TRIODION
KATANYKTIKON
Si fa memoria della parabola
evangelica del pubblicano e del fariseo.
SABATO — VESPRO
Ufficio del vespro delle domeniche Tono I.
Tono 1.
Non
preghiamo, fratelli, * al modo del fariseo: * perché chi si esalta, sarà
umiliato˚. * Umiliamoci davanti a Dio, * gridando durante il digiuno come il
pubblicano: * Sii propizio, o Dio, * a noi peccatori˚. 2 volte.
Il fariseo, dominato dalla
vanagloria, * e il pubblicano, piegato dal pentimento, * si accostarono a te,
unico Sovrano: * ma l’uno, per essersi vantato, * fu privato di ciò che aveva
di bene; * mentre all’altro, che neppure aveva aperto bocca, * furono elargiti
i doni. * Confermami in questo gemere, * o Cristo Dio, * nel tuo amore per gli
uomini.
Gloria. Tono pl. 4.
Signore onnipotente, * so
quanto possono le lacrime: * esse hanno fatto risalire Ezechia dalle porte
della morte˚; * hanno liberato la peccatrice dalle sue colpe inveterate˚; *
hanno reso il pubblicano * piú giusto del fariseo˚. * Ed io, annoverandomi tra
costoro ti prego: * Abbi pietà di me.
Ora e sempre. Theotokíon, il primo del tono.
Ingresso. Luce gioiosa.
Prokímenon: Il Signore ha instaurato il suo regno.
Allo stico, stichirá dall’októichos, alfabetici.
Gloria. Tono pl. 1.
Poiché si sono appesantiti i miei
occhi * per le mie iniquità, * non posso volgermi
a guardare la volta del cielo: * ma tu accoglimi nel pentimento, * come il
pubblicano, o Salvatore, * e abbi pietà di me.
Ora e sempre. Theotokíon. Stesso
tono.
Tu sei tempio e porta˚, *
reggia e trono del Re˚, * o Vergine tutta venerabile: * per te il mio
Redentore, Cristo Signore, * è apparso, sole di giustizia˚, * a coloro che
dormivano nella tenebra˚, * volendo illuminare quelli che di propria mano *
aveva plasmato a sua immagine˚. * Tu dunque, o degna di ogni canto, * che hai
con lui famigliarità di madre, * incessantemente intercedi * per la salvezza
delle anime nostre.
Apolytíkion anastásimon. Gloria.
Ora e sempre. Theotokíon e congedo.
DOMENICA DEL PUBBLICANO
ORTHROS
Ufficio dell’órthros delle domeniche, .
A Il Signore è Dio, apolytíkion
anastásimon del tono. Gloria, lo stesso
tropario. Ora e sempre, il suo theotokíon.
La consueta sticología, i kathísmata dall’októichos, l’ámomos,
gli evloghitária, l’ypakoí, gli anavathmí del tono, il prokímenon, il vangelo
mattutino stabilito, Contemplata la risurrezione di
Cristo.
Quindi, dopo il salmo 50 e gli idiómela del triódion (pp.
58-60), cominciano i canoni, quello anastásimos e il seguente, del triódion.
Canone
del triódion. Poema di Giorgio.
Acrostico nei theotokía: Di
Giorgio.
Ode 1.: Cantico di Mosè.
Tono pl. 2. Dopo che Israele.
Il Cristo, inducendo tutti con le sue parabole * a correggere
la propria vita, * solleva il pubblicano * dalla sua umiliazione, * umiliando
il fariseo * che si era innalzato.
Vedendo
che dall’umiliazione * viene una ricompensa che eleva, * mentre
dall’innalzarsi, una tremenda caduta, * emula quanto ha di bello il pubblicano
* e detesta la malizia farisaica.
Dalla
temerità vien svuotato ogni bene, * mentre dall’umiltà vien purificato ogni
male: * abbracciamola dunque, o fedeli, * aborrendo davvero tutto ciò che è
vanagloria.
Volendo
che i suoi discepoli * fossero di umile sentire, * il Re dell’universo
ammonendo insegnava * ad emulare il gemito del pubblicano * e la sua umiltà.
Gemo
come il pubblicano, * e con incessanti lamenti, * o Signore, * mi accosto alla
tua amorosa compassione: * sii pietoso anche con me * che vivo ora la mia vita
con umiltà.
Theotokíon.
A te affido, Sovrana, * mente, volontà, speranze, * corpo,
anima e spirito: * liberami e salvami * da nemici insidiosi e tentazioni, *
come pure dalla minaccia futura.
Katavasía.
Dopo che
Israele ebbe camminato a piedi nell’abisso * come su terra ferma˚, *
vedendo che il faraone inseguitore * veniva sommerso nel mare˚, * esclamava: *
Cantiamo a Dio un inno di vittoria˚.
Ode 3.: Cantico di Anna. Non
c’è santo come te.
Dal
letame delle passioni * l’umile è sollevato, * dalla vetta delle virtú * cade
invece paurosamente * chiunque sia di cuore
altero: * fuggiamo tali cattive disposizioni.
La
vanagloria devasta tesori di giustizia, * mentre l’umiltà disperde il cumulo
delle passioni: * concedi dunque, o Salvatore, * che noi, imitando l’umiltà, *
abbiamo la sorte del pubblicano.
Come
il pubblicano, anche noi, * battendoci il petto, gridiamo compunti: * Sii
propizio, o Dio, a noi peccatori! * Cosí anche noi, come lui, * otterremo la
remissione.
Diamoci
allo zelo, o fedeli, * agendo con mitezza, * vivendo insieme con umiltà, * nel
gemito del cuore, * nel pianto e nella preghiera, * per ottenere da Dio il
perdono.
Gettiamo
via da noi, o fedeli, * l’abnorme gonfiore della millanteria, * la disgustosa
temerarietà, * la detestabile boria, * e l’impudente durezza del fariseo, *
tanto cattiva davanti a Dio.
Theotokíon.
Confidando in te, unico rifugio,
* possa io non venir meno alla buona speranza, * ma ottenga il tuo soccorso, o
pura, * per non subire danno alcuno * dalle difficoltà.
Katavasía.
Non c’è santo come te, Signore mio Dio˚, * che sollevi la fronte dei tuoi
fedeli, * o buono, * e ci rafforzi sulla roccia della tua confessione˚.
Káthisma. Tono 4.
Presto intervieni.
L’umiltà
ha sollevato il pubblicano che, * mesto e confuso per i suoi peccati, *
gridava al Creatore il suo * ‘Sii propizio’. * L’alterigia ha invece fatto
decadere dalla giustizia * lo sciagurato fariseo millantatore: * emuliamo
dunque il bene, * astenendoci dal male.
Gloria. Un altro tropario, stessa melodia.
L’umiltà
ha sollevato e giustificato un tempo * il pubblicano che gridava tra il pianto:
* Siimi propizio. * Imitiamolo dunque, tutti noi che siamo caduti * nelle
profondità del male; * gridiamo al Salvatore dal profondo del cuore: * Abbiamo
peccato, siici propizio, * o solo amico degli uomini.
Ora e sempre. Theotokíon, stessa melodia.
Presto accogli, o Sovrana, * le
nostre suppliche, * e presentale al tuo Figlio e Dio, * o Signora tutta immacolata.
* Sciogli le difficoltà di quanti a te accorrono, * sventa le insidie e gli
attacchi sfrontati, * o Vergine, * di quanti ora si armano * contro i tuoi
servi.
Ode 4. Cantico di Abacuc. Cristo
mia forza.
Perfetta
via di elevazione * ha reso il Verbo l’umiltà* umiliando se stesso * sino ad
assumere forma di servo˚. * E chiunque imita questa umiltà, * umiliandosi
viene innalzato.
Si
è innalzato il giusto fariseo, * ed è caduto in basso; * ma il pubblicano,
gravato da un cumulo di mali, * si umilia e viene risollevato, * giustificato
contro ogni speranza.
La
temerarietà produce indigenza di virtú * traendola dalla loro stessa abbondanza,
* mentre a sua volta l’umiltà * guadagna la giustizia * proprio con l’estrema
indigenza di questa: * possiamo anche noi acquisirla!
Già
avevi detto, Sovrano, * che tu resisti agli orgogliosi, * mentre concedi la tua
grazia agli umili˚, * o Salvatore: * su noi che ci umiliamo, * manda dunque la
tua grazia.
Sempre
guidandoci alla divina elevazione, * il Salvatore e Sovrano, come mezzo per
elevarci, * ci ha indicato l’umiltà: * egli ha infatti lavato con le proprie
mani * i piedi dei discepoli˚.
Theotokíon.
Tu che hai partorito, o Vergine,
* la luce inaccessibile˚, * dirada la tenebra della mia anima * con lo splendore
che colma di luce, * e guida la mia vita * sui sentieri della salvezza.
Katavasía.
Cristo, mia forza˚, * Dio e Signore! * Cosí la sacra Chiesa divinamente canta, *
levando il grido da animo puro˚, * facendo festa nel Signore.
Ode 5.: Cantico di Isaia.
Col tuo divino fulgore.
Studiamoci
di imitare le virtú del fariseo, * e di emulare l’umiltà del pubblicano, *
ma detestando, in entrambi, ciò che è male: * tanto la folle temerità quanto la
sozzura delle colpe.
La corsa della giustizia * si è
dimostrata vana per il fariseo, * che l’ha compiuta unendovi la presunzione; *
il contrario accade per il pubblicano, * che si è preso l’umiltà * come compagna
della virtú che innalza.
Il fariseo presumeva * di
correre nelle virtú come un auriga, * ma a piedi il pubblicano superò * quel
carro deviante, * gareggiando con esso ottimamente, * perché aveva aggiogato
l’umiltà al gemito.
Poiché tutti abbiamo dispiegata
davanti alla mente * la parabola del pubblicano, * venite, emuliamolo con
lacrime, * presentando a Dio uno spirito contrito˚, * chiedendo la remissione
dei peccati.
Quanti abbiamo senno, *
respingiamo lontano da noi * l’atteggiamento funesto, * orgoglioso, miserabile,
arrogante, * altero e superbo del fariseo, * per non essere spogliati della
divina grazia.
Theotokíon.
Manda, o buona, lo scettro di potenza * a tutti noi che in te
ci rifugiamo, * dandoci di dominare in mezzo a tutti i nemici˚, * e
sottraendoci a ogni danno.
Katavasía.
Col tuo
divino fulgore, * o buono, * rischiara, ti prego, * le anime di quanti con
amore * vegliano per te dai primi albori˚, * perché conoscano te, Verbo di Dio,
* che veramente sei Dio * e che ci richiami dal buio delle colpe.
Ode 6.: Cantico di Giona. Vedendo
il mare della vita.
Il
pubblicano e il fariseo * hanno corso contemporaneamente * nello stadio della vita,
* ma l’uno, dominato dalla temerità, * ha fatto un vergognoso naufragio, *
mentre l’altro è stato salvato dall’umiltà.
Noi
che affrontiamo la dura corsa della vita, * imitiamo i fervidi sentimenti del
pubblicano, * fuggiamo l’abominevole boria del fariseo, * e vivremo.
Emuliamo
la condotta di Gesú Salvatore * e la sua umiltà, * noi che desideriamo ottenere
* l’eterna dimora della gioia, * abitando nella regione dei viventi˚.
Hai
mostrato, o Sovrano, ai tuoi discepoli * l’umiltà che innalza: * cinto ai
fianchi il grembiule, * hai lavato loro i piedi˚ * e li hai predisposti ad
imitare la tua condotta.
Il
fariseo viveva tra le virtú, * e il pubblicano tra le colpe. * Ma il primo si
sobbarcò quella folle umiliazione * che viene dall’orgoglio, * mentre l’altro,
mostrandosi di umile sentire, * fu esaltato.
Theotokíon.
Creato nudo grazie alla semplicità
* e alla vita non artificiale, * il nemico mi avvolse nella doppiezza della
trasgressione * e nella pesantezza carnale: * ma ora per la tua mediazione, o
Vergine, * io vengo salvato.
Katavasía.
Vedendo il mare della vita sollevarsi * per i marosi delle tentazioni˚, * accorro
al tuo porto sereno e grido: * Fa’ risalire dalla corruzione la mia vita˚, * o
misericordiosissimo.
Kondákion. Tono
3. Ti sei manifestato oggi.
Fuggiamo il superbo parlare del fariseo, * e impariamo l’elevatezza * delle parole
umili del pubblicano, * gridando pentíti: * Salvatore del mondo, * sii propizio
ai tuoi servi.
Altro
kondákion. Tono 4. La Vergine oggi.
Come il
pubblicano, * offriamo gemiti al Signore, * e gettiamoci ai suoi piedi *
quali peccatori davanti al Sovrano: * egli vuole infatti la salvezza di tutti
gli uomini˚ * e concede la remissione a tutti quelli che si pentono, * perché
per noi si è incarnato, * lui che è Dio, coeterno al Padre.
Ikos. Betlemme ha aperto
l’Eden.
Umiliamoci tutti, o fratelli: *
con gemiti e lamenti * percuotiamo la nostra coscienza, * affinché si possa
comparire innocenti, o fedeli, * al giudizio eterno, * e ottenere remissione: *
là è infatti il vero riposo, * che noi ora supplichiamo di vedere; * di là sono
fuggiti dolore, tristezza˚ * e gemiti profondi, * nel mirabile Eden * di cui
Cristo è creatore, * lui che è Dio, coeterno al Padre.
Sinassario del minéo, poi il seguente:
Lo stesso giorno di domenica, si
fa memoria della parabola evangelica del pubblicano e del fariseo.
Per
l’intercessione di tutti i tuoi santi che hanno compiuto opere grandi, o Cristo
Dio nostro, abbi pietà di noi e salvaci. Amen.
Ode 7.: Cantico dei tre fanciulli. Tutta rugiadosa.
Esaltandosi
per le sue opere di giustizia, * il fariseo incappò paurosamente * nei lacci
della vanagloria, * con la sua smodata
millanteria; * mentre il pubblicano, * agilmente sollevato dall’ala
dell’umiltà, * giunse vicino a Dio.
Servendosi
di umili modi come di una scala, * il pubblicano fu sollevato alle altezze
del cielo; * mentre il misero fariseo, * innalzato dalla fallace leggerezza
della millanteria, * incontrò le profondità dell’ade.
L’ingannatore,
quando insidia i giusti, * li depreda con sentimenti di vanagloria, * mentre
lega i peccatori * con i lacci della disperazione: * ma noi che emuliamo il
pubblicano, * sforziamoci di sottrarci a entrambi questi mali.
Nella
nostra preghiera, * gettiamoci davanti a Dio, * con lacrime e con gemiti
ardenti, * imitando l’umiltà elevante del pubblicano, * e cantando, o fedeli: *
Benedetto tu sei, o Dio, * Dio dei padri nostri˚.
Ammaestrando
i discepoli, * dicevi, o Sovrano, * di non avere un sentire superbo, *
insegnando loro ad attenersi invece a ciò che è umile˚, * o Salvatore. * Perciò
a te noi fedeli acclamiamo: * Benedetto tu sei, o Dio, * Dio dei padri nostri˚.
Theotokíon.
Noi ti conosciamo come bellezza di Giacobbe˚ * e come divina
scala * che egli aveva vista un tempo * protendersi dal basso verso il cielo˚,
* o venerabile, * per condurre quaggiú il Dio incarnato, * e portare in alto a
loro volta i mortali.
Katavasía.
Tutta rugiadosa * rese l’angelo la
fornace * per i santi fanciulli, * mentre, bruciando
i caldei˚, * il comando di Dio persuase il tiranno a gridare: * Benedetto tu
sei˚, * Dio dei padri nostri˚.
Ode
8.: Cantico delle creature.
Dalla fiamma hai fatto
scaturire.
Con un animo umile, * il pubblicano, gemendo, trovò propizio il Signore e fu
salvato, * ma decadde paurosamente dalla giustizia * il fariseo dalla lingua
magniloquente.
Fuggiamo,
o fedeli, * la boria dei propositi del fariseo * e i suoi titoli di purezza, *
emulando rettamente * l’umiltà e i sentimenti del pubblicano * che hanno
ottenuto misericordia.
Pronunciamo,
o fedeli, * le parole del pubblicano * nel santo santuario: * O Dio, sii
propizio. * Cosí otterremo con lui il perdono, * e saremo sottratti alla rovina
del fariseo millantatore.
Emuliamo
tutti il gemito del pubblicano, * e accostandoci a Dio tra calde lacrime, * a
lui gridiamo: * O amico degli uomini, * abbiamo peccato: * o pietoso, o
compassionevole, * siici propizio e salvaci.
Benediciamo il Padre, il
Figlio e il santo Spirito.
Dio
ascoltò il gemito del pubblicano, * e, giustificandolo, * mostrò a tutti * che
egli si lascia sempre piegare, * se gli chiediamo il perdono delle colpe * con
gemiti e lacrime.
Ora e sempre. Theotokíon.
Non conosco altro soccorso *
all’infuori di te: * te io presento a intercedere per me, * o pura, tutta
immacolata, * te, mediatrice presso colui * che da te è nato: * liberami da
ogni pena.
Lodiamo, benediciamo e adoriamo il Signore.
Katavasía.
Dalla fiamma * hai fatto scaturire per i santi la rugiada˚, * e con l’acqua * hai
bruciato il sacrificio del giusto˚: * perché tutto tu compi, o Cristo, * col
solo volere; * noi ti sovresaltiamo per tutti i secoli˚.
Ode 9.: Cantico della
Madre-di-Dio e di Zaccaria.
Non è
possibile agli uomini.
Avendo ricevuto dal Cristo l’umiltà * come via per la glorificazione, * emuliamo,
quale modello di salvezza, * la condotta del pubblicano, * buttando lontano da
noi * la boria della superbia, * rendendoci propizio Dio * con un animo umile.
Respingiamo
la temerarietà dell’anima, * studiamoci di acquistare con l’umiltà * un animo
retto, * non cerchiamo di giustificarci, * aborriamo la gonfia vanagloria, * e
insieme al pubblicano * rendiamoci propizio Dio.
Offriamo
al Creatore * le suppliche del gemito * come il pubblicano, * evitando le
preghiere non gradite del fariseo * e le sue parole millantatrici * che
portavano giudizio contro il prossimo: * allora ci attireremo la benevolenza di
Dio e la sua luce.
Oppresso
da un nugolo di colpe, * ho superato il pubblicano * per eccesso di malizia, *
e ho assunto per giunta * la boria millantatrice del fariseo, * rendendomi da
ogni parte privo * di qualsiasi bene: * Signore, usami indulgenza.
Rendi
degni della tua beatitudine * quanti per te * sono stati poveri nello Spirito˚:
* spinti infatti dal tuo comando, * ti portiamo uno spirito contrito˚: * o
Salvatore, accogli e salva * quanti a te rendono culto.
Un
pubblicano, che un giorno pregò Dio, * salendo al tempio con fede, fu giustificato:
* accostandosi infatti con gemiti e lacrime * e con cuore contrito˚, * depose
tutto il peso dei peccati * con questi atti di propiziazione.
Theotokíon.
O tutta pura, * a noi che degnamente ti onoriamo, * e
magnifichiamo il tuo parto, * dona di cantarti, di glorificarti e dirti beata,
* o sola benedetta: * perché tu sei il vanto dei cristiani * e mediatrice
accetta presso Dio.
Katavasía.
Non è
possibile agli uomini vedere Dio˚ * che le schiere degli angeli non osano
fissare˚: * ma grazie a te, o tutta pura, * il Verbo si è mostrato ai mortali
incarnato; * e noi, magnificando lui˚ * insieme con gli eserciti celesti, *
diciamo te beata˚.
Exapostilárion.
L’eothinón
anastásimon, quindi i seguenti tropari del triódion.
Con i discepoli conveniamo.
Fuggiamo
le pessime millanterie del fariseo impariamo invece * l’ottima umiltà
del pubblicano, * per venirne innalzati, * gridando con lui a Dio: * Sii
propizio ai tuoi servi, * o Cristo Salvatore, * nato dalla Vergine; * poiché
volontariamente ti sei sottoposto * anche alla croce˚, * con divina potenza hai
risuscitato * insieme a te il tuo mondo.
Theotokíon, stessa melodia.
L’autore
del creato e Dio dell’universo * ha assunto carne mortale * dal tuo grembo
purissimo, * o Madre-di-Dio degna di ogni canto. * La mia natura tutta corrotta
ha rinnovato * lasciando te, dopo il parto, * quale eri prima del parto. * Per
questo, con fede, * noi tutti ti salutiamo acclamando: * Gioisci, gloria del
mondo.
Alle lodi, 4 stichirá anastásima dall’októichos. Quindi
i seguenti 4 idiómela dal triódion. Tono 1.
Non
preghiamo, fratelli, * al modo del fariseo: * perché chi si esalta, sarà
umiliato˚. * Umiliamoci davanti a Dio, * gridando durante il digiuno come il
pubblicano: * Sii propizio, o Dio, * a noi peccatori˚.
Il fariseo, dominato dalla
vanagloria, * e il pubblicano, piegato dal pentimento, * si accostarono a te,
unico Sovrano: * ma l’uno, per essersi vantato, * fu privato di ciò che aveva
di bene; * mentre all’altro, che neppure aveva aperto bocca, * furono elargiti
i doni. * Confermami in questo gemere, * o Cristo Dio, * nel tuo amore per gli
uomini.
Stico: Sorgi, Signore Dio mio,
si innalzi la tua mano, non dimenticare i tuoi miseri sino alla fine.
Tono 3.
Poiché hai appreso, o anima, * la differenza tra il pubblicano
e il fariseo, * detesta dell’uno le parole superbe, * dell’altro emula la
preghiera compunta, * e grida: * O Dio, sii propizio a me peccatore˚, * e abbi
pietà di me.
Stico: Ti confesserò, Signore,
con tutto il mio cuore, narrerò tutte le tue meraviglie.
Odiando, o fedeli, * il
vanitoso parlare del fariseo, * ed emulando la preghiera compunta del
pubblicano, * non coltiviamo sentimenti superbi, * ma umiliando noi stessi˚, *
gridiamo con compunzione: * O Dio, perdona i nostri peccati.
Gloria. Tono pl. 4.
Tu hai condannato, Signore, *
il fariseo che giustificava se stesso * col vanto che traeva dalle opere, * e
hai giustificato il pubblicano * che era di sentimenti modesti * e chiedeva con
gemiti la tua benevolenza: * tu infatti non accetti i pensieri superbi, * e non
disprezzi i cuori contriti˚. * Anche noi dunque * ci gettiamo umilmente ai tuoi
piedi, * davanti a te che hai patito per noi: * Concedici la remissione * e la
grande misericordia˚.
Ora e sempre. Sei piú che benedetta (p. 68). Grande dossologia,
tropario e congedo.
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