sabato 24 maggio 2014



DOMENICA  VI DOPO PASQUA
CIECO NATO     

Nelle chiese di tradizione bizantina la sesta domenica dopo la festa della Santa Pasqua viene ricordata come la Domenica del cieco nato. La giornata commemora il miracolo della guarigione di un uomo che era cieco fin dalla nascita e la storia biblica di questo evento si trova nel Vangelo di san Giovanni (Gv 9:1-41). Questa è l'ultima domenica del periodo pasquale prima della festa dell'Ascensione che ricorre il giovedi di questa settimana. L'apodosis o commiato della festa di Pasqua è il prossimo Mercoledì, un giorno nel quale non si digiuna e che viene celebrato liturgicamente con la gioia e la luminosità della Festa delle Feste.

IL CIECO  NATO
Durante queste Domeniche la Chiesa ci propone i massimi misteri della fede. Dopo la domenica della Samaritana e dell’acqua, oggi è la volta di un altro grande simbolismo: quella della luce. Nella  guarigio-ne del cieco nato in cui la liturgia di oggi vede il segno della fede e del Battesimo. E l’itinerario nostro è un cammino in cui ci appropriamo dei valori del nostro Battesimo .“Io sono la luce del mondo”. Gesù entra in scena con queste parole. Inoltre lo sfondo è quello della festa delle Capanne: solennità ebraica in cui si accendevano sulle mura del Tempio di Gerusalemme torce, falò, bracieri che illuminavano fantasticamente la città santa. Il Sommo sacerdote, poi, scendeva processionalmente alla piscina di Siloè per attingere  con una bottiglia d’oro, acqua lustrale da versare sull’altare degli olocausti. La luce e l’acqua di Siloè sono anche gli elementi essenziali del miracolo di Gesù. E quindi quello del cieco nato è un miracolo che come freccia puntata ci dirige verso la riscoperta del nostro Battesimo. L grande luce della fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli schiavi dall’antico peccato  per elevarli alla dignità di figli”.
Sono andato, mi sono lavato e ora ci vedo”. L’episodio evangelico è narrato da Giovanni con una tale meticolosità che risulta evidente che  quel cieco siamo ognuno di noi, noi battezzati a cui insegna due cose. Primo:  anche noi un giorno siamo andati alla piscina di Siloè, il fonte battesimale, ci siamo lavati e siamo tornati che ci vedevamo. Secondo:  la luce che ci ha dato è la fede: quel ragazzo cieco alla fine incontra di nuovo Gesù ed esclama: “Io credo, Signore”. Questa frase  è l’equivalente di tutte le esclamazioni pronunciate dal cieco: ho acquistato la vista, ci vedo, mi ha aperto gli occhi. Battesimo e fede sono veramente i contenuti simbolici del brano evangelico.
 “Io credo, Signore!  E gli si prostrò dinanzi”. Ecco il filo d’oro che raccoglie tutto il messaggio del  miracolo operato da Gesù su questo cieco dalla nascita. Si tratta della successione dei titoli applicati a Cristo, titoli di rivelazione che scopriamo in  questa grandiosa pagina giovannea. Attraverso questi titoli si compone come un vero ritratto umano e divino di Gesù. Siamo allora di fronte alla scoperta del vero volto di Cristo, davanti alla scoperta che porta alla conversione. Gli occhi del cieco, adagio, adagio,  penetrano non solo la luce di questa terra, ma la luce di Dio che splende sul  mistero di Cristo.
Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha plasmato gli occhi e ora ci vedo”.  Ecco il primo grado di questo itinerario di fede: è il riconoscimento del Cristo come uomo che a Siloè si presenta come l’ inviato, (Siloè, nome che significa  l’inviato, precisa Giovanni), Cristo allora è il supremo messaggero di Dio, “Colui che viene da Dio”.  In realtà il vocabolo ebraico  significa piuttosto “inviante”, cioè  “emissione” d’acqua. Ma Giovanni piega l’etimologia al valore   segreto e messianico del racconto.
Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi? Egli rispose: è un profeta”.  Il cieco, ormai veggente, lo scopre anche come Profeta.  Ma il vertice  è nella scena finale quando quel povero è prostrato nell’adorazione di Cristo  come Figlio dell’Uomo, il titolo messianico caro a Gesù stesso, e come Kyrios, Signore, cioè Dio.
In questa prospettiva il miracolo acquista  una luce tutta particolare: non è più semplicemente la guarigione di un disgraziato, ma diventa piuttosto la storia di una conversione, di una illuminazione dello Spirito. Non per nulla il miracolato proclama , adorando, la professione di fede cristiana: “Credo, Kyrie!”. E Kyrios nella Bibbia greca è la traduzione del nome sacro e impronunciabile di Dio (Jhwh). E’ per questo che nelle catacombe romane il miracolo del cieco nato è presente in ben sette affreschi ed è sempre visto in chiave battesimale.


Nessun commento:

Posta un commento