Nelle chiese di tradizione bizantina la sesta domenica dopo la festa della Santa Pasqua viene ricordata come la Domenica del cieco nato.
La giornata commemora il miracolo della guarigione di un uomo che era
cieco fin dalla nascita e la storia biblica di questo evento si trova
nel Vangelo di san Giovanni (Gv 9:1-41). Questa
è l'ultima domenica del periodo pasquale prima della festa
dell'Ascensione che ricorre il giovedi di questa settimana. L'apodosis o
commiato della festa di Pasqua è il prossimo Mercoledì, un giorno nel quale non si digiuna e che viene celebrato liturgicamente con la gioia e la luminosità della Festa delle Feste.
IL CIECO NATO
Durante
queste Domeniche la Chiesa
ci propone i massimi misteri della fede. Dopo la domenica della Samaritana e
dell’acqua, oggi è la volta di un altro grande simbolismo: quella della luce.
Nella guarigio-ne del cieco nato in cui la liturgia di oggi vede il segno
della fede e del Battesimo. E l’itinerario nostro è un cammino in cui ci
appropriamo dei valori del nostro Battesimo .“Io sono la luce del mondo”. Gesù
entra in scena con queste parole. Inoltre lo sfondo è quello della festa delle
Capanne: solennità ebraica in cui si accendevano sulle mura del Tempio di
Gerusalemme torce, falò, bracieri che illuminavano fantasticamente la città
santa. Il Sommo sacerdote, poi, scendeva processionalmente alla piscina di
Siloè per attingere con una bottiglia d’oro, acqua lustrale da versare
sull’altare degli olocausti. La luce e l’acqua di Siloè sono anche gli elementi
essenziali del miracolo di Gesù. E quindi quello del cieco nato è un miracolo
che come freccia puntata ci dirige verso la riscoperta del nostro Battesimo. L
grande luce della fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli
schiavi dall’antico peccato per elevarli alla dignità di figli”.
“Sono andato, mi sono lavato e ora
ci vedo”. L’episodio evangelico è narrato da Giovanni con una tale
meticolosità che risulta evidente che quel cieco siamo ognuno di noi, noi
battezzati a cui insegna due cose. Primo: anche noi un giorno siamo
andati alla piscina di Siloè, il fonte battesimale, ci siamo lavati e siamo
tornati che ci vedevamo. Secondo: la luce che ci ha dato è la fede: quel
ragazzo cieco alla fine incontra di nuovo Gesù ed esclama: “Io credo, Signore”.
Questa frase è l’equivalente di tutte le esclamazioni pronunciate dal
cieco: ho acquistato la vista, ci vedo, mi ha aperto gli occhi. Battesimo e
fede sono veramente i contenuti simbolici del brano evangelico.
“Io credo, Signore! E
gli si prostrò dinanzi”. Ecco il filo d’oro che raccoglie tutto il
messaggio del miracolo operato da Gesù su questo cieco dalla nascita. Si
tratta della successione dei titoli applicati a Cristo, titoli di rivelazione
che scopriamo in questa grandiosa pagina giovannea. Attraverso questi
titoli si compone come un vero ritratto umano e divino di Gesù. Siamo allora di
fronte alla scoperta del vero volto di Cristo, davanti alla scoperta che porta
alla conversione. Gli occhi del cieco, adagio, adagio, penetrano non solo
la luce di questa terra, ma la luce di Dio che splende sul mistero di
Cristo.
“Quell’uomo che si chiama Gesù ha
fatto del fango, mi ha plasmato gli occhi e ora ci vedo”. Ecco il
primo grado di questo itinerario di fede: è il riconoscimento del Cristo come uomo
che a Siloè si presenta come l’ inviato, (Siloè, nome che
significa l’inviato, precisa Giovanni), Cristo allora è il supremo
messaggero di Dio, “Colui che viene da Dio”. In realtà il vocabolo
ebraico significa piuttosto “inviante”, cioè “emissione” d’acqua.
Ma Giovanni piega l’etimologia al valore segreto e messianico del
racconto.
“Tu che dici di lui, dal momento che
ti ha aperto gli occhi? Egli rispose: è un profeta”. Il cieco,
ormai veggente, lo scopre anche come Profeta. Ma il vertice
è nella scena finale quando quel povero è prostrato nell’adorazione di
Cristo come Figlio dell’Uomo, il titolo messianico caro a
Gesù stesso, e come Kyrios, Signore, cioè Dio.
In questa prospettiva il miracolo
acquista una luce tutta particolare: non è più semplicemente la
guarigione di un disgraziato, ma diventa piuttosto la storia di una
conversione, di una illuminazione dello Spirito. Non per nulla il miracolato
proclama , adorando, la professione di fede cristiana: “Credo, Kyrie!”.
E Kyrios nella Bibbia greca è la traduzione del nome sacro e
impronunciabile di Dio (Jhwh). E’ per questo che nelle catacombe romane
il miracolo del cieco nato è presente in ben sette affreschi ed è sempre visto
in chiave battesimale.
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