1 LUGLIO
MEMORIA DEI SANTI MEDICI ANARGIRI
Vita dei Santi Cosma e Damiano
Poco si conosce con certezza della vita dei santi Cosma e Damiano, che
per la loro professione sono stati dichiarati protettori di medici,
chirurghi, dentisti, farmacisti, ospedali e barbieri (i quali, nel
Medioevo, praticavano la cosiddetta "medicina minore"), oltre a essere i
patroni della Boemia.
Lo scritto agiografico più antico risale al vescovo Teodoreto - che resse dal
440 al 458 la città episcopale di Ciro (o Kyros), importante centro
commerciale della Siria - dove si apprende che i santi nacquero in
Arabia nella seconda metà del III secolo ed erano fratelli.
A questo
proposito, taluni studiosi, vedendo in loro la rivisitazione cristiana
del mito dei Dioscuri (Castore e Polluce), hanno alimentato la credenza
che i santi fossero gemelli, ma nessuna fonte lo conferma, così come
nemmeno si sa se fossero davvero fratelli o se Teodoreto intendesse, con
questo termine, indicare che erano "fratelli di Cristo", tanto più che -
come si vedrà - anche le tre persone che subirono il martirio assieme a
Cosma e Damiano sono indicati come "fratelli". Del resto, tutta la vita
dei santi sembra essere basata sulle tradizioni pagane - non solo
Castore e Polluce, ma anche il dio Asclepio (Esculapio in latino), Iside
e Serapide, che guarivano anch'essi gratuitamente - tanto da far
supporre un'accorta regia da parte della Chiesa, preoccupata di
cristianizzare leggende troppo radicate per essere cancellate senza
traumi.
La tradizione afferma che Cosma e Damiano erano figli di cristiani: il
padre, convertitosi poco tempo dopo la loro nascita, morì durante una
persecuzione in Cilicia; la madre, Teodota (o Teodora), da più tempo
cristiana, si occupò della loro prima educazione.
Dopo aver imparato
in Siria, le scienze mediche, i fratelli esercitarono la professione
nelle città di Egea, in Cilicia, e a Ciro: Teodoreto scrisse che essi
cacciavano «tutte le infermitadi, non solamente da gli uomini, ma
eziandio da le bestie, facendo tutto in dono». Infatti, Cosma e Damiano
curavano qualunque malattia (in particolar modo, pare, ai reni, alla
gola, peste e idropisia) senza chiedere né denaro né beni in cambio. Ciò
valse loro l'appellativo di "anargiri" (privi di denaro) con cui sono
passati alla storia: un comportamento, questo, che corrispondeva a
un'esortazione di Esculapio
(«Darete delle cure gratuitamente, se
c'è da soccorrere un povero o uno straniero, perché dove c'è l'amore
degli uomini c'è l'amore dell'arte») consona all'insegnamento cristiano.
Alcuni testi non storicamente fondati accennano a un farmaco di loro
invenzione, l'Epopira, ma la Chiesa preferisce sottolineare che i
fratelli guarivano sì il corpo, ma soprattutto l'anima, perché essi
agivano invocando il nome vivificante di Cristo e con la predicazione
del Vangelo. I malati trovavano così guarigione e conforto e, se pagani,
si convertivano al cristianesimo.
Tra gli interventi di Cosma e Damiano, il Sinassario della Chiesa di
Costantinopoli ricorda la guarigione dell'emorroissa Palladia, una donna
che, in segno di ringraziamento, volle ricompensarli con tre uova.
Ricevuto un netto rifiuto, la donna insistette, scongiurandoli di
prendere quel piccolo dono in nome di Cristo e Damiano, di nascosto dal
fratello, accettò l'offerta per non essere scortese con Palladia e per
non dare l'impressione di spregiare il nome di Cristo. Saputo
l'accaduto, Cosma rimproverò aspramente Damiano e - così racconta la
tradizione - ordinò ai seguaci che, quando fosse giunta l'ora, non
venissero sepolti accanto.
Durante l'impero di Diocleziano, in
esecuzione all'editto del 23 febbraio 303 e su ordine di Lisia, prefetto
romano in Cilicia, Cosma e Damiano furono arrestati con l'accusa di
perturbare l'ordine pubblico e di professare una fede religiosa vietata.
Invitati ad abiurare per aver salva la vita, i fratelli rifiutarono e
furono condannati a torture così atroci che su alcuni martirologi è
scritto che essi furono «martiri cinque volte».
Qualche testo indica erroneamente il 287 come l'anno del loro martirio.
Pur rispettando la regola dell'essere stati «martiri cinque volte», la
successione e il tipo di supplizi subiti da Cosma e Damiano differiscono
secondo le fonti.
Furono lapidati ma le pietre rimbalzavano contro i
soldati. Furono crudelmente fustigati (tortura tanto dolorosa che era
proibita nei confronti dei cittadini romani) o, secondo altri racconti,
furono crocefissi e bersagliati dai dardi di quattro cavalieri, ma le
lance rimbalzavano senza riuscire a far loro alcun male. Furono gettati
in mare da un alto dirupo con un macigno appeso al collo, ma,
miracolosamente, i legacci si sciolsero e i fratelli riafforarono
accolti a riva dai fedeli festanti e inneggianti Dio. Di nuovo
arrestati, furono incatenati e messi in una fornace ardente, ma il fuoco
non li lambì. Cosma e Damiano vennero infine decapitati, secondo l'uso
riservato ai romani, assieme ai discepoli, che si chiamavano Antimo,
Leonzio ed Eupreprio, come indicato in una Passio araba.
I
fedeli portarono i corpi a Ciro, la città in cui i santi avevano
esercitato la medicina, ma ricordando l'ordine di Cosma - di non essere
sepolto vicino al fratello - e non sapendo che Cosma aveva visto in
sogno Dio che gli ordinava di perdonare Damiano, i fedeli si
apprestarono a preparare due sepolcri. In quel momento, apparve un
cammello che, con voce umana, gridò loro di riunire i fratelli, perché
il loro merito era stato uguale («Nolite eos separare a sepoltura, quia
non sunt separati a merito») in quanto Damiano aveva accettato l'offerta
di Palladia per non umiliarla, non certo per essere pagato.Sulla
loro tomba fu eretta una grande chiesa, che divenne meta di
pellegrinaggio. Qui, nella seconda metà del VI secolo, come ha lasciato
scritto Procopio di Cesarea, si recò l'imperatore Giustiniano - il
restauratore dell'impero romano d'Oriente - per ringraziare i santi
fratelli della guarigione da una grave malattia e, in segno di
riconoscenza, fece ampliare la chiesa e ordinò la fortificazione della città.
Interventi miracolosi, che a volte arricchiscono l'iconografia - quasi
esclusivamente occidentale - che riguarda Cosma e Damiano, sono dedotti
dalla Legenda aurea scritta da Jacopo da Varazze nel 1255, una specie di
summa delle credenze sulle vite dei santi che circolavano nel Medioevo,
e altri testi manoscritti che la ricalcano. Tali credenze, pur essendo
spesso fantasiose, assumono connotazioni interessanti per lo studio
delle tradizioni e per l'agiologia.
Avvenuto dopo la morte dei santi
anargiri è il miracolo della fuoriuscita di un serpente introdottosi
nella gola di un contadino appisolato, che dopo alcune ore, quando i
dolori si fecero lancinanti, si recò nella chiesa dedicata a Cosma e
Damiano per invocare la loro intercessione e dopo poco si addormentò: il
serpente uscì vivo dal suo stomaco.
Un altro famoso miracolo è il
trapianto di una gamba di un etiope di pelle scura su un malato di pelle
chiara sotto l'occhio vigile degli angeli. Il malato (che si racconta
essere il sacrestano della prima basilica romana dedicata ai santi),
risvegliatosi guarito, prese a saltellare sul letto e la gente,
stupefatta, corse al cimitero di San Pietro in Vincoli a vedere il
donatore morto, che riposava in pace con... una gamba nera e una,
visibilmente malata, bianca.
Il culto dei santi Cosma e Damiano
si diffuse in seguito all'intensificarsi degli scambi commerciali tra
Oriente e Occidente. A Roma, papa Simmaco (498-515) fece erigere in loro
onore una cappella vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore e papa
Felice IV (525-530) dispose la traslazione delle loro reliquie (528) e
la realizzazione di una basilica, ancora oggi esistente nel Foro romano,
ricavata in un complesso civico donato al papa dalla figlia di
Teodorico, Amalasunta, regina dei Goti: era la prima chiesa cristiana
nel centro di Roma. Nel suo catino absidale si può ancora ammirare il
grande mosaico dell'epoca di Felice IV, raffigurante un maestoso Cristo
su un tappeto di nuvole rosa e celesti, cui gli apostoli Pietro e Paolo
(di maggiori dimensioni e posti ai lati del Salvatore) presentano,
rispettivamente, i santi Cosma e Damiano - con i simboli specifici del
martirio e del mestiere - accompagnati, all'esterno, dal soldato san
Teodoro (fino al IX secolo unico martire militare universalmente
venerato e considerato patrono dell'esercito bizantino) e da papa Felice
IV con in mano il modello della chiesa. E' da notare come le grandi
figure siano rappresentate con movenze, nella persona e nelle vesti, che
riportano ai canoni artistici tardoromani, e si staglino su un fondo di
colore blu cobalto, al contrario dell'astrazione simbolica e del fondo
oro che caratterizzano i mosaici bizantini di poco successivi e visibili
nella stessa basilica, nell'arcone absidale.
Infine, papa Gregorio
Magno (590-604) collocò i resti di Cosma, Damiano e dei tre compagni di
martirio nel pozzetto dell'antico altare situato nella cripta. Una
ricognizione effettuata il 24 maggio 1924 per ordine di papa Pio XI
trovò le ossa dei martiri, che furono collocate in una nuova urna, e una
cassetta d'argento contenente le reliquie dell'apostolo Matteo, fatto
che conferma la particolare devozione riservata a Cosma e Damiano fin
dai tempi antichi, considerati importanti quasi quanto gli apostoli.A
partire dal V secolo, in Oriente sorsero numerose chiese dedicate ai
santi Cosma e Damiano o in onor loro furono decorate: a Costantinopoli,
in Scizia, in Cappadocia, in Panfilia, a Salonicco, a Gerusalemme, a
Edessa. Dal X al XIII secolo, il culto si diffuse anche in Bulgaria, in
Romania e nelle regioni bizantine dell'Italia meridionale.
La più famosa è la basilica di Costantinopoli, proclamata
santuario nazionale, presso cui accorrevano i malati per chiedere
l'intervento risanatore. Si tramanda che in questa chiesa si svolgesse
il "rito dell'incubazione": durante la notte, mentre i fedeli pregavano,
i malati si addormentavano sui giacigli posti lungo le navate della
chiesa. Durante il sonno, i santi apparivano e operavano o praticavano
le cure necessarie alla guarigione.
I nomi di Cosma e Damiano
furono gli ultimi inseriti nel canone della Messa Tridentina e, se in
Occidente si celebrano il 26 settembre (una volta era il 27) considerato
il giorno della dedizione della basilica romana; in Oriente la loro
festa liturgica avviene in tre giorni diversi: il primo luglio, il 17
ottobre e il primo novembre.
La Chiesa orientale, infatti venera tre
coppie di santi "poveri" dallo stesso nome e con la stessa professione,
ripresi anche nell'Ermeneutica della pittura di Dionisio da Furnà, che
riporta i modelli iconografici athoniti:
- Cosma e Damiano di Roma,
giovani dalla barba appuntita, festa 1 luglio. Questi sono citati da
Dionisio anche nel menologio di luglio con queste parole: "I santi
poveri Cosma e Damiano sono lapidati su un monte dal loro maestro. Con
la prima barba; il loro maestro, vecchio";
- Cosma e Damiano d'Asia, giovani con la prima barba, 1 novembre;
- Cosma e Damiano d'Arabia, neri, con la prima barba e con dei fazzoletti avvolti (senza data).
Nessuna fonte storica, tuttavia, avvalora l'ipotesi dell'esistenza di
tre coppie omonime di santi e, anzi, gli studiosi contemporanei sono
assolutamente convinti di un'unica identità: la particolarità delle tre
feste (o dei sei santi) sarebbe da far risalire alle diverse fonti da
cui hanno tratto origine, cioè i martirologi latini, i sinassari
bizantini, la Passio araba. La straordinaria diffusione del culto dei
santi Cosma e Damiano li ha poi... moltiplicati.
Nell'iconografia che ritrae i santi in Oriente - per intero, di fronte e
vestiti con due chiton, uno lungo e uno corto, e un mantello - a volte
Cosma è rappresentato con la barba, così che l'imberbe Damiano appare
più giovane (fatto che escluderebbe la tesi secondo cui erano gemelli).
Spesso sono rappresentati con in mano la palma, simbolo del martirio, e
gli scrigni tipici dei medici, contenenti gli strumenti chirurgici o le
medicine.
In Occidente, almeno fino a tutto il XIV secolo, i
santi furono raffigurati in qualità di medici: a figura intera, con le
mani celate dal mantello, mentre ricevevano dal Signore il cofanetto
contenente gli strumenti chirurgici. L'illustrazione delle prodigiose
guarigioni e delle scene del martirio comparirono infatti durante il
Rinascimento fiorentino, quando la famiglia dei Medici (che, per il
cognome, aveva eletto come propri patroni i santi anargiri), nella
persona di Cosimo (= Cosma) il Vecchio, commissionò al Beato Angelico la
Pala di San Vincenzo di Annalena e quella di San Marco, nelle quali il
pittore rappresentò una ventina di episodi della vita dei santi,
compreso il martirio.
Il nome Cosma deriva dal greco cosmos,
che significa ordine o sistema dotato di una struttura e regolato da
leggi precise, e il santo fu un modello per gli altri con il suo esempio
di virtù.
Il nome Damiano può derivare da daino, animale timido e
dolce, o da dogma, ossia dottrina, e da ana, in alto, o ancora da damum,
sacrificio, o ancora può voler dire “le mani del Signore”: san Damiano
fu infatti una figura molto dolce, che possedeva la dottrina del cielo
nelle sue predicazioni, che per mezzo della mano del Signore curò la
gente e che sacrificò il proprio corpo.
Jacopo da Varazze, Legenda aurea CXLIII
Leggenda dei Santi Cosma e Damiano dal Codice Magliabechiano
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