ἀρείου τὸ βλάσφημον, συνοδικῶς εἰς γῆν κατηδάφισας· διὸ θαυματουργῶν ἐν ἔργῳ καὶ λόγῳ τὸν Σωτῆρα ἱκέτευε, σωθῆναι τὰς ψυχὰς ἡμῶν.
Lëvdì past…..Vistar i hjynushëm i Jerarhjëvet,Ati Shejt Spiritdhon u dëftove me vitutët t’ote. Prandai bër Mbrojtës i Klishës, përzure eresiarhët e vlasfimin e Ariit në Sinodhë e shture te dheu . Andai tue bër famasmë me fialë e me verpa lutu Shpëtuesit të shpëtonjë shpirtrat t’anë.
Καὶ νῦν... Ἰδοὺ καιρὸς ἤγγικε τῆς σωτηρίας ἡμῶν· Εὐτρεπίζου Σπήλαιον, ἡ Παρθένος ἐγγίζει τοῦ τεκεῖν· Βηθλεὲμ γῆ, Ἰούδα, τέρπου καὶ ἀγάλλου, ὅτι ἐκ σοῦ ἀνατέταλκεν, ὁ Κύριος ἡμῶν. Ἀκούσατε ὄρη καὶ βουνοί, καὶ τὰ περίχω-ρα τῆς Ἰουδαίας, ὅτι ἔρχεται Χριστός, ἵνα σώσῃ ὃν ἔπλασεν ἄνθρωπον, ὡς φιλάνθρωπος.
Nani…..Shi’ u kjas kjëroi i shpëtimit t’ënë. Përgatitu, o shpellë, Virgjëresha vien sa të lindënjë. Vithlelèm, dhe i Judhës, gëzou e bëj harè pse ngah Ti jershi Zoti i jinë. Kodra e male, dëgjoni; e rrethana të Judhès , se vien Krishti sa të shpëtonjë njeriun çë Ai krioi, pse na do mirë.
APOLITIKJION
Ἀπολυτίκιον Ἦχος α' Τοῦ λίθου σφραγισθέντος
Τῆς Συνόδου τῆς πρώτης ἀνεδείχθης ὑπέρμαχος, καὶ θαυματουργὸς θεοφόρε, Σπυρίδων Πατὴρ ἡμῶν· διὸ νεκρᾷ σὺ ἐν τάφῳ προσφωνεῖς, καὶ ὄφιν εἰς χρυσοῦν μετέβαλες· καὶ ἐν τῷ μέλπειν τὰς ἁγίας σου εὐχάς, Ἀγγέλους ἔσχες συλλειτουργοῦντάς σοι Ἱερώτατε· Δόξα τῷ σὲ δοξάσαντι, δόξα τῷ σὲ στεφανώσαντι· δόξα τῷ ἐνεργοῦντι διὰ σοῦ πᾶσιν ἰάματα
I të parit Sinodhë u dëftove kreshnik e thavmëbërës, o Athlofor Ati jinë Spiridhon. Prandai të vdekurës i fole në varr e gjalpërin e ndërrove në ar kur këndoje shejtet lutje t’ote Ёngjijit i kishe për shokë, o Shejt i mathë. Lëvdi kuj Tij të lëvdoi, lëvdì kuj tij të kurorëzoi, lëvdì Atij çë me anën t’ënde vepron gjithëve shëndetë.
Theotokjion
Δόξα... Καὶ νῦν... Θεοτοκίον
Τοῦ Γαβριὴλ φθεγξαμένου σοι Παρθένε τὸ Χαῖρε, σὺν τῇ φωνῇ ἐσαρκοῦτο ὁ τῶν ὅλων Δεσπότης· ἐν σοὶ τῇ ἁγίᾳ κιβωτῷ, ὡς ἔφη ὁ δίκαιος Δαυΐδ, ἐδείχθης πλατυτέρα τῶν οὐρανῶν, βαστάσασα τὸν Κτίστην σου. Δόξα τῷ ἐνοικήσαντι ἐν σοί, δόξα τῷ προελθόντι ἐκ σοῦ, δόξα τῷ ἐλευθερώσαντι ἡμᾶς διά του τόκου σου.

mercoledì 10 dicembre 2014

                     11DICEMBRE 2014  
      MEMORIA  di San Daniele lo Stilita     Sacerdote   Maratha, Samosata, 409 -  490
 

Nasce a Maratha, nelle vicinanze di Samosata in Siria nel 409. Daniele a dodici anni chiede di essere accolto in un vicino monastero e davanti alla resistenza dell'abate gli risponde che con la sua fede sopporterà la dura vita del cenobio. Guadagna subito la fiducia dell'abate, a tal punto che lo accompagna ad Antiochia dove conoscono san Simone che, da poco, ha iniziato a vivere da asceta in cima ad una colonna. Tornato a Maratha, alla morte dell'abate Daniele viene scelto come suo successore, ma rifiuta l'incarico perché vuol tornare a visitare Simone. A causa delle guerre è costretto a fermarsi a Costantinopoli, quindi si ritira in un tempio abbandonato a Filempora. Nel 459 muore Simone e il suo mantello viene dato a Daniele che, ormai cinquantenne, decide di seguire l'esempio del maestro e si stabilisce su una colonna. Muore nel 490 e viene sepolto ai piedi della colonna sulla quale aveva vissuto trentatré anni e tre mesi. (Avvenire)
Etimologia: Etimologia: Daniele = Dio è il mio giudice, dall'ebraico
Martirologio Romano: A Costantinopoli, san Daniele, detto Stilita, sacerdote, che, dopo aver condotto vita monastica e superato molte difficoltà, seguendo l’esempio di vita di san Simeone, alloggiò sull’alto di una colonna per trentatré anni e tre mesi fino alla morte, imperterrito davanti all’impeto del freddo, del caldo o dei venti.
Testimoni estremi della fede, la cui vita di penitenza era sempre sotto gli occhi di tutti, gli stiliti incarnarono una forma originale di ascetismo cui stenteremmo a credere se non avessimo fonti storiche documentate. Nati nel V secolo in Oriente (si diffusero poi anche in Russia), questi anacoreti vivevano presso un villaggio o un monastero, su una colonna alta dai dieci ai venti metri. Su di essa predicavano, guarivano malati e celebravano l’Eucaristia, trasformando così un simbolo pagano (solitamente sulle colonne si innalzavano gli idoli) in luogo di elevazione cristiana. La piattaforma garantiva la sopravvivenza grazie ad una tettoia, mentre dal balcone vi era il contatto con i fedeli. Alcuni seguaci provvedevano al sostentamento dello stilita innalzando il cibo con una carrucola o una scala. Alla sommità accedevano quanti necessitavano di conforto spirituale o cercavano soluzioni a controversie. Il primo e il più celebre stilita fu S. Simeone detto “il vecchio” (390-459) che visse in Siria a Qal’At Sem’An, nei pressi di Antiochia, e fu famoso per i miracoli e per aver convertito anche alcuni arabi. Daniele fu un suo discepolo, come apprendiamo dalla dettagliata biografia scritta, con diversi particolari storici, da un giovane seguace.
Daniele nacque a Maratha (vicino a Samosata) nel 409 da pii genitori che lo consacrarono subito al Signore. Crebbe buono e a soli dodici anni chiese di essere accolto in un vicino monastero. Alle resistenze dell’abate rispose che era sì giovane ma, con la sua grande fede, avrebbe sopportato la dura vita del cenobio. Pochi anni dopo godeva già della sua fiducia, tanto da accompagnarlo in un viaggio ad Antiochia. Ospiti del monastero di Telanissos (Dair Sem’an), conobbero S. Simeone che aveva da poco iniziato a vivere da asceta in cima ad una colonna, incompreso dai compagni e accusato di vanagloria. Nonostante la grande calura, il santo li accolse e li benedisse facendo breccia nel cuore del giovane, cui però predisse molte sofferenze. Qualche tempo dopo l’abate morì e Daniele venne scelto come suo successore. Egli però, rifiutato l’incarico, tornò a far visita a Simeone con l’intento di raggiungere successivamente la Terra Santa. Ripiegò su Costantinopoli a causa delle guerre, per poi ritirarsi a Filempora, in un tempio abbandonato, sotto la protezione del patriarca S. Anatolio. Nel 459 Simeone morì e il suo mantello, destinato inizialmente all’Imperatore Sergio I, venne dato a Daniele che, ormai cinquantenne, decise di seguire l’esempio del maestro. Alcuni compagni lo aiutarono a stabilirsi su una colonna dove iniziò la sua vita di meditazione e preghiera. All’ordine iniziale dell’Imperatore Leone di lasciare il luogo, la guarigione di un ragazzo posseduto dal demonio convinse il messo imperiale a tornare dall’imperatore per raccontare l’accaduto. Questi chiese a Daniele di pregare affinché l’imperatrice Verena concepisse un figlio. A grazia ottenuta l’imperatore andò di persona a ringraziarlo, salendo sulla colonna e toccandogli i piedi. Fece poi costruire un’altra colonna collegata con un ponte alla precedente, mentre il luogo era ormai meta di pellegrinaggi. Durante una tempesta la struttura corse il pericolo di crollare, ma Daniele non l’abbandonò e, a pericolo scampato, fece graziare il costruttore condannato dall’imperatore per la sua imperizia.
Il santo stilita era continuamente esposto alle intemperie e durante un inverno particolarmente rigido fu salvato in extremis dall’assideramento. L’imperatore fece allora costruire una stanza in cui fosse maggiormente riparato. Purtroppo a Daniele non mancarono gli attriti col Patriarca di Costantinopoli Gennadio e solo dietro ordine imperiale questi andò a trovarlo. All’incontro, nonostante la giornata caldissima, assistette una grande folla e il presule, dopo aver celebrato le preghiere d’ordinazione, salì sulla colonna dove si diedero vicendevolmente la comunione.
Daniele era ormai famoso in tutto l’impero. Si narra che predisse un incendio nella capitale (465) e che davanti alla sua colonna furono siglati patti di alleanza tra principi. Le visite più gradite erano però quelle dei malati che, dopo aver ascoltato la sua sapiente parola, ricevevano i sacramenti. Scese dalla colonna solo quando, morto l’imperatore, gli eretici monofisiti usurpavano il trono. Portato a spalle dalla folla ottenne il riconoscimento del nuovo Imperatore Zenone che, da lì a poco, con gratitudine, andò a onorarlo sulla colonna. Lo stesso successivamente promulgò il decreto detto Henoticon, diretto a vescovi, chierici e monaci della chiesa orientale, relativo all’approvazione del Simbolo Niceno.
Daniele morì ultraottantenne nel 490 (o 493) dopo aver incontrato il Patriarca Eufemio e aver celebrato la Messa. Fu sepolto in un oratorio ai piedi di quella colonna su cui era vissuto trentatre anni e tre mesi.

Autore: Daniele Bolognini
                               11 DICEMBRE 2014  
                                        Memoria 
                                             del 
                  nostro santo padre Daniele stilita (493).
                                                                  VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi e stichirá prosómia.
Tono pl. 4. Come vi chiameremo, santi?
Che nome ti daremo, Daniele? * Asceta, perché hai sottomesso le passioni all’intelletto. * Lottatore, perché sei stato costante in ogni pena: * colonna che si leva da terra verso l’alto, * piantata sulla roccia della verità;coraggiosissimo combattente * e medico espertissimo.Implora per la salvezza delle anime nostre.
Come ti chiameremo, Daniele? * Sradicatore delle passioni * e coltivatore di virtú; * vero taumaturgo * e intercessore per i peccatori; * valentissimo fugatore di spiriti; * astro che risplende per la pietà; * ricettacolo dello Spirito; * difensore della Chiesa. * Implora per la salvezza delle anime nostre.
Come dunque ti chiameremo, Daniele? * Modello dei monaci * e maestro di continenza; * decoro dei fedeli * e operatore di guarigioni; * lampada che irradia di luce * quelli che sono nella tenebra; * concittadino degli angeli * e loro pari; * abitante del paradiso * e uomo celeste. * Implora per la salvezza * delle anime nostre.
Gloria. Tono pl. 1. Dello Studita.
Dopo aver ben trafficato * il talento a te affidato da Cristo,o santo padre, ti sei mostrato anche dopo la morte * fugatore di demoni,medico per svariate malattie, * colonna, sostegno e monte santo * della Chiesa di Cristo; * per questo noi ti supplichiamo,o Daniele taumaturgo, di chiedere la pace e, * per le anime nostre, * la grande misericordia˚.
Ora e sempre. Theotokíon.
O piena di grazia˚,intercedi con le tue suppliche * e chiedi per le anime nostre, * te ne preghiamo,abbondanza di compassione, * e il perdono delle nostre molte colpe.
Allo stico, stichirá dall’októichos.
Apolytíkion. Tono 1.
Sei divenuto colonna di pazienza, * emulando i progenitori, o santo: * Giobbe nei patimenti, * Giuseppe nelle tentazioni, * e il modo di vita degli incorporei, * pur essendo in un corpo. * Daniele, santo padre nostro, * intercedi presso il Cristo Dio * per la salvezza delle anime nostre.


venerdì 5 dicembre 2014

                              6  Dicembre San Nicola di Mira (di Bari) Vescovo





Pàtara, Asia Minore (attuale Turchia), ca. 250 - Mira, Asia Minore, ca. 326
Proveniva da una famiglia nobile. Fu eletto vescovo per le sue doti di pietà e di carità molto esplicite fin da bambino. Fu considerato santo anche da vivo. Durante la persecuzione di Diocleziano, pare sia stato imprigionato fino all’epoca dell’Editto di Costantino. Fu nominato patrono di Bari, e la basilica che porta il suo nome è tuttora meta di parecchi pellegrinaggi. San Nicola è il leggendario Santa Claus dei paesi anglosassoni, e il NiKolaus della Germania che a Natale porta i doni a bambini.
Patronato: Bambini, Ragazzi e ragazze, Scolari, Farmacisti, Mercanti, Naviganti, Pescatori,
Etimologia: Nicola = vincidore del popolo, dal greco
Emblema: Bastone pastorale, tre sacchetti di monete (tre palle d'oro)
Martirologio Romano: San Nicola, vescovo di Mira in Licia nell’odierna Turchia, celebre per la sua santità e la sua intercessione presso il trono della grazia divina. 
San Nicola è uno dei santi più venerati ed amati al mondo. Egli è certamente una delle figure più grandi nel campo dell’agiografia. Tra il X e il XIII secolo non è facile trovare santi che possano reggere il confronto con lui quanto a universalità e vivacità di culto.
Ogni popolo lo ha fatto proprio, vedendolo sotto una luce diversa, pur conservandogli le caratteristiche fondamentali, prima fra tutte quella di difensore dei deboli e di coloro che subiscono ingiustizie. Egli è anche il protettore delle fanciulle che si avviano al matrimonio e dei marinai, mentre l’ancor più celebre suo patrocinio sui bambini è noto soprattutto in Occidente. 

La Patria di San Nicola

San Nicola nacque intorno al 260 d.C. a Patara, importante città della Licia, la penisola dell’Asia Minore (attuale Turchia) quasi dirimpetto all’isola di Rodi. Oggi tutta la regione rientra nella vasta provincia di Antalya, la quale comprende, oltre la Licia, anche l’antica Pisidia e Panfilia. 
Nell’antichità i due porti principali erano proprio quelli delle città di San Nicola: Patara, dove nacque, e Myra, di cui fu vescovo.
Prima dell’VIII secolo nessun testo parla del luogo di nascita di Nicola. Tutti fanno riferimento al suo episcopato nella sede di Myra, che appare così come la città di San Nicola. Il primo a parlarne è Michele Archimandrita verso il 710 d. C., indicando in Patara la città natale del futuro grande vescovo. Il modo semplice e sicuro con cui riporta la notizia induce a credere che la tradizione orale al riguardo fosse molto solida. 
Di Patara parla anche il patriarca Metodio nel testo dedicato a Teodoro e ne parla il Metafraste. La notizia pertanto può essere accolta con elevato grado di probabilità.

L'infanzia

Di S. Nicola di Bari, si sa ben poco della sua infanzia. Le fonti più antiche non ne fanno parola. Il primo a parlarne è nell’VIII secolo un monaco greco (Michele Archimandrita), il quale, spinto anche dall’intento edificante, scrive  che Nicola sin dal grembo materno era destinato a santificarsi. Sin dall’infanzia dunque avrebbe cercato di mettere in pratica le norme che la Chiesa suggerisce a chi si avvia alla vita religiosa.  
Nicola nacque nell’Asia Minore, quando questa terra, prima di essere occupata dai Turchi, era di cultura e lingua greca. La grande venerazione che nutrono i russi verso di lui ha indotto alcuni in errore, affermando che sarebbe nato in Russia. Non è mancato chi lo facesse nascere nell’Africa, a motivo del fatto che a Bari si venerano alcune immagini col volto del Santo piuttosto scuro (“S. Nicola nero”). In realtà, Nicola nacque intorno all’anno 260 dopo Cristo a Patara, importante città marittima della Licia, penisola della costa meridionale dell’Asia Minore (oggi Turchia). Nel porto di questa città aveva fatto scalo anche S. Paolo in uno dei suoi viaggi.
Il fatto che l’Asia Minore fosse di lingua e cultura greca, sia pure all’interno dell’Impero Romano, fa sì che Nicola possa essere considerato “greco”. Il suo nome, Nikòlaos, significa popolo vittorioso, e, come si vedrà, il popolo avrà uno spazio notevole nella sua vita. 
Da alcuni episodi (dote alle fanciulle, elezione episcopale) si potrebbe dedurre che i genitori, di cui non si conoscono i nomi, fossero benestanti, se non proprio aristocratici. In alcune Vite essi vengono chiamati Epifanio e Nonna (talvolta Teofane e Giovanna), ma questi, come vari altri episodi, si riferiscono ad un monaco Nicola vissuto (480-556) due secoli dopo nella stessa regione. Questo secondo Nicola, nato a Farroa, divenne superiore del monastero di Sion e poi vescovo di Pinara (onde è designato anche come Sionita o di Pinara).
Amante del digiuno e della penitenza, quando era ancora in fasce, Nicola era già osservante delle regole relative al digiuno settimanale, che la Chiesa aveva fissato al mercoledì ed al venerdì. Il suddetto monaco greco narra che il bimbo succhiava normalmente il latte dal seno materno, ma che il mercoledì ed il venerdì, proprio per osservare il digiuno, lo faceva soltanto una volta nella giornata. 
Man mano che il bimbo cresceva, dava segni di attaccamento alle virtù, specialmente alla virtù della carità. Egli rifuggiva dai giochi frivoli dei bambini e dei ragazzi, per vivere più rigorosamente i consigli evangelici. Molto sensibile era anche nella virtù della castità, per cui, laddove non era necessario, evitava di trascorrere il tempo con bambine e fanciulle.

La dote alle fanciulle
  
Carità e castità sono le due virtù che fanno da sfondo ad uno egli episodi più celebri della sua vita. Anzi, a questo episodio si sono ispirati gli artisti, specialmente occidentali, per individuare il simbolo che caratterizza il nostro Santo. Quando si vede, infatti, una statua o un quadro raffigurante un santo vescovo dell’antichità è facile sbagliare sul chi sia quel santo (Biagio, Basilio, Gregorio, Ambrogio, Agostino, e così via). Ed effettivamente anche in libri di alta qualità artistica si riscontrano spesso di questi errori. Il devoto di S. Nicola  ha però un segno infallibile per capire se si tratta di S. Nicola o di uno fra questi altri santi. Un vescovo che ha in mano o ai suoi piedi tre palle d’oro è sicuramente S. Nicola, e non può essere in alcun modo un altro Santo. Le tre palle d’oro sono infatti una deformazione artistica dei sacchetti pieni di monete d’oro, che sono al centro di questa storia.
L’episodio si svolge a Mira, città marittima ad un centinaio di chilometri da Patara, ove probabilmente Nicola con i suoi genitori si era trasferito. Secondo alcune versioni i suoi genitori erano morti ed egli era divenuto un giovane pieno di speranze e di mezzi. Secondo altre, i genitori erano ancora vivi e vegeti e Nicola dipendeva ancora da loro. Quale che sia la verità, alle sue orecchie giunse voce che una famiglia stava attraversando un brutto momento. Un signore, caduto in grave miseria, disperando di poter offrire alle figlie un decoroso matrimonio, aveva loro insinuato l’idea di prostituirsi allo scopo di raccogliere il denaro sufficiente al matrimonio.
Alla notizia di un tale proposito, Nicola decise di intervenire, e di farlo secondo il consiglio evangelico: non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra. In altre parole, voleva fare un’opera di carità, senza che la gente lo notasse e lo ammirasse. La sua virtù doveva essere nota solo a Dio, e non agli uomini, in quanto se fosse emersa e avesse avuto gli onori degli uomini, avrebbe perduto il merito della sua azione. Decise perciò di agire di notte. Avvolte delle monete d’oro in un panno, uscì di casa e raggiunse la dimora delle infelici fanciulle. Avvicinatosi alla finestra, passò la mano attraverso l’inferriata e lasciò cadere il sacchetto all’interno. Il rumore prese di sorpresa il padre delle fanciulle, che raccolse il denaro e con esso organizzò il matrimonio della figlia maggiore. 
Vedendo che il padre aveva utilizzato bene il denaro da lui elargito, Nicola volle ripetere il gesto. Si può ben immaginare la gioia che riempì il cuore del padre delle fanciulle. Preso dalla curiosità aveva cercato invano, uscendo dalla casa, di individuare il benefattore. Con le monete d’oro, trovate nel sacchetto che Nicola aveva gettato attraverso la finestra, poté fare realizzare il sogno della seconda figlia di contrarre un felice matrimonio.
Intuendo la possibilità di un terzo gesto di carità, nei giorni successivi il padre cercò di dormire con un occhio solo. Non voleva che colui che aveva salvato il suo onore restasse per lui un perfetto sconosciuto. Una notte, mentre ancora si sforzava di rimanere sveglio, ecco il rumore del terzo sacchetto che, cadendo a terra, faceva il classico rumore tintinnante delle monete. Nonostante che il giovane si allontanasse rapidamente, il padre si precipitò fuori riuscendo ad individuarne la sagoma. Avendolo rincorso, lo raggiunse e lo riconobbe come uno dei suoi vicini. Nicola però gli fece promettere di non rivelare la cosa a nessuno. Il padre promise, ma a giudicare dagli avvenimenti successivi, con ogni probabilità non mantenne la promessa. E la fama di Nicola come uomo di grande carità si diffuse ancor più nella città di Mira.

Nicola è eletto vescovo

Intorno all’anno 300 dopo Cristo, anche se il cristianesimo non era stato legalizzato nell’Impero e non esistevano templi cristiani, le comunità che si richiamavano all’insegnamento evangelico erano già notevolmente organizzate. I cristiani si riunivano nelle case di aristocratici che avevano abbracciato la nuova fede, e quelle case venivano chiamate domus ecclesiae, casa della comunità. Per chiesa infatti si intendeva la comunità cristiana. E questa comunità partecipava attivamente all’elezione dei vescovi, cioè di quegli anziani addetti alla cura e all’incremento della comunità nella fede e nelle opere. Questi divenivano capi della comunità e la rappresentavano nei concili, cioè in quelle assemblee che avevano il compito di analizzare e risolvere i problemi, e quindi di varare norme che riuscissero utili ai cristiani di una o più province. 
Solitamente erano eletti dei presbiteri (sacerdoti), laici che abbandonavano lo stato laicale per consacrarsi al bene della comunità. L’imposizione delle mani da parte dei vescovi dava loro la facoltà di celebrare l’eucarestia, e questo li distingueva dai laici. Non mancano però casi, e Nicola è uno di questi, in cui l’eletto non è un presbitero, ma un laico. Il che non significa che passava direttamente al grado episcopale, ma che in pochi giorni gli venivano conferiti i vari ordini sacri, fino al presbiterato che apriva appunto la via all’episcopato.
In questo contesto ebbe luogo l’elezione di Nicola, che lo scrittore sacro descrive in una cornice che ha del miracoloso. Essendo morto il vescovo di Mira, i vescovi dei dintorni si erano riuniti in una domus ecclesiae per individuare il nuovo vescovo da dare alla città. Quella stessa notte uno di loro ebbe in sogno una rivelazione: avrebbero dovuto eleggere un giovane che per primo all’alba sarebbe entrato in chiesa. Il suo nome era Nicola. Ascoltando questa visione i vescovi compresero che l’eletto era destinato a grandi cose e, durante la notte, continuarono a pregare. All’alba la porta si aprì ed entrò Nicola. Il vescovo che aveva avuto la visione gli si avvicinò e chiestogli come si chiamasse, lo spinse al centro dell’assemblea e lo presentò agli astanti. Tutti furono concordi nell’eleggerlo e nel consacrarlo seduta stante vescovo di Mira.
L’episodio forse avvenne diversamente, anche perché, come si è detto, all’elezione dei vescovi partecipava sempre il popolo. Ma l’agiografo, vissuto in un’epoca in cui i vescovi avevano un potere più autonomo rispetto al laicato, narrando così l’episodio intendeva esprimere due concetti: Nicola fu fatto vescovo da laico e la sua elezione era il risultato non di accordi umani, ma soltanto della  volontà di Dio.

La persecuzione di Diocleziano

Nel 303 d.C. l’imperatore Diocleziano mise fine alla sua politica di tolleranza verso i cristiani e scatenò una violenta persecuzione. Questa durò un decennio, anche se i momenti di crudeltà si alternarono con momenti di pausa. Nel 313 gli imperatori Costantino e Licinio a Milano si accordarono sulle sfere di competenza, prendendosi il primo l’occidente, il secondo l’oriente. Essi emanarono anche l’editto che dava libertà di culto ai cristiani. Sei anni dopo (319), in contrasto con la politica costantiniana filocristiana, Licinio riaprì la persecuzione contro i cristiani. 
Nelle fonti nicolaiane antiche (anteriori al IX secolo) non si trova alcun riferimento alla persecuzione. Considerando però che il vescovo di Patara Metodio affrontò coraggiosamente la morte, sembra probabile che anche il nostro Santo abbia dovuto patire il carcere ed altre sofferenze, non ultima quella di vedere il suo gregge subire tanti patimenti.     
Alcuni scrittori, come il Metafraste verso il 980 d.C., specificavano che Nicola aveva sofferto la persecuzione di Diocleziano, finendo in carcere. Qui, invece di abbattersi, il santo vescovo avrebbe sostenuto ed incoraggiato i fedeli a resistere nella fede e a non incensare gli dèi. Il che avrebbe spinto il preside della provincia a mandarlo in esilio. Autori successivi hanno voluto posticipare la persecuzione patita da Nicola, individuandola in quella di Licinio, piuttosto che in quella di Diocleziano. Ciò per ovviare al fatto che durante la persecuzione Nicola era già vescovo e, secondo loro,  sarebbe stato consacrato vescovo fra il 308 ed il 314.  
Lo storico bizantino Niceforo Callisto, per rendere più viva l’impressione di un Nicola vicino al martirio e con i segni delle torture ancora nelle carni, scriveva: Al concilio di Nicea molti splendevano di doni apostolici. Non pochi, per essersi mantenuti costanti nel confessare la fede, portavano ancora nelle carni le cicatrici e i segni, e specialmente fra i vescovi, Nicola vescovo dei Miresi, Pafnuzio e altri.