sabato 22 marzo 2014



La terza domenica della Grande Quaresima 


è un punto di svolta nel cammino, 

sotto diversi punti di vista. In questo contesto, è estremamente significativo il Synaxarion che descrive il senso della festa. 
Il Triodion, libro liturgico che contiene gli uffici quaresimali, attribuisce a Niceforo Callisto Xanthopulos i sinassari che ne spiegano le feste, la loro origine e la loro disposizione nel calendario liturgico. Egli è un prete della “Grande Chiesa” vissuto all’inizio del XIV secolo, conosciuto anche con il nome monastico (Nilo), probabile autore anche dei Sinassari per il santorale, tradotti in greco volgare e stampati a Venezia nel XVII secolo.
Presentando il tema dominante della terza domenica, Xanthopulos dice: “Oggi celebriamo la festa della venerazione della preziosa e vivificante Croce: poiché durante i quaranta giorni di digiuno noi in qualche modo crocifiggiamo noi stessi, mettendo a morte le passioni che abbiamo in noi, e abbiamo una sensazione di amarezza a causa della nostra negligenza o del nostro scoraggiamento, ecco che viene esposta la vivificante Croce, per rianimarci e sostenerci, per incoraggiarci ricordandoci le Sofferenze del nostro Signore Gesù Cristo. Se il nostro Dio si è lasciato crocifiggere per noi, non dobbiamo forse fare altrettanto per lui? ….. Noi siamo come quelli che, percorrendo un lungo e aspro sentiero, si affaticano, e vedendo un albero frondoso si siedono un momento alla sua ombra e poi, come ringiovaniti, continuano il loro viaggio. Così oggi, in questo tempo di digiuno, di cammino difficile e di sforzo, la Croce vivificante fu piantata in mezzo a noi dai santi Padri per procurarci riposo e ristoro, per renderci leggeri e coraggiosi in vista del compito che resta da fare… Questa settimana si trova nel mezzo della Quaresima, ed è paragonata alle acque di Mara a causa della contrizione, dello scoramento e dell’amarezza prodotte in noi dal digiuno: come quando il divino Mosè gettò il suo bastone in mezzo alla sorgente per addolcirne le acque, o come quando Dio ci ha salvato spiritualmente dal Mar Rosso e dal Faraone, così il legno della preziosa e vivificante Croce addolcisce l’amarezza di un digiuno di quaranta giorni e ci consola per questa nuova traversata del deserto, fino a giungere alla Gerusalemme mistica attraverso la sua risurrezione. E poiché la Croce è per noi l’albero della vita, piantato nel paradiso, i santi Padri l’hanno giustamente piantata nel mezzo della santa Quaresima, ricordandoci ad un tempo l’avidità di Adamo e come questa fu annullata per mezzo del nuovo albero, gustando il quale noi non moriamo più, ma siamo tenuti in vita”.
Troviamo già il tema della Croce nei manoscritti liturgici cui abbiamo fatto più volte riferimento, e possiamo quindi affermare che la venerazione odierna e per tutta la settimana che seguirà (la Croce resterà esposta al centro della Chiesa fino all’ora nona del venerdì seguente) si trova attestata nel X secolo, forse anche nel IX. 
    Prima della proclamazione delle letture nella Divina Liturgia si dava questo avviso: “Esorto la vostra carità, o fratelli amati da Cristo, se avete qualcuno che deve accostarsi al Santo Battesimo, sapendo che la Risurrezione di Cristo si avvicina, di condurlo domani nella nostra santissima chiesa affinché riceva il sigillo di Cristo, possa prepararsi ad esso mediante un ritiro ed essere catechizzato. Sappiate che per chi sarà presentato dopo questa settimana, a meno di una evidente necessità, non sarà tollerata l’ammissione”.
La pericope evangelica domenicale è Mc 8, 34 – 9, 1: Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi”. E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”.
È interessante il commento che san Cesario di Arles, vissuto nel V secolo, fa a questa pagina evangelica nel suo discorso 159: “Sembra difficile, se non impossibile, ciò che il Signore comandò di fare nel Vangelo, ma non è difficile compiere ciò che impone, considerando che egli stesso aiuta a compiere ciò che ordina… infatti come l’uomo muore amando se stesso, così si ritrova negando se stesso. La prima perdizione dell’uomo fu l’amore per se stesso: se non avesse amato se stesso con un ordine perverso, avrebbe anteposto Dio a se stesso, e avrebbe voluto essere suddito di Dio…. Cosa vuole significare l’espressione “prenda la sua croce”?... Quando comincerà a seguirmi secondo i miei mandati e i miei insegnamenti avrà molti avversari, molti che lo ostacoleranno, non avrà solo schernitori, ma anche persecutori… tu dunque, se desideri seguire Cristo, non rifiutarti di portare la sua croce: tollera i malvagi, non soccombere ad essi. E da dove bisogna iniziare a seguire Cristo se non da dove è partito? Infatti noi sappiamo che risorse e risalì al cielo: dobbiamo seguirlo! E non dobbiamo perdere la speranza, perché egli stesso lo promise, e non perché l’uomo di per sé può fare qualcosa. Vuoi seguire Cristo? Devi essere umile, proprio come lui lo fu: non disprezzare la sua umiltà se vuoi arrivare alla sua eccellenza. Certamente la via divenne ardua quando l’uomo peccò, ma ridivenne piana quando Cristo la calcò nella sua risurrezione, e da una strettissima via la trasformò in un cammino regale. Questa via deve essere attraversata con entrambi i piedi, ovvero con umiltà e carità… inizia dal primo gradino, l’umiltà, così potrai salire… devi amare il mondo, ma devi anteporre al mondo il suo Creatore…. Impegniamoci quanto più possibile perché non ci opprima questo amore per il mondo, perché non amiamo la creatura più del Creatore”.
San Leone Magno, nel suo Sermone 74, dice che “abbracciare la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi; allontanarsi dalla vanità è rinunciare ad ogni errore: nessun impudico, nessun lussurioso, nessun superbo né avaro celebra la Pasqua del Signore”.



Autore: Pagani, Roberto  Curatore: Scalfi, P. Romano
Fonte: CulturaCattolica.it


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