lunedì 31 dicembre 2012



1˚ GENNAIO 2013
   Circoncisione secondo la carne del Signore, Dio e Sal­va­tore nostro Gesú Cristo; e memoria del nostro santo padre Ba­si­lio il grande (379).
                        VESPRO
Stichirá idiómela della festa. Tono pl. 4.
 


  Il Salvatore, * discendendo presso il genere umano,  accettò di essere avvolto in fasce; non ebbe orrore del­la circoncisione della carne, colui che, quanto alla Madre, * era nato da otto giorni˚, * e quanto al Padre era senza prin­cipio. * A lui, o fedeli, acclamiamo: * Tu sei il nostro Dio, abbi pietà di noi. 2 volte
Non si vergognò, il Dio di ogni bontà, * di ricevere la cir­concisione della carne, * ma a tutti diede se stesso * qua­le mo­dello ed esempio * per la salvezza: * l’autore del­la Legge * a­dem­pie infatti i comandi della Legge * e quan­to a suo riguar­do * era stato annunciato dai profeti. * O tu che tutto tieni in tua mano * e sei avvolto in fasce, * Signore, gloria a te.
Altri stichirá prosómia, del santo. Tono 4.
Tu che sei stato chiamato dall’Altissimo.
O tu, il cui nome significa ‘regno’, * quando comin­ciasti a pascere * con filosofia e scienza, o padre, * il sa­cerdozio regale, * il popolo santo di Cristo˚, * allora, o Ba­silio, * ti ornò del diadema del regno * il Re dei re e Signore di tutti˚, * colui che noi conosciamo eterno Figlio del Padre * e come lui senza principio: * supplicalo di salvare e illu­minare * le anime nostre.
Risplendente nei paramenti pontificali, * con gioia hai annunziato * il vangelo del regno, o Basilio, * riversando sulla Chiesa * insegnamenti di retta fede: * da essi illuminati, * noi proclamiamo ora l’unica Divinità * nel Padre onnipotente, * nell’Unigenito Verbo di Dio * e nel divino Spirito, * e la glorifi­chiamo indivisa, in tre Persone; * supplicala di salvare e illu­minare * le anime nostre.
Tu che ora sei unito ai cori celesti, * e con essi dimori, * padre Basilio, * dopo averne emulato la vita * col lu­minoso splendore della tua condotta, * perché, ancora nel corpo, * tra gli abitanti della terra * vivevi come libero da car­ne: * supplica il Cristo Dio nostro * di salvare dai peri­coli * e dalla tenebra dell’ignoranza * noi che godiamo * della tua dottrina divina­mente ispirata, * e di illuminare le anime nostre.
Gloria. Del santo. Tono pl. 4. Di Anatolio.
Divenuto amante della sapienza, * o santo, * e avendo preferito la comunione di vita con Dio˚ * a tutte le cose crea­­te, * hai giustamente lasciato alla vita terrena * la preoccupazione della morte; * liberandoti infatti dalle passioni della carne * con le fatiche della continenza, * e conservando libera la di­gnità dell’anima * con la divina meditazione della Legge, * per l’abbondare della virtú * hai sottomesso allo spirito * tutto il sen­tire carnale. * Poi­ché dunque hai odiato la carne, * il mon­do e il domi­natore di questo mondo˚, * e ora te ne stai presso Cristo, * chiedi per le anime nostre * la grande misericordia˚.
Ora e sempre. Della festa. Stesso tono.
Il Salvatore, * discendendo presso il genere umano, * ac­cettò di essere avvolto in fasce; * non ebbe orrore della cir­concisione della carne, * colui che, quanto alla Madre, * era nato da otto giorni˚, * e quanto al Padre era senza principio. * A lui, o fedeli, acclamiamo: * Tu sei il nostro Dio, * abbi pietà di noi.
Ingresso, Luce gioiosa, il prokímenon del giorno e le letture.
Lettura del libro della Genesi (17,1-14).
Il Signore apparve ad Abramo e gli disse: Io sono il tuo Dio: sii gradito al mio cospetto, e sii irre­prensibile. Ed io stabilirò la mia alleanza tra me e te, e ti moltiplicherò grande­mente. Abramo cadde con la faccia a terra, e Dio gli disse: Ec­co­mi, la mia alleanza è con te, e tu sarai padre di una molti­tudine di genti. Il tuo nome non sarà piú Abram, ma Abraam, perché io ti ho costituito padre di molte genti. Ti accrescerò moltissimo, ti farò diventare genti, e re usciranno da te. Sta­bilirò la mia alleanza tra me e te e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni, come alleanza eterna, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te. E darò a te e alla tua discendenza dopo di te la terra dove dimori come stra­nie­ro, tutta la terra di Canaan, in possesso eterno, e sarò il loro Dio.
E Dio disse ad Abramo: Tu poi osserverai la mia alleanza, tu e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni. E questa è l’alleanza che osserverai, l’alleanza tra me e la tua discendenza dopo di te, per le loro generazioni. Ogni vostro maschio sarà circonciso; circonciderete la carne del vostro prepuzio, e ciò sarà segno dell’alleanza tra me e voi. Quando avrà otto giorni, ogni bambino maschio sarà da voi circon­ciso, per le vostre generazioni; anche il servo nato in casa e quello comprato con denaro da qualunque figlio di straniero, che non è della tua stirpe, lo si dovrà circoncidere: il servo nato nella tua casa e quello comprato con denaro. E la mia alleanza sarà nella vostra carne come alleanza eterna. Il ma­schio non circonciso, al quale non sarà stata circoncisa la carne del prepuzio il giorno ottavo, quell’anima verrà elimi­nata dalla sua gente: perché ha violato la mia alleanza.
Lettura del libro dei Proverbi (8,22-30).
Il Signore mi ha creata quale principio delle sue vie, in vista delle sue opere. Prima dei secoli mi ha fondata, in principio, prima di fare la terra, prima di fare gli abissi, prima che scaturissero le sorgenti delle acque. Prima che fossero fissati i monti, prima di tutti i colli mi ha generata. Il Signore ha fatto le regioni abitate e quelle deserte, e le piú alte zone abitate della terra. Quando predisponeva il cielo, io ero con lui, e quando separava il suo trono sopra i venti. Quando rendeva potenti le nubi dei cieli, e quando assicurava le sorgenti della terra. Quando poneva un limite al mare - e le sue acque non lo oltrepasseranno - e faceva robuste le fon­da­menta della terra, io ero presso di lui come ordinatrice. È in me che egli si rallegrava; e io ogni giorno gioivo al suo cospet­to in ogni tempo.
Lettura del libro dei Proverbi e della Sapienza di Sa­lo­mone (passim).
La bocca del giusto stilla sapienza, e le labbra degli uo­mini conoscono le grazie. La bocca dei sapienti medita la sapienza: e la giustizia li libera dalla morte. Alla morte di un uomo giusto, non è perduta la speranza, perché un figlio giusto nasce alla vita, e mieterà fra i suoi beni un frutto di giustizia. Luce sempiterna per i giusti; presso il Signore troveranno grazia e gloria. La lingua dei sapienti conosce il bene, e nel loro cuore riposa la sapienza. Il Signore ama i cuori santi, e gli sono accetti tutti coloro che sono immacolati nel loro cammino. La sapienza del Signore illumina il volto del­l’assennato: essa infatti previene quelli che la desiderano, prima di essere conosciuta, ed è facilmente contemplata da quelli che la amano. Chi di primo mattino la cerca non fati­cherà, e chi veglia per lei sarà presto senza affanni. Perché essa va in giro alla ricerca di quelli che sono degni di lei, e con benevolenza appare loro sui sentieri.
Mai il male prevarrà sulla sapienza. Per questo mi sono innamorato della sua bellezza, l’ho amata e l’ho ricercata dalla giovinezza, e mi sono studiato di pren­derla come sposa. Per­ché il Creatore dell’universo l’ha amata. Essa infatti è ini­zia­trice alla scienza di Dio, ed è lei che sceglie le sue opere. Le sue fatiche sono virtú: è lei che insegna temperanza e pru­denza, giustizia e fortezza, delle quali nulla è piú utile agli uo­mini nella vita. Se poi uno desidera molta esperienza, essa sa farsi un’idea delle cose antiche e delle future; conosce le sottigliezze dei discorsi e le soluzioni degli enigmi; prevede segni e prodigi e le vicende dei tempi e delle epoche: è per tutti buon consigliere. Perché in essa c’è immortalità, e buona fa­ma nella partecipazione ai suoi discorsi.
Per questo pregai il Signore, lo supplicai e gli dissi con tutto il cuore: Dio dei padri e Signore di misericordia, tu che hai fatto tutte le cose con la tua parola, e che con la tua sapienza hai creato l’uomo perché domini sulle creature da te fatte e governi il mondo con santità e giustizia: dammi la sapienza che siede con te in trono, e non mi escludere dal numero dei tuoi figli, perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella. Mandala dalla tua santa dimora e dal trono della tua gloria, affinché mi assista e mi insegni ciò che ti è gradito, e mi guidi nella conoscenza e mi custodisca nella sua gloria. Perché i pensieri dei mortali sono tutti timidi, e incerte le loro riflessioni.
Apósticha stichirá idiómela. Tono 1. Di Byzas.
O divina e sacra ape * della Chiesa di Cristo, * Basilio beatissimo! * Tu infatti, armato del pungiglione * del divino amore, * hai trafitto le be­stemmie * delle eresie odiose a Dio, * e hai accumulato nel­le anime dei fedeli * la dolcezza della pietà. * Percor­rendo ora i prati divini * del pascolo im­ma­colato, * ricòrdati anche di noi, * poiché stai presso la Tria­de con­su­stanziale.
Stico: La mia bocca parlerà sapienza, e la medi­tazione del mio cuore intelligenza.
Di Basilio monaco. Stesso tono.
Di tutti i santi hai riprodotto le virtú, * padre nostro Basilio: * di Mosè, la mitezza˚, * di Elia, lo zelo˚, * di Pietro, la confes­sione˚; * di Giovanni, la teo­logia, * e, come Paolo, non hai ces­sa­to di gridare: * Chi è de­bo­le, che io non lo sia? * Chi subi­sce scandali, * senza che io ne arda˚? * Ora che abiti con loro, * supplica per la salvezza delle anime nostre.
Stico: La bocca del giusto mediterà la sapienza, e la sua lingua parlerà del giudizio.
Di Giovanni monaco. Tono 2.
Hai studiato la natura degli esseri, * e di tutti hai consi­derato l’instabilità; * immutabile hai trovato solo colui che, * oltre ogni essenza, * è Artefice dell’universo. * Cosí, piú che mai aderendo a lui, * hai respinto l’amore per ciò che non è. * In­tercedi affinché anche noi * giun­giamo al divino amore, * o Basilio, iniziatore ai misteri.
Gloria. Del santo. Tono pl. 2.
Tu che hai ricevuto dall’alto * la grazia dei miracoli, * e che con le tue dottrine * hai condannato al vituperio l’inganno degli idoli, * sei gloria e fondamento dei ponte­fici, * o beatis­si­mo Basilio, * ed esempio della dottrina * di tutti i padri. * Poi­ché hai famigliarità con Cristo, * supplicalo per la salvezza * delle anime nostre.
Ora e sempre. Della festa. Tono pl. 4.
Non si vergognò, il Dio di ogni bontà, * di ricevere la cir­concisione della carne, * ma a tutti diede se stesso * quale mo­del­lo ed esempio * per la salvezza: * l’autore della Legge * adempie infatti i comandi della Legge * e quanto a suo ri­guar­do * era stato annunciato dai profeti. * O tu che tutto tieni in tua mano * e sei avvolto in fasce, * Signore, gloria a te.
Apolytíkion del santo. Tono 1.
Per tutta la terra è uscita la tua voce˚, * poiché essa ha accolto la tua parola * con la quale hai definito divine dottrine, * hai illustrato la natura degli esseri, * hai ordinato i costumi degli uomini. * Regale sacerdozio˚, * pa­dre santo, * pre­ga il Cristo Dio * perché ci doni * la grande misericordia˚.
Un altro, della festa. Stesso tono. Sigillata la pietra.


Senza mutamento hai assunto forma umana, * essendo Dio per essenza, * o pietosissimo Signore. * E, adem­piendo la Legge, * volontariamente ricevi * la circoncisione della carne, * per far cessare le ombre * e to­glie­re il velo delle nostre passioni. * Gloria alla tua bontà; * gloria alla tua amo­ro­sa compassione; * gloria, o Verbo, * alla tua inesprimibile con­discendenza.
Congedo.
Colui che l’ottavo giorno ha accettato di essere circonciso nella carne per la nostra salvezza, Cristo, vero Dio nostro, ecc.


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI 

PER LA CELEBRAZIONE DELLA XLVI GIORNATA MONDIALE DELLA PACE   
1° GENNAIO 2013

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

1. Ogni anno nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera.
A 50 anni dall’inizio del Concilio Vaticano II, che ha consentito di rafforzare la missione della Chiesa nel mondo, rincuora constatare che i cristiani, quale Popolo di Dio in comunione con Lui e in cammino tra gli uomini, si impegnano nella storia condividendo gioie e speranze, tristezze ed angosce [1], annunciando la salvezza di Cristo e promuovendo la pace per tutti.
In effetti, i nostri tempi, contrassegnati dalla globalizzazione, con i suoi aspetti positivi e negativi, nonché da sanguinosi conflitti ancora in atto e da minacce di guerra, reclamano un rinnovato e corale impegno nella ricerca del bene comune, dello sviluppo di tutti gli uomini e di tutto l’uomo.
Allarmano i focolai di tensione e di contrapposizione causati da crescenti diseguaglianze fra ricchi e poveri, dal prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato. Oltre a svariate forme di terrorismo e di criminalità internazionale, sono pericolosi per la pace quei fondamentalismi e quei fanatismi che stravolgono la vera natura della religione, chiamata a favorire la comunione e la riconciliazione tra gli uomini.

E tuttavia, le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull’uomo. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio.

Tutto ciò mi ha suggerito di ispirarmi per questo Messaggio alle parole di Gesù Cristo: « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio » (Mt 5,9).
La beatitudine evangelica
2. Le beatitudini, proclamate da Gesù (cfr Mt 5,3-12 e Lc 6,20-23), sono promesse. Nella tradizione biblica, infatti, quello della beatitudine è un genere letterario che porta sempre con sé una buona notizia, ossia un vangelo, che culmina in una promessa. Quindi, le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell’altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità. La beatitudine consiste, piuttosto, nell’adempimento di una promessa rivolta a tutti coloro che si lasciano guidare dalle esigenze della verità, della giustizia e dell’amore. Coloro che si affidano a Dio e alle sue promesse appaiono spesso agli occhi del mondo ingenui o lontani dalla realtà. Ebbene, Gesù dichiara ad essi che non solo nell’altra vita, ma già in questa scopriranno di essere fi gli di Dio, e che da sempre e per sempre Dio è del tutto solidale con loro. Comprenderanno che non sono soli, perché Egli è dalla parte di coloro che s’impegnano per la verità, la giustizia e l’amore. Gesù, rivelazione dell’amore del Padre, non esita ad offrirsi nel sacrificio di se stesso. Quando si accoglie Gesù Cristo, Uomo-Dio, si vive l’esperienza gioiosa di un dono immenso: la condivisione della vita stessa di Dio, cioè la vita della grazia, pegno di un’esistenza pienamente beata. Gesù Cristo, in particolare, ci dona la pace vera che nasce dall’incontro fiducioso dell’uomo con Dio.

La beatitudine di Gesù dice che la pace è dono messianico e opera umana ad un tempo. In effetti, la pace presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza. È frutto del dono reciproco, di un mutuo arricchimento, grazie al dono che scaturisce da Dio e permette di vivere con gli altri e per gli altri. L’etica della pace è etica della comunione e della condivisione. È indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici, in forza dei quali i rapporti della convivenza vengono ispirati a criteri di potere o di profitto, i mezzi diventano fini e viceversa, la cultura e l’educazione sono centrate soltanto sugli strumenti, sulla tecnica e sull’efficienza. Precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell’assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell’imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo. La pace è costruzione della convivenza in termini razionali e morali, poggiando su un fondamento la cui misura non è creata dall’uomo, bensì da Dio. « Il Signore darà potenza al suo popolo, benedirà il suo popolo con la pace », ricorda il Salmo 29 (v. 11).

La pace: dono di Dio e opera dell’uomo
3. La pace concerne l’integrità della persona umana ed implica il coinvolgimento di tutto l’uomo. È pace con Dio, nel vivere secondo la sua volontà. È pace interiore con se stessi, e pace esteriore con il prossimo e con tutto il creato. Comporta principalmente, come scrisse il beato Giovanni XXIII nell’Enciclica Pacem in terris, di cui tra pochi mesi ricorrerà il cinquantesimo anniversario, la costruzione di una convivenza fondata sulla verità, sulla libertà, sull’amore e sulla giustizia [2]. La negazione di ciò che costituisce la vera natura dell’essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la verità sull’uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l’amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio.
Per diventare autentici operatori di pace sono fondamentali l’attenzione alla dimensione trascendente e il colloquio costante con Dio, Padre misericordioso, mediante il quale si implora la redenzione conquistataci dal suo Figlio Unigenito. Così l’uomo può vincere quel germe di oscuramento e di negazione della pace che è il peccato in tutte le sue forme: egoismo e violenza, avidità e volontà di potenza e di dominio, intolleranza, odio e strutture ingiuste.

La realizzazione della pace dipende soprattutto dal riconoscimento di essere, in Dio, un’unica famiglia umana. Essa si struttura, come ha insegnato l’Enciclica Pacem in terris, mediante relazioni interpersonali ed istituzioni sorrette ed animate da un « noi » comunitario, implicante un ordine morale, interno ed esterno, ove si riconoscono sinceramente, secondo verità e giustizia, i reciproci diritti e i vicendevoli doveri. La pace è ordine vivificato ed integrato dall’amore, così da sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, fare partecipi gli altri dei propri beni e rendere sempre più diffusa nel mondo la comunione dei valori spirituali. È ordine realizzato nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di persone, che per la loro stessa natura razionale, assumono la responsabilità del proprio operare [3].
La pace non è un sogno, non è un’utopia: è possibile. I nostri occhi devono vedere più in profondità, sotto la superficie delle apparenze e dei fenomeni, per scorgere una realtà positiva che esiste nei cuori, perché ogni uomo è creato ad immagine di Dio e chiamato a crescere, contribuendo all’edificazione di un mondo nuovo. Infatti, Dio stesso, mediante l’incarnazione del Figlio e la redenzione da Lui operata, è entrato nella storia facendo sorgere una nuova creazione e una nuova alleanza tra Dio e l’uomo (cfr Ger 31,31-34), dandoci la possibilità di avere « un cuore nuovo » e « uno spirito nuovo » (cfr Ez 36,26).

Proprio per questo, la Chiesa è convinta che vi sia l’urgenza di un nuovo annuncio di Gesù Cristo, primo e principale fattore dello sviluppo integrale dei popoli e anche della pace. Gesù, infatti, è la nostra pace, la nostra giustizia, la nostra riconciliazione (cfr Ef 2,14; 2 Cor 5,18). L’operatore di pace, secondo la beatitudine di Gesù, è colui che ricerca il bene dell’altro, il bene pieno dell’anima e del corpo, oggi e domani.

Da questo insegnamento si può evincere che ogni persona e ogni comunità – religiosa, civile, educativa e culturale –, è chiamata ad operare la pace. La pace è principalmente realizzazione del bene comune delle varie società, primarie ed intermedie, nazionali, internazionali e in quella mondiale. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace.

Operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la vita nella sua integralità
4. Via di realizzazione del bene comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono, allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita.

Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto fondamentale alla vita.

Anche la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale.
Questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace.

Perciò, è anche un’importante cooperazione alla pace che gli ordinamenti giuridici e l’amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all’uso del principio dell’obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l’aborto e l’eutanasia.
Tra i diritti umani basilari, anche per la vita pacifica dei popoli, vi è quello dei singoli e delle comunità alla libertà religiosa. In questo momento storico, diventa sempre più importante che tale diritto sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da – ad esempio, da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione –, ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di: ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi; di esistere e agire come organismi sociali, strutturati secondo i principi dottrinali e i fini istituzionali che sono loro propri. Purtroppo, anche in Paesi di antica tradizione cristiana si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo e di coloro che semplicemente indossano i segni identitari della propria religione.
L’operatore di pace deve anche tener presente che, presso porzioni crescenti dell’opinione pubblica, le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell’erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali. Ora, va considerato che questi diritti e doveri sono fondamentali per la piena realizzazione di altri, a cominciare da quelli civili e politici.

Tra i diritti e i doveri sociali oggi maggiormente minacciati vi è il diritto al lavoro. Ciò è dovuto al fatto che sempre più il lavoro e il giusto riconoscimento dello statuto giuridico dei lavoratori non vengono adeguatamente valorizzati, perché lo sviluppo economico dipenderebbe soprattutto dalla piena libertà dei mercati. Il lavoro viene considerato così una variabile dipendente dei meccanismi economici e finanziari. A tale proposito, ribadisco che la dignità dell’uomo, nonché le ragioni economiche, sociali e politiche, esigono che si continui « a perseguire quale priorità l’obiettivo dell’accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti » [4]. In vista della realizzazione di questo ambizioso obiettivo è precondizione una rinnovata considerazione del lavoro, basata su principi etici e valori spirituali, che ne irrobustisca la concezione come bene fondamentale per la persona, la famiglia, la società. A un tale bene corrispondono un dovere e un diritto che esigono coraggiose e nuove politiche del lavoro per tutti.

Costruire il bene della pace mediante un nuovo modello di sviluppo e di economia

5. Da più parti viene riconosciuto che oggi è necessario un nuovo modello di sviluppo, come anche un nuovo sguardo sull’economia. Sia uno sviluppo integrale, solidale e sostenibile, sia il bene comune esigono una corretta scala di beni-valori, che è possibile strutturare avendo Dio come riferimento ultimo. Non è sufficiente avere a disposizione molti mezzi e molte opportunità di scelta, pur apprezzabili. Tanto i molteplici beni funzionali allo sviluppo, quanto le opportunità di scelta devono essere usati secondo la prospettiva di una vita buona, di una condotta retta che riconosca il primato della dimensione spirituale e l’appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli.
Per uscire dall’attuale crisi finanziaria ed economica – che ha per effetto una crescita delle disuguaglianze – sono necessarie persone, gruppi, istituzioni che promuovano la vita favorendo la creatività umana per trarre, perfino dalla crisi, un’occasione di discernimento e di un nuovo modello economico. Quello prevalso negli ultimi decenni postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un’ottica individualistica ed egoistica, intesa a valutare le persone solo per la loro capacità di rispondere alle esigenze della competitività. In un’altra prospettiva, invece, il vero e duraturo successo lo si ottiene con il dono di sé, delle proprie capacità intellettuali, della propria intraprendenza, poiché lo sviluppo economico vivibile, cioè autenticamente umano, ha bisogno del principio di gratuità come espressione di fraternità e della logica del dono [5]. Concretamente, nell’attività economica l’operatore di pace si configura come colui che instaura con i collaboratori e i colleghi, con i committenti e gli utenti, rapporti di lealtà e di reciprocità. Egli esercita l’attività economica per il bene comune, vive il suo impegno come qualcosa che va al di là del proprio interesse, a beneficio delle generazioni presenti e future. Si trova così a lavorare non solo per sé, ma anche per dare agli altri un futuro e un lavoro dignitoso.

Nell’ambito economico, sono richieste, specialmente da parte degli Stati, politiche di sviluppo industriale ed agricolo che abbiano cura del progresso sociale e dell’universalizzazione di uno Stato di diritto e democratico. È poi fondamentale ed imprescindibile la strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali; essi vanno stabilizzati e maggiormente coordinati e controllati, in modo da non arrecare danno ai più poveri. La sollecitudine dei molteplici operatori di pace deve inoltre volgersi – con maggior risolutezza rispetto a quanto si è fatto sino ad oggi – a considerare la crisi alimentare, ben più grave di quella finanziaria. Il tema della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari è tornato ad essere centrale nell’agenda politica internazionale, a causa di crisi connesse, tra l’altro, alle oscillazioni repentine dei prezzi delle materie prime agricole, a comportamenti irresponsabili da parte di taluni operatori economici e a un insufficiente controllo da parte dei Governi e della Comunità internazionale. Per fronteggiare tale crisi, gli operatori di pace sono chiamati a operare insieme in spirito di solidarietà, dal livello locale a quello internazionale, con l’obiettivo di mettere gli agricoltori, in particolare nelle piccole realtà rurali, in condizione di poter svolgere la loro attività in modo dignitoso e sostenibile dal punto di vista sociale, ambientale ed economico.

Educazione per una cultura di pace: il ruolo della famiglia e delle istituzioni

6. Desidero ribadire con forza che i molteplici operatori di pace sono chiamati a coltivare la passione per il bene comune della famiglia e per la giustizia sociale, nonché l’impegno di una valida educazione sociale.
Nessuno può ignorare o sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico. Essa ha una naturale vocazione a promuovere la vita: accompagna le persone nella loro crescita e le sollecita al mutuo potenziamento mediante la cura vicendevole. In specie, la famiglia cristiana reca in sé il germinale progetto dell’educazione delle persone secondo la misura dell’amore divino. La famiglia è uno dei soggetti sociali indispensabili nella realizzazione di una cultura della pace. Bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell’educazione dei figli, in primo luogo nell’ambito morale e religioso. Nella famiglia nascono e crescono gli operatori di pace, i futuri promotori di una cultura della vita e dell’amore [6].

In questo immenso compito di educazione alla pace sono coinvolte in particolare le comunità religiose. La Chiesa si sente partecipe di una così grande responsabilità attraverso la nuova evangelizzazione, che ha come suoi cardini la conversione alla verità e all’amore di Cristo e, di conseguenza, la rinascita spirituale e morale delle persone e delle società. L’incontro con Gesù Cristo plasma gli operatori di pace impegnandoli alla comunione e al superamento dell’ingiustizia.
Una missione speciale nei confronti della pace è ricoperta dalle istituzioni culturali, scolastiche ed universitarie. Da queste è richiesto un notevole contributo non solo alla formazione di nuove generazioni di leader, ma anche al rinnovamento delle istituzioni pubbliche, nazionali e internazionali. Esse possono anche contribuire ad una riflessione scientifica che radichi le attività economiche e finanziarie in un solido fondamento antropologico ed etico. Il mondo attuale, in particolare quello politico, necessita del supporto di un nuovo pensiero, di una nuova sintesi culturale, per superare tecnicismi ed armonizzare le molteplici tendenze politiche in vista del bene comune. Esso, considerato come insieme di relazioni interpersonali ed istituzionali positive, a servizio della crescita integrale degli individui e dei gruppi, è alla base di ogni vera educazione alla pace.

Una pedagogia dell’operatore di pace
7. Emerge, in conclusione, la necessità di proporre e promuovere una pedagogia della pace. Essa richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità. Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza. Incoraggiamento fondamentale è quello di « dire no alla vendetta, di riconoscere i propri torti, di accettare le scuse senza cercarle, e infine di perdonare » [7], in modo che gli sbagli e le offese possano essere riconosciuti in verità per avanzare insieme verso la riconciliazione. Ciò richiede il diffondersi di una pedagogia del perdono. Il male, infatti, si vince col bene, e la giustizia va ricercataimitando Dio Padre che ama tutti i suoi fi gli (cfr Mt 5,21-48). È un lavoro lento, perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un’esistenza atrofizzata vissuta nell’indifferenza. Al contrario, la pedagogia della pace implica azione, compassione, solidarietà, coraggio e perseveranza.

Gesù incarna l’insieme di questi atteggiamenti nella sua esistenza, fi no al dono totale di sé, fino a « perdere la vita » (cfr Mt 10,39; Lc 17,33; Gv 12,25). Egli promette ai suoi discepoli che, prima o poi, faranno la straordinaria scoperta di cui abbiamo parlato inizialmente, e cioè che nel mondo c’è Dio, il Dio di Gesù, pienamente solidale con gli uomini. In questo contesto, vorrei ricordare la preghiera con cui si chiede a Dio di renderci strumenti della sua pace, per portare il suo amore ove è odio, il suo perdono ove è offesa, la vera fede ove è dubbio. Da parte nostra, insieme al beato Giovanni XXIII, chiediamo a Dio che illumini i responsabili dei popoli, affinché accanto alla sollecitudine per il giusto benessere dei loro cittadini garantiscano e difendano il prezioso dono della pace; accenda le volontà di tutti a superare le barriere che dividono, a rafforzare i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri e a perdonare coloro che hanno recato ingiurie, così che in virtù della sua azione, tutti i popoli della terra si affratellino e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace [8].

Con questa invocazione, auspico che tutti possano essere veri operatori e costruttori di pace, in modo che la città dell’uomo cresca in fraterna concordia, nella prosperità e nella pace.

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2012



BENEDICTUS PP XVI

giovedì 27 dicembre 2012


CATTEDRALE DI S. DEMETRIO M. 
ANNO della FEDE
Orari delle Celebrazioni Liturgiche

 








         Lunedi     31    Dicembre 2012
Ore 18,00 Vespro  Solenne
Martedi 1 Gennaio 2013
 Circoncisione secondo la carne del Signore Gesú Cristo            
 memoria di S. Ba­si­lio il Grande
       Ore 10,30  Divina Liturgia di S. Basilio
Venerdi 4 Gennaio 2013
Ore 9.30 Ufficio delle Grandi Ore

Sabato 5 Gennaio 2013
Ore 18.00 Vespro solenne e Grande benedizione delle acque

DOMENICA    6 GENNAIO 2013
  Santa Teofania di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ore 7.30 Divina Liturgia
Ore 10.30 Pontificale 
presiede S.Ecc.za Rev.ma SOTIR
e
Grande benedizione delle acque te tre kanojet

Ore 18.30 Ufficio del Vespro

domenica 23 dicembre 2012

PARROCCHIA S. DEMETRIO MEGALOMARTIRE

                                                                                                  SANTO NATALE 2012 



           Kristòs jennàte,doksasate; Kristòs eks uranòn,apandisate,

Kristòs epi jis,ipsòthite

.Asate to Kjirìo,pasa i ji,kje en evfrosìni animn’sate laì, òti dhedhòksaste


           Shi lehet Krishti, lëvdonie shi vien nga kjellia ju te pritëni.

Shi Krishti mbi dhe:ju ngrëhuni.

Zotit po t’i këndoni jeta e gjithë,edhe ndë gëzime, zëni kënka,  popuj,juse u lëvdërua ai.


              Cristo nasce, rendete gloria; * Cristo scende dai cieli,
            anda­tegli incontro; * Cristo è sulla terra, elevatevi. *

 Cantate al Signore da tutta la terra˚, *

 e con letizia cele­bra­telo, o popoli, * perché si è glorificato˚.







VI  AUGURO DI CUORE OGNI BENE 

PER

LA FESTA DEL SANTO NATALE 2012
 E
 BUON ANNO 2013





Archim. p. Antonino Paratore,parroco

venerdì 21 dicembre 2012



Si deve gioire della nascita del Signore


 Gregorio di Nazianzo, La nascita di Cristo, 1,4-6

         Cristo è nato: rendetegli gloria! Cristo è disceso dai cieli: andategli incontro! Cristo è qui sulla terra: siatene fieri! Cantate al Signore da ogni angolo della terra! (Sal 95,1). Per esprimere, anzi, due concetti in una sola volta: Si allietino i cieli ed esulti la terra (Sal 95,11), nel nome di colui che sta nei cieli, cioè, e poi per il fatto che sia disceso sulla terra. Cristo si è incarnato: tremate ed esultate; il timore è per il peccato, la gioia per la speranza. Cristo è nato dalla Vergine! Donne, conservate la verginità, se volete esser madri di Cristo. Chi osa rifiutare adorazione e lode a colui che è principio e fine?...
       Oggi celebriamo la nostra festa: la venuta di Dio fra gli uomini, che ci consentirà di raggiungere Dio o, per dir meglio, di ritornare a lui, dopo aver deposto l`uomo vecchio ed esserci rivestiti del nuovo. Allo stesso modo come, nell`Adamo vecchio, siamo morti, così, nel Cristo, vivremo: nati, crocifissi, sepolti e risorti con lui. Una bella trasformazione, infatti, deve aver luogo dentro di me, in seguito alla quale, come dai piaceri sono scaturite le sofferenze, così queste ultime divengano fonte di gioia. Ove infatti ha abbondato il peccato, sovrabbonderà anche la grazia (Rm 5,20) e, se il godimento è stato motivo di condanna, quanto più la passione di Cristo ha recato giustificazione? Non manifestiamo, perciò, la nostra esultanza come si suol fare nelle pubbliche festività, ma in maniera conforme a Dio; non con criteri umani, ma in modo soprannaturale! Non celebriamo le cose che sono nostre, bensì quelle di colui che è nostro o, per meglio dire, quelle del Signore; non rallegriamoci per ciò che provoca l`infermità, ma per quanto restituisce la salute; non festeggiamo ciò che riguarda la creazione, ma la rigenerazione!
       E come sarà possibile far questo! Basterà non cingere di corone le porte delle case, non formar cori, non decorare le vie, non rallegrare gli occhi, non addolcire l`udito con il canto, non spargere effeminati profumi, non soddisfare smodatamente la gola, non abbandonarsi al piacere del tatto, evitando cioè di intraprendere le vie che conducono al vizio e di aprire le porte al peccato. Non dovremo rammollirci con abiti vistosi ed eleganti, quanto più appariscenti tanto più inutili, né con lo splendore delle gemme o dell`oro né con l`artificio dei cosmetici, che nascondono la bellezza naturale e profanano l`immagine. Non indulgeremo a crapule e ubriachezze (cf. Rm 13,13), cui si accompagnano, lo so bene, lussuria e impudicizia: le cattive opinioni, infatti, dipendono dai cattivi maestri o, piuttosto, i cattivi raccolti dalle cattive seminagioni. Non ci fabbricheremo morbidi letti, per dare al ventre una confortevole dimora. Non ci cureremo del profumo dei vini né dei manicaretti dei cuochi né della raffinatezza degli unguenti. Né la terra né il mare dovranno recarci in dono il prezioso sterco (a tale stregua, infatti, sono solito ritenere il lusso) né dovremo nutrire l`ambizione di fare a gara l`un con l`altro nell`intemperanza. Ritengo una dimostrazione d`intemperanza, infatti, possedere tutto ciò che è superfluo e al di là del necessario, men     tre altri, impastati della stessa argilla e dotati della nostra medesima natura, soffrono la fame e si dibattono nella miseria.
       Lasciamo tutto ciò ai pagani, al loro lusso e alle loro feste; essi, infatti, ritengono che gli dèi si compiacciano del profumo degli animali arrostiti, praticando, di conseguenza, il culto divino con il loro ventre: dei loro perfidi demoni essi ne sono perversi inventori, sacerdoti, cultori. Da parte nostra invece, che adoriamo il Verbo, se proprio una gioia debba esservi, rallegriamoci nel Verbo, nella legge divina, nelle narrazioni, in tutto ciò, insomma, donde tragga motivo questa nostra festa: solo così, infatti, la gioia sarà adatta e conveniente a colui che ci ha convocato.

 

giovedì 20 dicembre 2012

mercoledì 19 dicembre 2012

20 DICEMBRE
Proeórtia della nascita nella carne del Signore, Dio e Salvatore Nostro Gesú Cristo; e memoria del santo ieromartire Ignazio teòforo (intorno al 110).


AVVERTENZA: Da oggi cessa il Paraklitikí, sino alla conclusione delle Sante Teofanie, cioè fino al 14 gennaio.

VESPRO

Al Signore, ho gridato, 6 stichi e 3 stichirá idiómela proeórtia.

Tono 1. Di Anatolio.

  Celebriamo, o popoli, le fe.stività vigilari * della Natività di Cristo: * e sollevando l’intelletto, * saliamo con la mente a Betlemme * e con i pensieri dell’anima * contempliamo la Vergine * che si appresta a partorire nella grotta * il Signore dell’universo e Dio nostro; * Giuseppe, considerando la grandezza * delle meraviglie di Dio, * pensava di vedere un semplice uomo * in questo bambino avvolto in fasce, * ma dai fatti comprendeva * che egli era il vero Dio, * colui che elargisce alle anime nostre * la grande misericordia˚.

    Celebriamo, o popoli, le festività vigilari * della Natività di Cristo: * e sollevando l’intelletto, * saliamo con la mente a Betlemme * e contempliamo nella grotta il grande mistero: * si è aperto infatti l’Eden, * perché Dio viene da Vergine pura, * perfetto nella divinità e nell’umanità. * Acclamiamo dunque: * Santo Dio, * Padre che non ha principio; * Santo forte, * Figlio incarnato; * Santo immortale, * Spirito paraclito. * Triade santa, * gloria a te.

     Ascolta, o cielo, * e porgi l’orecchio, terra˚: * ecco che il Figlio e Verbo di Dio Padre * viene per essere partorito * dalla fan¬ciulla ignara d’uomo, * secondo il beneplacito di colui * che lo ha impassibilmente generato, * e con la sinergía del santo Spirito. * Prepàrati, Betlemme, * apri la porta, o Eden: * poiché Colui “che È” * diviene ciò che non era, * e l’artefice di tutto il creato * viene plasmato: * lui che elargisce al mondo * la grande misericordia˚.

Altri stichirá prosómia, del santo.

Tono 4. Tu che sei stato chiamato dall’Altissimo.

           Degnamente chiamato teòforo, * quando il Sovrano, * o beato Ignazio, * ti abbracciò per la comune passione con lui, * manifestandoti le dottrine * della superna filosofia, * allora tu accogliesti il luminosissimo splendore, * come la spugna assorbe i liquidi, * attingendolo dall’abisso delle luci; * hai cosí seguito le orme * del Cristo Dio nostro che ti chiamava: * supplicalo di salvare e illuminare * le anime nostre.

         O ferito dalla carità perfetta, * quando la folgorante passione * infiammò la tua anima, o sacratissimo, * affrettandoti, o padre, * ad andare verso il Sovrano, * gridasti quella parola degna d’esser celebrata: * Frumento del Creatore io sono, * e bisogna che io sia macinato * dai denti delle fiere, * affinché io divenga purissimo pane * per il Verbo Dio nostro. * Supplicalo di salvare e illuminare * le anime nostre.

          Sei stato crocifisso con Cristo˚, * o iniziatore ai misteri, * quando gridasti la parola ispirata: * Il mio amore è stato crocifisso, * e ho grande fretta di partecipare * alla sua passione; * da quel momento, o Ignazio, * come sole che si slancia dall’oriente, * per risplendere sull’occidente, tu sei accorso, o beato,e avvicinandoti a Cristo, * sei stato adornato del diadema del regno. * Supplicalo di salvare e illuminare * le anime nostre.

Gloria. Del santo. Tono pl. 4. Di Anatolio.

       Teòforo Ignazio, * avendo abbracciato Cristo, tuo ardente amore, * come ricompensa del sacro ministero * del vangelo di Cristo˚, * hai ottenuto di giungere alla perfezione * mediante il sangue. * Diventato dunque frumento * dell’agricoltore immortale, * sei stato macinato dai denti delle fiere, * e sei divenuto per lui dolce pane: * intercedi per noi, * o atleta beato.

Ora e sempre. Proeórtion. Stesso tono.

      Ricevi, o Betlemme, * la Città-madre di Dio: * viene per generare in te * la luce senza tramonto. * Angeli, stupite nel cielo; * uomini, date gloria sulla terra; * magi dalla Persia, * portate il dono tre volte glorioso; * pastori in veglia, intonate l’inno trisagio. * Tutto ciò che respira * lodi l’Artefice dell’universo˚.

Allo stico, stichirá idiómela proeórtia.

Tono 2. Di Cipriano.

Betlemme, terra di Giuda˚, * patria [di Cristo] secondo la carne, * lietamente appresta la grotta divina * nella quale Dio è partorito nella carne * dalla santa Vergine ignara d’uomo, * per la salvezza della nostra stirpe.

Stico: Dio verrà da Teman, il Santo dal boscoso monte adombrato.

Di Andrea Pyros. Stesso tono.

Venite tutti, * celebriamo con fede i giorni vigilari * della Natività di Cristo, * e facendoci spiritualmente precedere * dall’inno a mo’ di stella, * cantiamo con i pastori * le dossologie dei magi: * È giunta la salvezza dei mortali * da grembo verginale, * per richiamare dall’esilio i mortali.

Stico: Signore, ho udito il tuo annuncio e ho avuto timore; Signore, ho considerato le tue opere e sono stato colto da stupore.

Di Cipriano. Aftómelon.

Casa di Efrata, * città santa, * gloria dei profeti, * prepara la casa * nella quale la Divinità * deve essere partorita.

Gloria. Del santo. Tono 1. Dello Studita.

Oh, la tua anima salda e adamantina, * Ignazio degno di essere detto beato! * Tu infatti, tenendo la tua brama * stabilmente rivolta al tuo vero amante, dicevi: * Non c’è in me fuoco * di amore per la materia, * ma piuttosto un’acqua viva, * che in me parla, * dicendo dentro di me: * Vieni al Padre. * Infiammato dunque dal divino Spirito, * hai provocato le belve * perché al piú presto ti separassero dal mondo * e ti facessero passare * al Cristo desiderato: * imploralo per la salvezza * delle anime nostre.

Ora e sempre. Tono 2. Di Cipriano.

Ecco, è vicino il tempo * della nostra salvezza: * prepàrati, grotta, * la Vergine si avvicina per partorire. * Rallégrati ed esulta, * Betlemme, terra di Giuda˚, * perché da te è sorto il nostro Signore. * Ascoltate, monti e colli, * e voi regioni vicine alla Giudea: * Cristo viene a salvare l’uomo che ha plasmato, * perché è amico degli uomini.

Apolytíkion proeórtion.

Tono 4. Restò attonito Giuseppe.

Prepàrati, Betlemme: * si è aperto per tutti l’Eden. Prepàrati, Efrata, * perché dalla Vergine è fiorito * l’albero della vita nella grotta˚. * Davvero il suo grembo * è divenuto spirituale paradiso * in cui si trova la pianta divina: * mangiando di questa vivremo, * non moriremo come Adamo˚. * Nasce Cristo, * per far risorgere l’immagine˚ * un tempo caduta.

Gloria. Del santo. Stesso tono.

Divenuto partecipe dei costumi degli apostoli * e successore sul loro trono, * hai usato la pratica, * o uomo ispirato da Dio, * per ascendere alla contemplazione: * perciò, dispensando rettamente la parola della verità˚, * hai anche lottato per la fede sino al sangue˚, * ieromartire Ignazio. * Intercedi presso il Cristo Dio * per la salvezza delle anime nostre.

Ora e sempre.
 proeórtion, Prepàrati, Betlemme.