giovedì 17 gennaio 2013


17 Gennaio 2013 
GIORNATA PER L’APPROFONDIMENTO E LO SVILUPPO  DEL DIALOGO TRA CATTOLICI ED EBREI
Dio allora pronunciò tutte queste parole: Non commettere adulterio (Esodo 20, 1.14)

PRESENTAZIONE del Sussidio
Nel cammino di fraterno dialogo e stima tra la Chiesa in Italia e il Popolo ebraico, l’incontro tra il Papa e la Comunità ebraica di Roma nel Tempio Maggiore, il 17 gennaio  2010, ha suggellato positivamente le tappe fin qui percorse, indicando nuovi obiettivi, mostrando di voler andare oltre turbolenze e incertezze che hanno talora suscitato dubbi sull’effettiva consistenza del dialogo cristiano-ebraico odierno. Nella sua visita alla Sinagoga di Roma Benedetto XVI, ha voluto sottolineare in maniera ancora più chiara quanto aveva già affermato nella sinagoga di Colonia sulla comune responsabilità che gli ebrei e i cristiani hanno di fronte alle “Dieci parole”: «In particolare il Decalogo – le “Dieci Parole” o Dieci Comandamenti (cfr Es 20,1-17; Dt 5,1-21) – che proviene dalla Torah di Mosè, costituisce la fiaccola dell’etica, della speranza e del dialogo, stella polare della fede e della morale del popolo di Dio, e illumina e guida anche il cammino dei Cristiani. Esso costituisce un faro e una norma di vita nella giustizia e nell’amore, un “grande codice” etico per tutta l’umanità. Le “Dieci Parole” gettano luce sul bene e il male, sul vero e il falso, sul giusto e l’ingiusto, anche secondo i criteri della coscienza retta di ogni persona umana. Gesù stesso lo ha ripetuto più volte, sottolineando che è necessario un impegno operoso sulla via dei Comandamenti: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i Comandamenti” (Mt 19,17)». In questa prospettiva, sono vari i campi di collaborazione e di testimonianza che si aprono davanti a ebrei e cristiani, uniti da comuni aspirazioni. Vorremmo ricordarne tre particolarmente importanti per il nostro tempo.
Le “Dieci Parole” chiedono di riconoscere l’unico Signore, contro la tentazione di costruirsi altri idoli, di farsi vitelli d’oro. Nel nostro mondo molti non conoscono Dio o lo ritengono superfluo, senza rilevanza per la vita; sono stati fabbricati così altri e nuovi dèi a cui l’uomo si inchina. Risvegliare nella nostra società l’apertura alla dimensione trascendente, testimoniare l’unico Dio è un servizio prezioso che Ebrei e Cristiani possono offrire assieme.
Le “Dieci Parole” chiedono il rispetto, la protezione della vita, contro ogni ingiustizia e sopruso, riconoscendo il valore di ogni persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio. Quante volte, in ogni parte della terra, vicina e lontana, vengono ancora calpestati la dignità, la libertà, i diritti dell’essere umano! Testimoniare insieme il valore supremo della vita  contro ogni egoismo, è offrire un importante apporto per un mondo in cui regni la giustizia e la pace, lo Shalom auspicato dai legislatori, dai profeti e
dai sapienti di Israele.
Le “Dieci Parole” chiedono di conservare e promuovere la santità della famiglia nella quale si realizza la santificazione delle rispettive identità sessuali, in cui il “sì” personale e reciproco, fedele e definitivo dell’uomo e della donna, uniti nel vincolo sponsale, «dischiude lo spazio per il futuro, per l’autentica umanità di ciascuno, e si apre, al tempo stesso, al dono di una nuova vita. Testimoniare che la famiglia continua ad essere la cellula essenziale della società e il contesto di base in cui si imparano e si esercitano le virtù umane è un prezioso servizio da offrire per la costruzione di un mondo dal volto più umano»1.
Per l’Ebraismo, poi, come scrive il Rabbino Elia Samuele Artom, «la santificazione della vita, che è caratteristica di Israele, esige che, nell’uso degli organi destinati alla generazione, non sia perduto mai di vista quello che è il loro scopo. [...] Tali organi debbono essere mantenuti puri, sia nell’uomo che nella donna, da ogni contatto [...] che avvenga tra altre persone all’infuori che fra l’uomo e la donna che è con lui legittimamente unita»2.
La “Settima Parola” nella seconda Tavola del patto di Alleanza di Dio con il suo popolo Israele, consegnato a Mosè sul Sinai, riguarda la santificazione del Nome di Dio nel patto di alleanza che l’uomo e la donna stringono davanti a lui, e che vincola i due sposi, consacrati l’uno all’altra e reciprocamente per un amore sessualmente intimo, gioiosamente vissuto con apertura verso la procreazione dei figli, secondo il piano divino della creazione e della redenzione. Non farai adulterio (Es 20, 14), nella sua concisione, esprime il progetto di Dio per i suoi figli e figlie, chiamati a vivere nella
santità della vita coniugale resa sacra dall’Eterno.


          + MANSUETO BIANCHI           RAVELIA E. RICHETTI
               Vescovo di Pistoia                                                                    Presidente
Presidente della Commissione Episcopale               dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia  per l’ecumenismo e il dialogo

1. «L’Osservatore Romano», lunedì-martedì 18-19 gennaio 2010.
2. Cfr. E. S. ARTOM, La vita d’Israele, Roma 1993.

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