domenica 2 dicembre 2012

                         LA PREPARAZIONE 
            AL SANTO NATALE BIZANTINO

      La Chiesa bizantina prepara i fedeli con un periodo di quaranta giorni, chiamato Quaresima di Natale, alla festa dell’Incarnazione. Le domeniche e i giorni di festa, come ad esempio sant’Andrea
(30 novembre) o san Nicola (6 dicembre), due o tre tropari annunciano la prossimità del Natale durante l’Ufficio e la Divina Liturgia.
        A partire dal 21 novembre, si cantano quotidianamente
all’ufficio del mattino otto tropari chiamati katavasíe  che attingono
dal canone della festa stessa. 
       La preparazione si intensifica nelle due domeniche precedenti il Natale:  nella prima si fa memoria degli antenati del Signore, nella seconda dei padri che furono graditi a Dio, da Adamo fino a Giuseppe, lo sposo della santissima Madre di Dio. 
       Dal 20 dicembre iniziano i cinque giorni di preorthìa (pre-festa), la preparazione quotidiana è più intensa, specialmente
all’ufficio del mattino, ai vespri e a compieta.
      Infine, la vigilia è caratterizzata dalle “Grandi Ore”, uffici speciali che si ritrovano solamente alla vigilia dell’Epifania e il Venerdì santo.
       L’elemento liturgico prevalente in questa preparazione è quello innologico con 5-600 tropari composti soprattutto da Romano il Melode1, Giuseppe l’Innografo (di origine sicula i cui Inni riempiono i libri liturgici bizantini), Cipriano lo Studita, Anatolio di Tessalonica, Simeone Metafraste (autore della raccolta agiografica nota come Menologio).
      Nella “Domenica dei Progenitori del Signore” l’idea guida è che l’Antico Testamento ha prodotto Cristo .
      Il Vangelo di questa festa è quello della genealogia di Gesù (Mt. 1, 1-25) e Giovanni Crisostomo nella sua omelia a commento insiste sul fatto che “la gloria di Cristo spicca dai contrasti e consiste nella bassezza dei suoi progenitori più che nella loro grandezza... noi dobbiamo ammirare soprattutto il fatto che egli si sia degnato di nascere da tanti e tali antenati, non indugiando di fronte a nessuna iniquità... Erigendo questa genealogia, la Chiesa ci vuole guarire da ogni orgoglio”. Cristo Dio non disdegna di discendere da questa umanità così misera e meschina: anche in questo consiste la sua kenosi, il suo annientamento, la sua umiliazione.
         Nel suo terzo discorso  Crisostomo ci fa notare anche che: “Ciò che fa la nascita (di Cristo) degna di tanta ammirazione, non è solo il fatto che egli abbia assunto un corpo e si sia fatto uomo, ma anche il fatto che si sia degnato di accettare una discendenza da antenati qualunque senza vergognarsi delle nostre miserie... Come alcuni di questi patriarchi presero in moglie delle prostitute, così Dio ha unito a sé la natura umana che si era prostituita”. E allora, come tra i progenitori non ci sono solo santi e giusti, ma anche peccatori, così “Ciascuno di noi ha qualche tratto dei progenitori di Gesù più lontani dalla santità.
           Non si tratta di peccare deliberatamente per meglio identificarci alla genealogia del Signore, ma di non aver paura nel riconoscerci nei peccati commessi da certi personaggi di questa genealogia e di unirci nello spirito alla purificazione progressiva che ha preparato la nascita di Gesù” (R. Pagani, op. cit.).
       L’umanità che Cristo sposa assumendo la nostra carne contiene germi di santità e più tropari cantano la salvezza che Cristo aveva già accordato ai suoi progenitori.
         Da qui il tema del piano di salvezza realizzato dagli antichi giusti presente in questa Divina Liturgia. Nel canone vengono ricordati i padri dell’A. T. (Adamo, Abele, Set, Enoch, Noè, Melchisedec, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe): “...non si tratta di un banale catalogo di storie pie, ma della storia delle gesta divine che conferiscono a ciascuno dei giusti dell’Antico Testamento qualche aspetto della salvezza completa i1 Teologo, poeta e compositore, “Appartiene alla grande schiera dei teologi che hanno trasformato la teologia in poesia” (Benedetto XVI). 
       La tradizione ci riporta che amava molto cantare le sue omelie, ma si rammaricava di non possedere una voce melodica. 
        Alla vigilia di Natale ebbe l’apparizione della Vergine che gli offrì da mangiare lo spartito di un’omelia. Appena l’ebbe mangiata si mise a cantare l’omelia con voce melodiosa. La melodia è ancora oggi cantata nella liturgia della notte di Natale, ed è conosciuta come “La Vergine oggi mette al mondo d’eterno...”.
     Da qui in poi seguirò il capitolo “La preparazione al Natale” dal libro “Roma Orientalis” di Olivier Raquez, ed. Lipa, maggio 2000.   
    Si manifesterà solamente con la venuta di Gesù Cristo. I diversi carismi particolari assumono un significato molto più denso se si confrontano gli uni con gli altri. Ciascuno di essi forma la pietra di
un grande edificio, come una verità particolare contribuisce ad edificare la grande rivelazione cristiana”. (O. Raquez, op. cit., pag. 76). Dall’Antico Testamento vengono riprese anche le immagini dei principali misteri. Così, la nascita verginale viene accostata sia all’immagine del roveto ardente che brucia e non si consuma, sia al mistero dei tre fanciulli viventi nella fornace ardente. “L’Incarnazione del Verbo appare nella visione del quarto uomo a fianco dei tre fanciulli nella fornace. La misteriosa unione della Divinità con l’Umanità è suggerita e spiegata nello stesso miracolo dei tre fanciulli: il fuoco inestinguibile è quello della divinità di Cristo, ma questo fuoco è temperato dalla rugiada della sua condiscendente venuta tra noi. 
       Così, Romano il Melode scrive: “Colui che è fasciato come un bambino, tiene nelle sue mani l’universo”; “È posto in una mangiatoia, ma essa è come il trono incandescente del Verbo che appare sotto la forma di bambino”. 
 da Russia Ecumenica 


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