giovedì 29 maggio 2014

28 MAGGIO 2014 



ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO



Dal brano degli Atti degli Apostoli: 1, 6-11

Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n'andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo".

Breve lettura dell'icona
(dal libro di Angelo Vaccarella: Icone e Feste del Cilco Liturgico)
L'icona è divisa in due livelli: in alto troviamo il Salvatore in gloria (livello celeste), mentre in basso (livello terrestre) troviamo la Vergine orante con gli apostoli. Gesù dunque è assunto in cielo, "elevato in alto sotto i loro occhi", sottratto da una nube al loro sguardo, ritornerà sulle nubi e ognuno lo vedrà (cf Ap 1,7) . Il Cristo, sorretto da due angeli, sembra seduto su un trono con vesti regali. Nella mano sinistra tiene il rotolo della Legge, mentre il gesto della sua mano destra ci fa capire che Lui è il Pantocratore, cioè il "Dominatore di tutte le cose". Nel secondo livello, nella parte inferiore dell'icona, dunque troviamo Maria, gli apostoli e gli angeli, immersi in uno sfondo roccioso, sulla sommità del quale si elevano quattro alberelli: la terra si ricongiunge al cielo in una grande liturgia d'amore e di pace.
In secondo piano e ai lati di Maria ecco due angeli in vesti luminose che alzano le loro braccia al cielo quasi ad indicare la venuta di Gesù: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo". (At 1, 11)
La Vergine orante è situata al centro dell'icona perché raffigura la Chiesa, la nuova Eva. Un triangolo simbolico è formato dai nimbi dei due angeli e da quello di Maria; esso simboleggia la Santissima Trinità, dove gli angeli richiamano alla memoria il Padre e lo Spirito Santo e Maria, invece, il Figlio, che da Lei è stato generato.
Infine ecco gli apostoli, sei a destra e sei a sinistra della Madre di Dio. In primo piano alla sinistra del nostro sguardo, scorgiamo Pietro, mentre dall'altro parte c'è Paolo. I due sono i baluardi della fede ed il loro sguardi sono rivolti al Cristo che ascende, ma che già viene nella speranza della promessa.
I Padri
Oggi, come avete sentito, fratelli, Nostro Signore Gesù Cristo è salito in cielo: salga con lui anche il nostro cuore. Ascoltiamo l'Apostolo che dice: Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra (Col 3,1-2). Infatti, come egli è salito [in cielo] e non si è allontanato da noi, così anche noi siamo già lassù con lui, sebbene nel nostro corpo non sia ancora accaduto ciò che ci viene promesso. Egli ormai è stato innalzato sopra i cieli. In verità, non dobbiamo disperare di raggiungere la perfetta ed angelica dimora celeste, per il fatto che egli ha detto: Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo (Gv 3,13). Ma ciò è stato detto perché siamo uniti a lui: egli è infatti il nostro capo e noi il suo corpo. Se, quindi, egli sale in cielo, noi non ci separiamo da lui. Colui che è disceso dal cielo non ci nega il cielo; ma in un certo modo ci dice: "Siate le mie membra, se volete salire in cielo". Dunque fortifichiamoci intanto in ciò che più desideriamo vivamente. Meditiamo in terra ciò che ci aspettiamo [di trovare] nei cieli. Allora ci spoglieremo della carne mortale, ora spogliamoci dell'uomo vecchio. Un corpo leggero si alzerà nell'alto dei cieli, se il peso dei peccati non opprimerà lo spirito.
(Agostino, Sermo 263, 2)
La festa
Nei primi tre secoli, la Chiesa celebrava l'Ascensione del Signore insieme con la solennità della Pentecoste. Nel giorno della Pentecoste, nel pomeriggio, i fedeli si recavano al Monte degli Ulivi dove, nella chiesa che ricordava l'Ascensione del Signore, ascoltavano brani della Sacra Scrittura relativi all'Ascensione, e si cantavano le antifone e gl'inni. Nella seconda metà del IV secolo l'Ascensione del Signore costituisce già una festa a parte e viene celebrata quaranta giorni dopo la Risurrezione
                                                             
                                              28 MAGGIO 2014

ASCENSIONE   DI NOSTRO SIGNORE GESU'  CRISTO


                                                            Divina Liturgia

Ant. I. 0 ju gjithë popujitë, kësini duart;ngrëni zërin Perëndis t’ënë me zërë hareje .

Popoli tutti,applaudite,acclamate il nostro Dio con voce d’esultanza.

Ant. II. I math isht ìn’Zot e i lëvdùashëm shumë , te kjiteti i Perëndìs t’ënë, te mali i shejt i ‘tij.

Grande è il Signore, e degno di lode,nella città del nostro Dio,nel suo monte santo.

Shpëtona , o i Biri i Perendìs ,çë ngak na u ngjipe në kjiell me lëvdi , neve çë të këndojëm allilùia.Salva, o Figlio di Dio,che in gloria sei asceso da noi al cielo,noi che a te cantiamo allilùia.

Ant. III. Gjegjëni këto,o ju giithë popujitë, mirrëni veshë, o ju të gjithë, çë jesni në jetë.Ascolatate questo, popoli tutti; porgete orecchio voi tutti che abitate il mondo.

IsodhikònU ngjip Perëndia ndër thirma gëzimi; in’Zot ndër të rar trumbetie.

Shpëtona , o i Biri i Perendìs ,çë ngak na u ngjipe në kjiell me lëvdi , neve çë të këndojëm allilùia.

Tropari : Anelìfthis en dhòksi , Hristé o Theòs imòn,haropiìsas tus mathitàs,ti epangjelìa tu ajìu Pnévmatos. Veveothéndon aftòn dhià tis evlojìas ,òti si i o Jiòs tu Theu’, o litrotìs tu kosmu .

Sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro,ralle grando i discepoli con la promessa del santo Spiri to: essi rimasero confer mati dalla tua benedizione, perché tu sei il Figlio di Dio, il Redentore del mondo

U ngrëjte në lëvdì, o Krisht Perëndia jinë, edhé gëzove dsënësit me të tàksurën e Shpirtit Shejt ,tue i vërtetuar ne bekimin,se Ti je i Biri i Perëndis, Shpërblimtari i jetës .

Compiuta l’economia a nostro favore, e congiunte a quelle celesti le realtà terrestri, sei asceso nella gloria, o Cristo Dio nostro, senza tuttavia separarti in alcun modo da quelli che ti amano; ma rimanendo inseparabile da loro, dichiari: Io sono con voi,e nessuno è contro di voi.

Kur për gjithë ne mborove urdhirìmin e përbashkove dheun me kjìelliën, u ngjipe në lëvdì,o Krisht Perëndia jinë,pa u ndar mosgjakùn ngak na, po tue kjëndruar i pandarshëm e tue thënë atireve çë të duan mirë : U jam bashkë me ju, e mosnjerì isht kundra jush

sabato 24 maggio 2014



DOMENICA  VI DOPO PASQUA
CIECO NATO     

Nelle chiese di tradizione bizantina la sesta domenica dopo la festa della Santa Pasqua viene ricordata come la Domenica del cieco nato. La giornata commemora il miracolo della guarigione di un uomo che era cieco fin dalla nascita e la storia biblica di questo evento si trova nel Vangelo di san Giovanni (Gv 9:1-41). Questa è l'ultima domenica del periodo pasquale prima della festa dell'Ascensione che ricorre il giovedi di questa settimana. L'apodosis o commiato della festa di Pasqua è il prossimo Mercoledì, un giorno nel quale non si digiuna e che viene celebrato liturgicamente con la gioia e la luminosità della Festa delle Feste.

IL CIECO  NATO
Durante queste Domeniche la Chiesa ci propone i massimi misteri della fede. Dopo la domenica della Samaritana e dell’acqua, oggi è la volta di un altro grande simbolismo: quella della luce. Nella  guarigio-ne del cieco nato in cui la liturgia di oggi vede il segno della fede e del Battesimo. E l’itinerario nostro è un cammino in cui ci appropriamo dei valori del nostro Battesimo .“Io sono la luce del mondo”. Gesù entra in scena con queste parole. Inoltre lo sfondo è quello della festa delle Capanne: solennità ebraica in cui si accendevano sulle mura del Tempio di Gerusalemme torce, falò, bracieri che illuminavano fantasticamente la città santa. Il Sommo sacerdote, poi, scendeva processionalmente alla piscina di Siloè per attingere  con una bottiglia d’oro, acqua lustrale da versare sull’altare degli olocausti. La luce e l’acqua di Siloè sono anche gli elementi essenziali del miracolo di Gesù. E quindi quello del cieco nato è un miracolo che come freccia puntata ci dirige verso la riscoperta del nostro Battesimo. L grande luce della fede. Con il sacramento della rinascita ha liberato gli schiavi dall’antico peccato  per elevarli alla dignità di figli”.
Sono andato, mi sono lavato e ora ci vedo”. L’episodio evangelico è narrato da Giovanni con una tale meticolosità che risulta evidente che  quel cieco siamo ognuno di noi, noi battezzati a cui insegna due cose. Primo:  anche noi un giorno siamo andati alla piscina di Siloè, il fonte battesimale, ci siamo lavati e siamo tornati che ci vedevamo. Secondo:  la luce che ci ha dato è la fede: quel ragazzo cieco alla fine incontra di nuovo Gesù ed esclama: “Io credo, Signore”. Questa frase  è l’equivalente di tutte le esclamazioni pronunciate dal cieco: ho acquistato la vista, ci vedo, mi ha aperto gli occhi. Battesimo e fede sono veramente i contenuti simbolici del brano evangelico.
 “Io credo, Signore!  E gli si prostrò dinanzi”. Ecco il filo d’oro che raccoglie tutto il messaggio del  miracolo operato da Gesù su questo cieco dalla nascita. Si tratta della successione dei titoli applicati a Cristo, titoli di rivelazione che scopriamo in  questa grandiosa pagina giovannea. Attraverso questi titoli si compone come un vero ritratto umano e divino di Gesù. Siamo allora di fronte alla scoperta del vero volto di Cristo, davanti alla scoperta che porta alla conversione. Gli occhi del cieco, adagio, adagio,  penetrano non solo la luce di questa terra, ma la luce di Dio che splende sul  mistero di Cristo.
Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha plasmato gli occhi e ora ci vedo”.  Ecco il primo grado di questo itinerario di fede: è il riconoscimento del Cristo come uomo che a Siloè si presenta come l’ inviato, (Siloè, nome che significa  l’inviato, precisa Giovanni), Cristo allora è il supremo messaggero di Dio, “Colui che viene da Dio”.  In realtà il vocabolo ebraico  significa piuttosto “inviante”, cioè  “emissione” d’acqua. Ma Giovanni piega l’etimologia al valore   segreto e messianico del racconto.
Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi? Egli rispose: è un profeta”.  Il cieco, ormai veggente, lo scopre anche come Profeta.  Ma il vertice  è nella scena finale quando quel povero è prostrato nell’adorazione di Cristo  come Figlio dell’Uomo, il titolo messianico caro a Gesù stesso, e come Kyrios, Signore, cioè Dio.
In questa prospettiva il miracolo acquista  una luce tutta particolare: non è più semplicemente la guarigione di un disgraziato, ma diventa piuttosto la storia di una conversione, di una illuminazione dello Spirito. Non per nulla il miracolato proclama , adorando, la professione di fede cristiana: “Credo, Kyrie!”. E Kyrios nella Bibbia greca è la traduzione del nome sacro e impronunciabile di Dio (Jhwh). E’ per questo che nelle catacombe romane il miracolo del cieco nato è presente in ben sette affreschi ed è sempre visto in chiave battesimale.