Si deve gioire della nascita
del Signore
Gregorio di
Nazianzo, La nascita di Cristo, 1,4-6
Cristo è nato: rendetegli gloria!
Cristo è disceso dai cieli: andategli incontro! Cristo è qui sulla terra:
siatene fieri! Cantate al Signore da ogni angolo della terra! (Sal 95,1).
Per esprimere, anzi, due concetti in una sola volta: Si allietino i cieli ed
esulti la terra (Sal 95,11), nel nome di colui
che sta nei cieli, cioè, e poi per il fatto che sia disceso sulla terra. Cristo
si è incarnato: tremate ed esultate; il timore è per il peccato, la gioia per
la speranza. Cristo è nato dalla Vergine! Donne, conservate la verginità, se
volete esser madri di Cristo. Chi osa rifiutare adorazione e lode a colui che è
principio e fine?...
Oggi
celebriamo la nostra festa: la venuta di Dio fra gli uomini, che ci consentirà
di raggiungere Dio o, per dir meglio, di ritornare a lui, dopo aver deposto
l`uomo vecchio ed esserci rivestiti del nuovo. Allo stesso modo come,
nell`Adamo vecchio, siamo morti, così, nel Cristo, vivremo: nati, crocifissi,
sepolti e risorti con lui. Una bella trasformazione, infatti, deve aver luogo
dentro di me, in seguito alla quale, come dai piaceri sono scaturite le
sofferenze, così queste ultime divengano fonte di gioia. Ove infatti ha
abbondato il peccato, sovrabbonderà anche la grazia (Rm 5,20)
e, se il godimento è stato motivo di condanna, quanto più la passione di Cristo
ha recato giustificazione? Non manifestiamo, perciò, la nostra esultanza come
si suol fare nelle pubbliche festività, ma in maniera conforme a Dio; non con
criteri umani, ma in modo soprannaturale! Non celebriamo le cose che sono
nostre, bensì quelle di colui che è nostro o, per meglio dire, quelle del
Signore; non rallegriamoci per ciò che provoca l`infermità, ma per quanto
restituisce la salute; non festeggiamo ciò che riguarda la creazione, ma la
rigenerazione!
E
come sarà possibile far questo! Basterà non cingere di corone le porte delle
case, non formar cori, non decorare le vie, non rallegrare gli occhi, non
addolcire l`udito con il canto, non spargere effeminati profumi, non soddisfare
smodatamente la gola, non abbandonarsi al piacere del tatto, evitando cioè di
intraprendere le vie che conducono al vizio e di aprire le porte al peccato.
Non dovremo rammollirci con abiti vistosi ed eleganti, quanto più appariscenti
tanto più inutili, né con lo splendore delle gemme o dell`oro né con
l`artificio dei cosmetici, che nascondono la bellezza naturale e profanano
l`immagine. Non indulgeremo a crapule e ubriachezze (cf. Rm 13,13),
cui si accompagnano, lo so bene, lussuria e impudicizia: le cattive opinioni,
infatti, dipendono dai cattivi maestri o, piuttosto, i cattivi raccolti dalle
cattive seminagioni. Non ci fabbricheremo morbidi letti, per dare al ventre una
confortevole dimora. Non ci cureremo del profumo dei vini né dei manicaretti
dei cuochi né della raffinatezza degli unguenti. Né la terra né il mare
dovranno recarci in dono il prezioso sterco (a tale stregua, infatti, sono
solito ritenere il lusso) né dovremo nutrire l`ambizione di fare a gara l`un
con l`altro nell`intemperanza. Ritengo una dimostrazione d`intemperanza,
infatti, possedere tutto ciò che è superfluo e al di là del necessario, men tre
altri, impastati della stessa argilla e dotati della nostra medesima natura,
soffrono la fame e si dibattono nella miseria.
Lasciamo
tutto ciò ai pagani, al loro lusso e alle loro feste; essi, infatti, ritengono
che gli dèi si compiacciano del profumo degli animali arrostiti, praticando, di
conseguenza, il culto divino con il loro ventre: dei loro perfidi demoni essi
ne sono perversi inventori, sacerdoti, cultori. Da parte nostra invece, che
adoriamo il Verbo, se proprio una gioia debba esservi, rallegriamoci nel Verbo,
nella legge divina, nelle narrazioni, in tutto ciò, insomma, donde tragga
motivo questa nostra festa: solo così, infatti, la gioia sarà adatta e
conveniente a colui che ci ha convocato.
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