mercoledì 30 marzo 2016


Pontificio Istituto Orientale
Eparchia di Piana degli Albanesi
Convegno di Studio
L’eparchia e il suo clero
Questioni strutturali e sostentamento
Piana degli Albanesi,   (POGGIO S. FRANCESCO)
31 marzo — 3 aprile 2016
                                                 


Giovedì, 31 marzo  17.00
                      Conferenze storico-introduttive
S.E.R. Mons. Giorgio Gallaro         Saluto ai partecipanti

Matteo Mandalà,  L’eredità culturale-religiosa della Chiesa                                             bizantina in Sicilia

Orazio Condorelli     Aspetti della disciplina ecclesiastica nella legislazione storica per gli Italo-Albanesi (tra Leone X e Benedetto XIV)

Venerdì, 1 aprile [sessione mattutina] 9.00
I. Sostentamento del clero e finanziamento delle Chiese (prospettive orientali)

S.E.R. Cyril Vasiľ        Sistema di finanziamento del clero greco-                                           cattolico nella Repubblica Slovacca

Leszek Adamowicz    Il sistema di sostentamento del clero cattolico                                     in Polonia

Maria Ionela Cristescu  Il finanziamento della Chiesa e il sostentamento  del clero orientale in Romania: un sistema trasparente?

Astrid Kaptijn
Il finanziamento della Chiesa e il sostentamento del clero orientale in Svizzera

13.00 pranzo
Venerdì, 1 aprile [sessione pomeridiana] 16.00
Paolo La Terra
Sostentamento clero in Italia e accoglienza dei ministri orientali

Jiří Dvořáček
Finanziamento delle Chiese nella Repubblica Ceca, con particolare attenzione alla Chiesa cattolica

Tavola rotonda sull’attività del “Gruppo” e su temi attuali del diritto canonico orientale

Sabato, 2 aprile [mattina]  Escursione a Palermo e Monreale

Sabato, 2 aprile [sessione pomeridiana]  16.00
II. Aspetti strutturali

Péter Szabó
Dimensioni ideali dell’Eparchia: prospettiva storica e tendenze attuali

Sunny Kokkaravalayil
La conformazione attuale delle Eparchie indiane alla luce dell’ecclesiologia conciliare

Federico Marti
La varietà dei modelli di organizzazione ecclesiastica nel diritto orientale

III. Questioni attuali

Luigi Sabbarese Il Vescovo «giudice tra i fedeli a lui affidati»

Pablo Gefaell  Abrogazione della sufficienza dell’investigazione prematrimoniale per dichiarare lo stato libero dei cattolici orientali sposati civilmente

Domenica, 3 aprile  10.00
                      Divina Liturgia (Piana degli Albanesi)

martedì 22 marzo 2016

Messaggio di Pasqua 2016

 



Ai cari fratelli e sorelle della Chiesa che è in Piana degli Albanesi:

Voi già conoscete con quale fervore si pronunci il nostro messaggio: Cristo è risorto! Krishti u njall! Eccoci alla Santa Pasqua del Signore! Pasqua: termine questo che vuol dire, nel senso biblico, etimologico, esenzione; esenzione dal castigo di morte decretato nella notte della liberazione del popolo eletto affinché esso potesse intraprendere il suo pellegrinaggio dall’esilio e dalla schiavitù verso la terra promessa.

Questa esenzione fortunata dallo sterminio del flagello punitivo è stata tradotta nella Sacra Bibbia col termine espressivo di passaggio; del passaggio del Signore, che risparmia i suoi fedeli e li guida ad un nuovo destino, ad una nuova vita. Il fatto rimase storia del popolo ebraico; la storia divenne simbolo, evento, per la nuova alleanza inaugurata da Gesù Cristo: e Lui, Gesù Cristo è ora la nostra pasqua (1Corinti5,7), Lui il nostro liberatore (2Timoteo 1,9) dalla schiavitù del peccato (2Timoteo 4,18) e dal fatale destino della morte eterna, Lui la nostra speranza, Lui il nostro gaudio. “L’Exultetpasquale canta un mistero realizzato. La gioia pasquale non è solamente quella di una trasfigurazione possibile: essa è quella della nuova Presenza del Cristo Risorto, che elargisce ai suoi lo Spirito Santo, affinché essa rimanga con loro” (Paolo VI, Gaudete in Domino, III).

Annuncio di letizia

Siamo felici di potervi dare questo annuncio di gaudio pasquale. L’augurio abituale di Buona Pasqua non è parola convenzionale e vana. La gioia è vero frutto cristiano. E lo è con tanta ragione e con tanta pienezza da costituire il vero, supremo nostro messaggio. La beatitudine è il nostro Vangelo; ed oggi questo Vangelo, annunciato dagli angeli nella notte di Natale alla venuta di Cristo nel mondo, predicato da Cristo nel discorso della montagna, il discorso fondamentale della sua profezia alla umanità, risuona come tromba d’argento nel popolo di Dio; perché è il Vangelo della vittoria inaudita sul dolore, sul peccato, sulla morte, che Cristo ha conseguito per sé, primizia dei dormienti (1Corinti 15,20) nel sonno mortale e non più finale, e che Egli ha conseguito per noi. Siamo felici di annunciarvi la felicità della Pasqua del Signore!

Innanzi tutto per dare compimento all’insegnamento, che il nostro servizio di annunciatore/banditore della Parola di Dio mette continuamente sulle nostre labbra. È un insegnamento difficile, perché riguarda verità, svela realtà, che trascendono la comune esperienza sensibile ed il logico discorso razionale; lo dicevano anche gli uditori del Vangelo: Questa parola è dura. Chi può ascoltarla? (Giovanni 6,60). È un insegnamento vitale, che spesso si esprime in termini non comuni e poco accessibili all’intelligenza del nostro tempo, e al linguaggio didattico delle nostre generazioni, le quali fanno fatica a scoprire come in quell’involucro di antiche locuzioni si nasconde un contenuto perenne, e perciò sempre attuale e vivo. “Non è soltanto una comunicazione di cose che si possono sapere, ma è una comunicazione che produce fatti e  cambia la vita” (Benedetto XVI, Spes salvi, 2). Chi ha la gioia vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova. È un insegnamento serio, che contrasta continuamente con l’illusione del costume facile e istintivo, per il quale la degradante licenza vorrebbe rivestirsi della veste sublimante della libertà; e che è obbligato a richiamare l’uomo (e la donna) alla sua statura vera, di creatura eretta al dominio non solo delle cose, ma di sé stessa, quale deve essere per rispecchiare in sé l’originale immagine di Dio impressa sul suo volto: Chi ci farà vedere il bene, se da noi, Signore, è fuggita la luce del tuo volto? (Salmo 4,7). È un insegnamento obbligato a predicare la follia e lo scandalo della croce (1Corinti 1,23), e a suscitare energie morali nuove ed eroiche in seno alla debole e inerte argilla umana. È un insegnamento spesso impopolare perciò, e da molti giudicato sorpassato ed ostico agli orecchi della gente d’oggi, aperti alle lusinghe della dolce vita dei sensi, delle ricchezze, del potere, dell’autosufficienza, …

Il cristianesimo non è facile, ma è felice

Eppure, fratelli e sorelle carissimi, il nostro è un messaggio vero ed è un messaggio di gioia. L’incontro con Cristo, “carità nella verità”, lo ripetiamo, non è facile, ma felice, lieto, esultante. È felice, non già per le forme esteriori e temporali di cui si riveste la felicità umana, oggi straziata dalle contestazioni che sorgono dal suo stesso cuore, e che ne svelano l’insufficienza, l’insussistenza, l’ingiustizia e l’inefficacia; ma per ragioni invincibili su cui è fondato. Ragioni dell’infinita felicità di Dio, che si irradia in amore sul panorama umano e vi semina le sue scintille, segni e richiami ad una superiore pienezza, e che batte alle soglie del cuore umano per un’ineffabile comunione soprannaturale: Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me (Apocalisse 3,20). Amore e ragioni di tutta l’economia della salvezza, che ci è appunto offerta per la liberazione delle nostre più gravi e per sé inguaribili miserie interiori, le nostre debolezze e mancanze; e che ci è comunicata per dare risoluzione positiva a tutte le cose, anche le più negative, il dolore, la povertà, la fatica, la delusione, la morte. Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno (Romani 8,20). Alla luce della condivisione, la gioia è il frutto della verità.

Non sia vano ricordare, anche in questo momento, che l’economia della salvezza, polarizzata verso la città dello spirito oggi, del cielo domani, non paralizza l’economia temporale, che costruisce la città terrena, dove l’uomo deve vivere da uomo, nella vera libertà, nella giustizia sociale, nella ricerca del sapere, nell’operosità del lavoro, nell’equa distribuzione del pane e del benessere, nell’amore onesto ed amico, nell’ordine sempre nuovo e nella pace; in una parola: in quella gioia di vivere, che Cristo stesso ha annunciato e vissuto, quale sovrabbondante risultato a chi cerca per primo il regno di Dio. Tutto ciò, fra l’altro, ci viene ricordato dalla Costituzione conciliare Gaudium et spese dalla Esortazione apostolica Evangeliigaudiumdi Papa Francesco.

Carità e ragioni vere, dunque, alle quali oggi più che mai dobbiamo testimonianza. Vi ripeteremo con San Paolo: Siate sempre lieti nel Signore; ve lo ripeto, siate lieti (Filippesi 4,4). Non più per l’istintivo bisogno di felicità; non più soltanto per il diritto, che la civiltà progredendo vuole assicurare ad ogni essere umano; ma per dovere altresì, per la gloria di Dio; ed oggi per la celebrazione di questo indescrivibile avvenimento, che tutti ci riguarda e ci avvolge, che è la Risurrezione di Cristo.

La Risurrezione ci autorizza a sperare che lo sforzo caratteristico dell’uomo d’oggi, rivolto alla tenace conquista del regno della creazione, riceve dal regno di Cristo, sgorga da esso, che pur non è di questo mondo, un contributo di luce, una testimonianza di verità che conforterà l’opera dell’uomo, a volte stanco, a volte aberrante, a perseverare e a progredire verso l’autentica realizzazione umana. Speriamo che l’energia della risurrezione di Cristo penetri, in qualche modo, la vicenda temporale dell’uomo, campo vivente della gioia di Dio.

Inno alla vita che non muore

Siate lieti. Siate felici di questa fede, di questa fortuna! Di questo inno pasquale alla vita; alla vita che muore per risorgere; alla vita, che anche nella sfera temporale, è illuminata da speranza nuova, capace di farle osare le più ardue imprese e di risolvere i più intricati problemi.

Buona Pasqua perciò a voi tutti, fedeli di questa Chiesa, che dalla fede trae le sue ragioni di vivere e amare,spiritualmente godere e testimoniare.

Buona Pasqua a tutti voi che credete fermamente in Cristo e a voi che siete nel dubbio e nell’incertezza.

Buona Pasqua specialmente a voi, giovani, che avete tanto bisogno di fiducia e di felicità, e che fra tutti siete nella migliorepossibilità di capire, a far vostra la Pasqua, cioè la vita, la pienezza di Cristo. Apritegli tutto il vostro cuore.

Buona Pasqua a voi, genitori, che alla vita offrite i frutti del vostro amore. Buona Pasqua a voi, sofferenti e poveri tutti, ai quali la beatitudine di Cristo è dovuta e ai quali chiunque ha cuore deve il dono del suo servizio e del suo amore.

Buona Pasqua a voi, gente del lavoro, fratelli e sorelle di Cristo, che Egli a sé chiama per la sua autentica consolazione; buona Pasqua a voi, autorità civili e militari, uomini e donne, a cui la speranza vittoriosa di questa giornata deve infondere sapienza, coraggio e fiducia a far vivere e rivivere la pace nella nostra società e nel mondo.

Buona Pasqua a tutti e a tutte, nel segno sicuro della beatitudine derivante dalla Risurrezione benedetta di Cristo! Alliluia!

Non è mai troppo tardi per toccare il cuore dell’altro con la gioia, ne è mai inutile, come l’esempio della Madre di Dio “che ci indica la via” del Figlio Risorto, per non stancarci di accogliere.

Piana degli Albanesi, 27 marzo 2016

+ P. Giorgio Demetrio
                                                                           Vescovo



Christòsanèstieknekròn, thanàtothànatonpatìsas, ketis en dismnìmasizoìcharisàmenos!


Krisht U ngjall !Ai tue vdekur ,ndridhi vdekjen e shkretë e të vdekurevet te varret i dha Gjellën e Vertetë!

Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte, ed ai morti nei sepolcri ha elargito la vita!





























OGGI 23 MARZO 2016
SANTO E GRANDE MERCOLEDÍ  
ORTHROS



OGGI I padri divinissimi hanno stabilito che il santo e grande mercoledí si faccia memoria della meretrice che unse il Signore con unguento profumato, perché questo avvenne poco prima della passione salvifica.
Stichi.
Una donna versò l’unguento profumato sul corpo di Cristo.
Prevenne cosí l’unzione di Nicodemo con l’aloe e la mirra˚.
O Cristo Dio, tu che sei l’Unto con unguento spirituale˚, liberaci dalle tante nostre passioni, e abbi pietà di noi, tu che solo sei buono e amico degli uomini. Amen.
Ecco lo Sposo viene nel mezzo della notte˚: * beato quel servo che troverà vigilante˚, * indegno quel servo che troverà trascurato. * Bada dunque, anima mia, * di non lasciarti prendere dal sonno * per non essere consegnata alla morte˚ * e chiusa fuori dal regno˚. * Ritorna dunque in te stessa e grida: * Santo, santo, santo tu sei, o Dio˚: * per l’intercessione degli incorporei, * abbi pietà di noi.
Al termine del secondo, si aggiunge la specificazione del santo o dei santi ai quali la chiesa è dedicata, nel modo seguente:
...santo, santo, santo tu sei, o Dio: * per l’intercessione di san N. (o dei santi NN.), * abbi pietà di noi.
E al terzo: ...santo, santo, santo tu sei, o Dio: * per l’intercessione della Madre-di-Dio * abbi pietà di noi.
Quindi il salterio con le prostrazioni, e di seguito, uno dopo l’altro, i 3 kathísmata, lentamente.
Káthisma. Tono 3. Attonito di fronte alla bellezza.
Si avvicinò a te la meretrice, * versando sui tuoi piedi profumo con lacrime, o amico degli uomini, * e al tuo comando viene liberata dal fetore dei peccati; * mentre il discepolo ingrato che respirava la tua grazia, * la rifiuta e si impasta col fango dell’avarizia, * vendendo te. * Gloria, o Cristo, alla tua compassione.
Gloria. Ora e sempre. Di nuovo lo stesso tropario.
Altro káthisma. Tono 4. Presto intervieni.
Giuda il fraudolento, attaccato alla passione del denaro, * meditò di consegnare con frode te, Signore, * il tesoro della vita. * Corre cosí come ebbro dai giudei * e dice a quegli iniqui: * Quanto volete darmi, * perché io ve lo consegni per crocifiggerlo?˚
Gloria. Ora e sempre. Di nuovo lo stesso.
Un altro. Tono 1. I soldati a guardia della tua tomba.
La meretrice in pianto levava grida, o pietoso, * asciugando con ardore i tuoi piedi immacolati * con i capelli del suo capo, * e gemeva dal profondo dell’anima: * Non respingermi, non avere orrore di me, o mio Dio, * ma accoglimi pentita e salvami, * o solo amico degli uomini.
Gloria. Ora e sempre. Di nuovo lo stesso.
Subito dopo il sacerdote dice:
Perché siamo fatti degni di ascoltare il santo vangelo, supplichiamo il Signore, Dio nostro.
Coro: Signore, pietà. 3 volte.
Sacerdote: Sapienza! In piedi ascoltiamo il santo vange¬lo. Pace a tutti.
Coro: E al tuo spirito.
Sacerdote: Lettura del santo vangelo secondo Giovanni (12,17-50).
Coro: Gloria a te, Signore, gloria a te.
Sacerdote: Stiamo attenti. Quindi legge il vangelo.
In quel tempo, la gente che era stata con Gesú quando chiamò Lazzaro fuori dal sepolcro e lo risuscitò dai morti, gli rendeva testimonianza. Anche per questo la folla gli andò incontro, perché aveva udito che aveva compiuto quel segno. I farisei allora dissero tra di loro: Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro! Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c’erano anche alcuni greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: Signore, vogliamo vedere Gesú. Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesú. Gesú rispose: È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà.
Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò! La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: Un angelo gli ha parlato. Rispose Gesú: Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me. Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire. Allora la folla gli rispose: Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come dunque tu dici che il Figlio dell’uomo deve essere elevato? Chi è questo Figlio dell’uomo? Gesú allora disse loro: Ancora per poco tempo la luce è con voi. Camminate mentre avete la luce, perché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce credete nella luce, per diventare figli della luce.
Gesú disse queste cose, poi se ne andò e si nascose da loro. Sebbene avesse compiuto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui; perché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia: Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? E non potevano credere, per il fatto che Isaia aveva detto ancora: Ha reso ciechi i loro occhi e ha indurito il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore, e si convertano e io li guarisca. Questo disse Isaia quando vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga; amavano infatti la gloria degli uomini piú della gloria di Dio. Gesú allora gridò a gran voce: Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato, egli stesso mi ha ordinato che cosa devo dire e annunziare. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico come il Padre le ha dette a me.
Coro: Gloria a te, Signore, gloria a te.
Poi il salmo 50 e il triódion con l’acrostico: Canto al mercoledí. Poema di Cosma monaco. Tono 2.
Ode 3.: Cantico di Anna. Irmós.
Confermandomi sulla pietra della fede˚, * hai dilatato la mia bocca contro i miei nemici; * si è rallegrato il mio spirito nel salmeggiare: * Non c’è santo come il nostro Dio, * non c’è giusto all’infuori di te, Signore˚. 2 volte.
Gloria.
Invano si riunisce il sinedrio degli empi * con la malvagia intenzione di condannare il nostro liberatore, * te, o Cristo, a cui noi cantiamo: * Tu sei il nostro Dio, * e non c’è giusto all’infuori di te, o Signore˚.
Ora e sempre.
L’orrendo consiglio degli empi, * la cui anima lotta contro Dio, * pensa di uccidere come molesto il giusto˚, * il Cristo a cui noi cantiamo: * Tu sei il nostro Dio, * e non c’è giusto all’infuori di te, o Signore˚:
Katavasía. Confermandomi sulla pietra della fede.
Piccola colletta e ekfónisis: Poiché tu sei il Re della pace...
Kondákion. Tono 2. Tu che volontariamente.
Ho peccato piú della meretrice, o buono, * e non ti ho per nulla offerto piogge di lacrime: * ma pregando in silenzio, * mi prostro davanti a te, * abbracciando con amore i tuoi piedi immacolati˚, * perché tu, come Sovrano, * mi conceda la remissione dei debiti; * a te io grido, o Salvatore: * Strappami al fango delle mie opere.
Ikos. Colui che, rapito in paradiso.
La donna che prima era dissoluta, * improvvisamente si mostra casta, * prendendo in odio le opere del suo turpe peccato * e i piaceri della carne, * considerando la vergogna e il grande dolore del castigo * a cui soggiacciono fornicatori e dissoluti: * di questi io sono il primo e temo, * ma nella mia follia rimango nella consuetudine dei miei vizi. * La donna meretrice invece, * presa da timore si affrettò subito a venire * e a gridare al Redentore: * O amico degli uomini e pietoso, * strappami al fango delle mie opere.
Il minológhion e la seguente memoria:
I padri divinissimi hanno stabilito che il santo e grande mercoledí si faccia memoria della meretrice che unse il Signore con unguento profumato, perché questo avvenne poco prima della passione salvifica.
Stichi.
Una donna versò l’unguento profumato sul corpo di Cristo.
Prevenne cosí l’unzione di Nicodemo con l’aloe e la mirra˚.
O Cristo Dio, tu che sei l’Unto con unguento spirituale˚, liberaci dalle tante nostre passioni, e abbi pietà di noi, tu che solo sei buono e amico degli uomini. Amen.
Ode 8.: Cantico delle creature. Irmós.
Poiché fu durissima la parola del tiranno, * la fornace fu infuocata sette volte tanto, * ma in essa non furono arsi i fanciulli * che avevano calpestato il comando del re˚, * essi anzi acclamavano: * Opere del Signore, celebrate il Signore, * e sovresaltatelo per tutti i secoli˚.
Tropari.
Una donna versò il prezioso unguento * sul tuo divino, tremendo capo sovrano, o Cristo, * poi strinse con le sue mani impure i tuoi piedi immacolati, * e acclamava: * Opere tutte del Signore, * celebrate il Signore, * e sovresaltatelo per tutti i secoli˚.
Benediciamo il Signore, Padre, Figlio e Spirito santo.
Con lacrime lava i piedi del Creatore * colei che era rea di molti peccati, * e li asciuga con i capelli; * non viene perciò delusa la sua speranza * e ottiene la remissione delle colpe commesse nella sua vita, * e acclama: * Opere del Signore, celebrate il Signore, * e sovresaltatelo per tutti i secoli˚.
Ora e sempre.
Per la donna riconoscente * ecco che divinamente è operato il riscatto * dalle viscere del Salvatore e dalla fonte delle lacrime di lei: * in essa, mediante la confessione, venne lavata, * perciò non arrossiva, ma acclamava: * Opere tutte del Signore, celebrate il Signore * e sovresaltatelo per tutti i secoli˚.
Lodiamo, benediciamo e adoriamo il Signore.
Katavasía. Poiché fu durissima.
Quindi: Magnifichiamo la Madre-di-Dio e Madre della luce, onorandola con inni.
Ode 9.: Cantico della Madre-di-Dio e di Zaccaria.
Venite, con anime pure e labbra senza macchia, * magnifichiamo l’immacolata e purissima Madre dell’Emmanuele˚, * offrendo per mezzo di lei la supplica * a colui che da lei è nato. * Risparmia, o Cristo Dio, le anime nostre, * e salvaci.
Tropari.
Ingrato e perfidamente invidioso, * Giuda fa dei conti sul degno dono della peccatrice * col quale essa è sciolta dai suoi debiti, * mentre l’infame svende la grazia della divina amicizia˚. * Risparmia, o Cristo Dio, le anime nostre, * e salvaci.
Gloria.
Recatosi dagli iniqui capi egli dice: * Che volete darmi perché io vi consegni * il Cristo che volete, il ricercato?˚ * Cosí Giuda scambia con l’oro * la sua famigliarità con Cristo. * Risparmia, o Cristo Dio, le anime nostre, * e salvaci.
Ora e sempre.
O cieca avarizia! O uomo senza pietà! * Come sei giunto a dimenticare * che nemmeno il mondo intero vale quanto l’anima, * come ti è stato insegnato?˚ * Infatti per la disperazione, * ti sei appeso al cappio, o traditore˚. * Risparmia, o Cristo Dio, le anime nostre, * e salvaci.
Katavasía. Venite, con anime pure.
Piccola colletta. Ekfónisis: Poiché te lodano...
Exapostilárion idiómelon, 3 volte. Tono 3.
Vedo, o mio Salvatore, * il tuo talamo adorno, * e non ho la veste per entrarvi˚: * fa’ risplendere la veste dell’anima mia, * o datore di luce, * e salvami.
Lodi.
Tutto ciò che respira lodi il Signore.
1. Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nel piú alto dei cieli. A te si addice l’inno, o Dio.
2. Lodatelo voi tutti, angeli suoi, lodatelo voi tutte sue schiere. A te si addice l’inno, o Dio.
Alle lodi, 4 stichi con i seguenti stichirá idiómela.
Stico 1.: Lodatelo per le sue opere potenti, lodatelo secondo l’immensità della sua grandezza.
Tono 1.
In te, Figlio della Vergine, * la meretrice riconobbe Dio,e diceva, supplicando in pianto, * poiché aveva commesso azioni degne delle lacrime: * Scioglimi dal debito, * come io sciolgo i miei capelli; * ama colei che, benché degna di odio, ti ama, * e io ti proclamerò amico dei pubblicani˚, * o benefattore amico degli uomini.
Stico 2.: Lodatelo al suono della tromba, lodatelo con l’arpa e la cetra.
La meretrice mescolò alle lacrime * il preziosissimo unguento, * e lo versò sui tuoi piedi immacolati * coprendoli di baci. * Tu dunque che súbito la rendesti giusta˚, * dona anche a noi il perdono e salvaci, * tu che per noi hai patito.
Stico 3.: Lodatelo col timpano e con la danza, lodatelo sulle corde e sul flauto.
Mentre la peccatrice offriva il profumato unguento, * proprio allora il discepolo si accordava con gli iniqui; * essa si rallegrava versando l’olio preziosissimo, * mentre l’altro si studiava di vendere colui che non ha prezzo; * essa riconosceva in lui il Sovrano, * mentre quello se ne separava; * essa fu liberata, * mentre Giuda divenne schiavo del nemico. * Quanto è orrenda la noncuranza * e quanto grande il pentimento! * Concedicelo tu, o Salvatore, * che per noi hai patito, * e salvaci.
Stico 4.: Lodatelo con cembali armoniosi, lodatelo con cembali acclamanti. Tutto ciò che respira lodi il Signore.
Oh, la scelleratezza di Giuda! * Vedeva la meretrice baciare i piedi del Signore, * e meditava il falso bacio del tradimento. * La donna scioglieva i capelli, * e lui veniva legato dalla rabbia, * offrendo malizia maleodorante * in luogo di profumato unguento. * L’invidia non sa infatti scegliere ciò che giova. * Oh la scelleratezza di Giuda! * Da essa libera, o Dio, le anime nostre.
Gloria. Tono 2.
La peccatrice correva ad acquistare l’unguento, * un preziosissimo unguento, per profumarne il benefattore, * e gridava al profumiere: * Dammi l’unguento con cui io possa ungere * colui che ha cancellato i miei peccati.
Ora e sempre. Tono pl. 2.
La donna immersa nel peccato, * ha trovato in te il porto della salvezza, * e versando su di te unguento con lacrime, * esclamava: * Ecco colui che ha il potere di perdonare i peccati!˚ * Ecco colui che attende la conversione dei peccatori!˚ * Salvami dunque, o Sovrano, dai marosi del peccato, * nella tua grande misericordia.
Chi presiede: A te si addice la gloria, Signore Dio nostro, e a te rendi¬a¬mo gloria: al Padre, al Figlio e al santo Spirito ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Il lettore dice la dossologia: Gloria a Dio nel piú alto dei cieli ecc. p. 85.
Ektenía del diacono o del sacerdote: Completiamo la nostra preghiera mattutina, p. 70.
Agli apósticha, i seguenti stichirá idiómela.
Tono pl. 2.
Oggi il Cristo viene nella casa del fariseo˚, * e una donna peccatrice accostandosi a lui, * si butta ai suoi piedi gridando: * Vedi come sono immersa nel peccato, * disperata per le mie azioni, * ma non oggetto di orrore da parte della tua bontà. * Concedimi dunque, o Signore, la remissione dei peccati, * e salvami.
Stico: Siamo stati saziati al mattino dalla tua misericordia, e
La meretrice, o Sovrano, stendeva davanti a te i capelli, * mentre Giuda tendeva le mani agli iniqui: * l’una per ricevere la remissione, l’altro, il denaro. * Perciò noi acclamiamo a te, * che sei stato venduto e ci hai salvati: * Signore, gloria a te.
Stico: Ci sia dato di gioire per i giorni, ecc..
Si avvicinò una donna * maleodorante e coperta di fango, * che versava lacrime sui tuoi piedi, o Salvatore, * confessando la sua passione: * Come potrò fissare gli occhi su di te, mio Sovrano? * Sí, tu sei venuto per salvare dall’abisso la meretrice! * Sono morta, ma tu fammi risorgere, * tu che hai risuscitatato dalla tomba Lazzaro * morto da quattro giorni. * Accoglimi nella mia miseria, Signore, * e salvami.
Stico: E sia lo splendore,
Degna di essere ignorata per la sua vita, * e ben conosciuta per i suoi costumi, * colei che portava l’unguento si avvicinò a te gridando: * Non respingere questa meretrice, * o nato dalla Vergine! * Non disprezzare le mie lacrime, * o gioia degli angeli, * ma accoglimi penitente, * tu che peccatrice non mi hai respinta, o Signore, * nella tua grande misericordia.
Gloria. Ora e sempre. Idiómelon. Tono pl. 4.
Poema di Cassianí monaca.
La donna caduta in molti peccati, Signore˚, * percependo la tua divinità, * si assume l’ufficio di miròfora, * e facendo lamento porta per te l’unguento profumato * prima della tua sepoltura, dicendo˚: * Ahimè, sono prigioniera di una notte tenebrosa e senza luna: * furore di incontinenza, * amore di peccato! * Accetta le fonti delle mie lacrime, * tu che fai passare nelle nubi l’acqua del mare˚; * piègati ai gemiti del mio cuore, * tu che hai piegato i cieli con il tuo ineffabile annientamento˚. * Bacerò i tuoi piedi immacolati * e poi asciugherò con i riccioli del mio capo * questi piedi di cui Eva intese la sera con le sue orecchie * il suono dei passi, e per il timore si nascose˚. * Chi mai potrà scrutare la moltitudine dei miei peccati * e gli abissi dei tuoi giudizi˚, * o tu che salvi le anime, o mio Salvatore? * Non disprezzare questa tua schiava, * tu che possiedi smisurata la grande misericordia˚.
Sacerdote: È bene confessare il Signore e salmeggiare al tuo nome, Altissimo, per annunciare al mattino la tua misericordia e la tua verità lungo la notte.
Quindi, il lettore: Trisagio. Santissima Triade. Padre nostro. Sacerdote: Poiché tuoi sono, p. 15.
Il lettore legge il kondákion: Ho peccato piú della meretrice, come sopra. Il Signore, pietà, 12 volte. Gloria. Ora e sempre. Piú venerabile. Nel nome del Signore, benedici, padre.
Sacerdote: Lui che è benedetto, il Cristo Dio nostro, in ogni tempo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Chi presiede o il sacerdote stesso:
Re celeste, conferma i nostri re (o capi) fedeli; sostieni la fede; placa le nazioni; da’ pace al mondo; custodisci perfet¬tamente questa santa chiesa (o monastero); colloca nelle tende dei giusti˚ i padri e i fratelli che se ne sono andati prima di noi; e accogli noi nella penitenza e nella confessi¬one, perché sei buono e amico degli uomini.
Il Signore che viene alla passione volontaria per la nostra salvezza, Cristo

mercoledì 9 marzo 2016

Sinassario 
OGGI 10 MARZO 2015
Lo stesso giorno, giovedí della
quinta settimana  di  Quaresima, 
l’ufficio di compunzione del grande canone.
Per l’intercessione di sant’Andrea, o Dio,
 abbi pietà di noi e salvaci. 
Amen.

Il Grande Canone penitenziale di Sant'Andrea di Creta

Un grande canto alla misericordia e alla bontà di Dio, manifestata in Cristo.

Le Chiese di tradizione bizantina durante la prima settimana della grande Quaresima, all'ufficiatura dell'apodipnon (compieta) cantano diverse parti del cànone penitenziale di sant'Andrea di Creta. Vissuto tra il 660 ed il 740, Andrea scrisse questo testo che è un grande canto alla misericordia e alla bontà di Dio, manifestata in Cristo, canto che è frutto di una lettura, di una vera lectio divina di tutta la Sacra Scrittura. Si tratta di un testo assai lungo, molto profondo e bello, non sempre facile, a cui sono stati aggiunti più tardi dei tropari su santa Maria Egiziaca e sullo stesso sant'Andrea di Creta.
Il testo è formato da nove odi che seguono i nove cantici biblici - otto dall'Antico Testamento e due dal Nuovo - che fanno parte del mattutino bizantino. Il primo dei tropari di ognuna delle odi dà il collegamento cristologico o ecclesiologico del testo stesso: "Fa’ attenzione, o cielo, e parlerò, e celebrerò il Cristo, venuto dalla Vergine nella carne… Rafforza, o Dio, la tua Chiesa, sull’inamovibile roccia dei tuoi comandamenti… Ha udito il profeta della tua venuta, o Signore, e ha avuto timore, ha udito che nascerai dalla Vergine e ti mostrerai agli uomini, e diceva: Ho udito il tuo annunzio e ho avuto timore; gloria alla tua potenza."

Lungo le nove odi troviamo l'evolversi di diversi temi biblici, ad iniziare da quelli veterotestamentari per passare nella stessa ode a quelli del Nuovo Testamento: il tema di Adamo ed Eva e di Caino ed Abele e quindi quello del Figlio prodigo e del Buon Samaritano (I ode): "Avendo emulato nella trasgressione Adamo, il primo uomo creato, mi sono riconosciuto spogliato di Dio, del regno e del gaudio eterno, a causa del mio peccato… Ahimè, anima infelice! Perché ti sei fatta simile alla prima Eva? …hai toccato l’albero e hai gustato sconsideratamente il cibo dell’inganno… Cadendo con l’intenzione nella stessa sete di sangue di Caino, sono divenuto l’assassino della mia povera anima… Consumata la ricchezza dell’anima con le dissolu­tezze, sono privo di pie virtú, e affamato grido: O padre di pietà, vienimi incontro tu con la tua compas­sione… Sono io colui che era incappato nei ladroni, che sono i miei pensie­ri, mi hanno riempito di piaghe: vieni dunque tu stesso a curarmi o Cristo Salvatore". Ancora nella II ode troviamo il tema del peccato di Adamo ed Eva, assieme alle figure del pubblicano e della prostituta: "Ho oscurato la bellezza dell’anima con le voluttà passionali, e ho ridotto totalmente in polvere il mio intelletto. Ho lacerato la mia prima veste, quella che ha tessuta per me il Creatore… Ho indossato una tunica lacerata, quella che mi ha tessuto il serpente col suo consiglio, e sono pieno di vergogna. Anch’io ti presento, o pietoso, le lacrime della meretrice: siimi propizio, o Salvatore, nella tua amorosa compassione… Anche le mie lacrime accogli, o Salvatore, come unguento. Come il pubblicano a te grido: Siimi propizio, o Salvatore, siimi propizio!".

Le odi III e IV sviluppano il tema della fede di Abramo, la scala di Giacobbe, la figura di Giobbe, e assieme presentano la Croce come il luogo dove Cristo rinnova la natura decaduta dell'uomo: "Ho imbrattato il mio corpo, ho macchiato lo spirito, sono tutto pieno di piaghe; ma tu, o Cristo medico, curami spirito e corpo con la penitenza, bagnami, purificami, lavami: rendimi piú puro della neve… Crocifisso per tutti, hai offerto il tuo corpo e il tuo sangue, o Verbo: il corpo per riplasmarmi, il sangue per lavarmi; e hai emesso lo spirito, per portar­mi, o Cristo, al tuo Genitore… Hai operato la salvezza in mezzo alla terra… per tuo volere sei stato inchio­dato sull’albero della croce e l’Eden che era stato chiuso, si è aperto… Sia mio fonte battesimale il sangue del tuo costa­to, e bevanda l’acqua di remissione che ne è zam­pillata… e venga unto, bevendo come crisma e bevanda, la tua vivi­ficante parola, o Verbo". Le odi V, VI e VII contemplano l­'esperienza di deserto e di infedeltà del popolo e dei re di Israele, ed anche Cristo che guarisce e salva: "Per me, tu che sei Dio, hai assunto la mia forma; hai operato prodigi, sanando lebbrosi, raddriz­zando paralitici, arrestando il flusso del sangue in colei che ti toccava la frangia del vestito, o Salvatore.. Imita, o anima, colei che era curva fino a terra: accòstati, gèttati ai piedi di Gesú, perché egli ti raddrizzi e tu cammini diritta per i sentieri del Signo­re". Nell'ottava ode troviamo presentati i grandi penitenti dell'Antico e del Nuovo Testamento: "Hai sentito parlare, o anima, dei niniviti, della loro peniten­za in sacco e cenere davanti a Dio: tu non li hai imita­ti, ma sei stata piú stolta di tutti coloro che hanno pec-cato prima e dopo la Legge… Come il ladrone, grido a te: Ricòrdati! Come Pietro, piango amaramente; perdonami, Salvatore, a te io grido come il pubblicano; piango come la meretri­ce: accogli il mio gemito, come un tempo quello della cananea".

Infine dopo tutti gli esempi e i modelli dell'Antico Testamento, Andrea di Creta nell'ode IX - che è quella che prevede anche i cantici di Zaccaria e di Maria di Lc 1-, presenta tutto il mistero salvifico di Cristo stesso che annunzia la Buona Novella, che guarisce, che chiama l'umanità per seguirlo, che salva: "Ti porto gli esempi del Nuovo Testamento, o anima, per indurti a compunzione: Cristo si è fatto uomo per chiamare a penitenza ladroni e prostitute… Cristo si è fatto bambino secondo la carne per conversare con me, e ha compiuto volontariamente tutto ciò che è della natura, eccetto il peccato… Cristo ha salvato i magi, ha convocato i pastori, ha reso martiri folle di bimbi… Il Signore, dopo aver digiunato quaranta giorni nel deserto, infine ebbe fame, mostrando cosí la sua umanità… Cristo raddrizzò il paralitico, risuscitò giovani defunti… Il Signore guarí l’emorroissa che gli toccò la frangia, purificando lebbrosi e illuminando ciechi; fece pure camminare gli zoppi… perché tu potessi salvarti, anima infelice… Guarendo le malattie, Cristo, il Verbo, ha evangeliz­za­to i poveri… Il pubblicano si è salvato e la prostituta è dive­nu­ta casta…".
Il testo del grande cànone di Andrea di Creta è un racconto di tutta la storia della salvezza adoperata da Dio verso ognuno di noi: "Ti ho presentato, o anima, il racconto dell’inizio del mondo scritto da Mosè, tutta la Scrittura che ci viene da lui e che ti narra di giusti e ingiu­sti… Ti porto gli esempi del Nuovo Testamento, o anima, per indurti a compunzione: emula dunque i giusti, distogliti dai peccatori e renditi propizio Cristo con preghiere e digiuni, con castità e decoro". Si tratta di un testo che ci mette davanti i diversi aspetti con cui la Chiesa lungo la Quaresima ci confronta, cioè la mi­sericordia di Dio e quindi per mezzo di essa il nostro cammino di ritorno a Dio, avendo Cristo stesso come pastore e come guida, Lui che porta per mano Adamo verso Eva, che prende la mano di Pietro che affonda nelle acque, che fa alzare il bambino epilettico guarito, e che finalmente il giorno di Pasqua prende di nuovo per mano Adamo ed Eva per fargli uscire dagli inferi e riportarli nel paradiso.

P. Manuel Nin osb (2011)
Pontificio Collegio Greco, Roma