La terza domenica della Grande Quaresima
è un punto di
svolta nel cammino,
sotto diversi punti di vista. In questo contesto, è
estremamente significativo il Synaxarion che descrive il senso della festa.
Il
Triodion, libro liturgico che contiene gli uffici quaresimali, attribuisce a
Niceforo Callisto Xanthopulos i sinassari che ne spiegano le feste, la loro
origine e la loro disposizione nel calendario liturgico. Egli è un prete della
“Grande Chiesa” vissuto all’inizio del XIV secolo, conosciuto anche con il nome
monastico (Nilo), probabile autore anche dei Sinassari per il santorale,
tradotti in greco volgare e stampati a Venezia nel XVII secolo.
Presentando il tema dominante della terza domenica,
Xanthopulos dice: “Oggi celebriamo la festa della venerazione della preziosa e
vivificante Croce: poiché durante i quaranta giorni di digiuno noi in qualche
modo crocifiggiamo noi stessi, mettendo a morte le passioni che abbiamo in noi,
e abbiamo una sensazione di amarezza a causa della nostra negligenza o del
nostro scoraggiamento, ecco che viene esposta la vivificante Croce, per
rianimarci e sostenerci, per incoraggiarci ricordandoci le Sofferenze del nostro
Signore Gesù Cristo. Se il nostro Dio si è lasciato crocifiggere per noi, non
dobbiamo forse fare altrettanto per lui? ….. Noi siamo come quelli che,
percorrendo un lungo e aspro sentiero, si affaticano, e vedendo un albero
frondoso si siedono un momento alla sua ombra e poi, come ringiovaniti,
continuano il loro viaggio. Così oggi, in questo tempo di digiuno, di cammino
difficile e di sforzo, la Croce
vivificante fu piantata in mezzo a noi dai santi Padri per procurarci riposo e
ristoro, per renderci leggeri e coraggiosi in vista del compito che resta da
fare… Questa settimana si trova nel mezzo della Quaresima, ed è paragonata alle
acque di Mara a causa della contrizione, dello scoramento e dell’amarezza
prodotte in noi dal digiuno: come quando il divino Mosè gettò il suo bastone in
mezzo alla sorgente per addolcirne le acque, o come quando Dio ci ha salvato
spiritualmente dal Mar Rosso e dal Faraone, così il legno della preziosa e
vivificante Croce addolcisce l’amarezza di un digiuno di quaranta giorni e ci
consola per questa nuova traversata del deserto, fino a giungere alla
Gerusalemme mistica attraverso la sua risurrezione. E poiché la Croce è per noi l’albero
della vita, piantato nel paradiso, i santi Padri l’hanno giustamente piantata
nel mezzo della santa Quaresima, ricordandoci ad un tempo l’avidità di Adamo e
come questa fu annullata per mezzo del nuovo albero, gustando il quale noi non
moriamo più, ma siamo tenuti in vita”.
Troviamo già il tema della Croce nei manoscritti liturgici
cui abbiamo fatto più volte riferimento, e possiamo quindi affermare che la
venerazione odierna e per tutta la settimana che seguirà (la Croce resterà esposta al
centro della Chiesa fino all’ora nona del venerdì seguente) si trova attestata
nel X secolo, forse anche nel IX.
Prima della proclamazione delle letture nella
Divina Liturgia si dava questo avviso: “Esorto la vostra carità, o fratelli
amati da Cristo, se avete qualcuno che deve accostarsi al Santo Battesimo,
sapendo che la
Risurrezione di Cristo si avvicina, di condurlo domani nella
nostra santissima chiesa affinché riceva il sigillo di Cristo, possa prepararsi
ad esso mediante un ritiro ed essere catechizzato. Sappiate che per chi sarà
presentato dopo questa settimana, a meno di una evidente necessità, non sarà tollerata
l’ammissione”.
La pericope evangelica domenicale è Mc 8, 34 – 9, 1:
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, Gesù disse loro: “Se qualcuno
vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua.
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria
vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all’uomo
guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe
mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle
mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio
dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli
angeli santi”. E diceva loro: “In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti,
che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza”.
È interessante il commento che san Cesario di Arles, vissuto
nel V secolo, fa a questa pagina evangelica nel suo discorso 159: “Sembra
difficile, se non impossibile, ciò che il Signore comandò di fare nel Vangelo,
ma non è difficile compiere ciò che impone, considerando che egli stesso aiuta
a compiere ciò che ordina… infatti come l’uomo muore amando se stesso, così si
ritrova negando se stesso. La prima perdizione dell’uomo fu l’amore per se
stesso: se non avesse amato se stesso con un ordine perverso, avrebbe anteposto
Dio a se stesso, e avrebbe voluto essere suddito di Dio…. Cosa vuole
significare l’espressione “prenda la sua croce”?... Quando comincerà a seguirmi
secondo i miei mandati e i miei insegnamenti avrà molti avversari, molti che lo
ostacoleranno, non avrà solo schernitori, ma anche persecutori… tu dunque, se
desideri seguire Cristo, non rifiutarti di portare la sua croce: tollera i
malvagi, non soccombere ad essi. E da dove bisogna iniziare a seguire Cristo se
non da dove è partito? Infatti noi sappiamo che risorse e risalì al cielo:
dobbiamo seguirlo! E non dobbiamo perdere la speranza, perché egli stesso lo
promise, e non perché l’uomo di per sé può fare qualcosa. Vuoi seguire Cristo?
Devi essere umile, proprio come lui lo fu: non disprezzare la sua umiltà se
vuoi arrivare alla sua eccellenza. Certamente la via divenne ardua quando
l’uomo peccò, ma ridivenne piana quando Cristo la calcò nella sua risurrezione,
e da una strettissima via la trasformò in un cammino regale. Questa via deve
essere attraversata con entrambi i piedi, ovvero con umiltà e carità… inizia
dal primo gradino, l’umiltà, così potrai salire… devi amare il mondo, ma devi
anteporre al mondo il suo Creatore…. Impegniamoci quanto più possibile perché
non ci opprima questo amore per il mondo, perché non amiamo la creatura più del
Creatore”.
San Leone Magno, nel suo Sermone 74, dice che “abbracciare
la croce è uccidere le cupidigie, annientare i vizi; allontanarsi dalla vanità
è rinunciare ad ogni errore: nessun impudico, nessun lussurioso, nessun superbo
né avaro celebra la Pasqua
del Signore”.
Autore: Pagani, Roberto
Curatore: Scalfi, P. Romano
Fonte: CulturaCattolica.it
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