sabato 28 febbraio 2015

CATTEDRALE DI S. DEMETRIO M.
PIANA DEGLI ALBANESI
DALLA GRANDE E SANTA QUARESIMA   
ALLA SANTA PASQUA 2015

Cristo è risorto dai morti;con la morte ha sconfitto la mortee a coloro che giacevano nei sepolcri,ha fatto dono della vita

Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la
Chiesa ha bisogno dell'arte (…). Cristo stesso ha utilizzato
ampiamente le immagini nella sua predicazione, in piena
coerenza con la scelta di diventare egli stesso,
nell'Incarnazione, icona del Dio invisibile
”.
(Giovanni Paolo II)

Guidati dalla suggestiva bellezza di questi versi tratti dalla ricca innologia della
nostra tradizione liturgica, in questo cammino che dalla Quaresima ci conduce allo
splendore della Pasqua, abbiamo pensato di offrirne un originale commento alla luce
delle icone, secondo il seguente itinerario
:
 
il 5 marzo, a commento del verso “con la morte ha sconfitto la morte”,l’icona della Crocifissionee 
il 12 marzo, a commento dell’ultima parte
della strofa, “e a coloro che
giacevano nei sepolcri, ha fatto dono della vita”, l’icona della discesa agli Inferi
 
Gli incontri si terranno nel salone parrocchiale dalle ore 18.00 alle 19.00 e
saranno guidati da P. Filippo Cucinotta, docente di teologia cattolica orientale presso
la Pontificia facoltà teologica di Sicilia (Palermo).
                                                           IL PARROCO

lunedì 16 febbraio 2015



SANTA E GRANDE  QUARESIMA 2015

LITURGIA DEI PRESANTIFICATI 

- PROJASMENA -


18 FEBBRAIO ’15 MERCOLEDI  ORE 18,30       PARR.    .S. DEMETRIO M.

20 FEBBRAIO ’15  VENERDI       ORE 18,30      CHIESA M.SS. ODIGITRIA

25 FEBBRAIO ’15   MERCOLEDI  ORE 18,30       PARR..  S. DEMETRIO M.

27 FEBBRAIO’15   VENERDI       ORE 18,30        PARR. S. GIORGIO M.

04  MARZO ‘15     MERCOLEDI    ORE 18,30       PARR.    S. DEMETRIO M.

06   MARZO’15     VENERDI        ORE 18,30        PARR.  S.S. ANNUNZIATA

10 MARZO ’15       MERCOLEDI  ORE 18,30       PARR.    S. DEMETRIO M.

13 MARZO ’15       VENERDI        ORE 18,30       CHIESA       S. NICOLA

18 MARZO’15      MERCOLEDI    ORE 18,30       PARR.     S. DEMETRIO M

27 MARZO’15      VENERDI          ORE 18,30       PARR.    S. DEMETRIO M


domenica 15 febbraio 2015


DOMENICA DEI LATTICINI 

VESPRO 

Ufficio del vespro della grande quaresima

           Studiamoci tutti * di umiliare la carne con la continenza, * entrando nello stadio divino * dell’immacolato digiuno, * e con preghiere e lacrime, * cerchiamo il Signore che ci salva; * con oblio perfetto del male, gridiamo: * Abbiamo peccato contro di te: * salvaci come i niniviti di un tempo˚, * o Cristo Re; * facci partecipi del regno celeste, * o pietoso.
        Dispero di me stesso, * considerando le mie opere, * degne, o Signore, di ogni castigo; * ecco, ho trascurato i tuoi augusti precetti, o Salvatore, * ho consumato nella dissolutezza la mia vita: * ti prego dunque, * purificandomi con le piogge del pentimento, * fammi risplendere per il digiuno e la preghiera, * tu che solo sei misericordioso; * e non avere orrore di me, * o benefattore di tutti, * o piú che buono.
Un altro, di Teodoro. Tono 2. Accolto l’ardente amore.
           Gioiosamente cominciamo * il tempo del digiuno, * sottoponendoci alle lotte spirituali; * rendiamo casta l’anima, * purifichiamo la carne; * digiuniamo tanto dai cibi * quanto da ogni passione, * godendo delle virtú dello spirito: * perseverando in esse con amore, * possiamo noi tutti ottenere di contemplare * la venerabilissima passione del Cristo Dio * e la santa pasqua, * spiritualmente esultando.


Poi dal minéo, 3. Gloria. Ora e sempre. Theotokíon. Ingresso con l’incenso. Luce gioiosa.
Prokímenon. Tono pl. 4.
Non distogliere il tuo volto dal tuo servo; poiché sono tribolato, presto esaudiscimi. Volgiti all’anima mia e redimila.Stico: La tua salvezza, o Dio, mi soccorra.
Stico: Vedano i poveri e ne gioiscano.
E di nuovo, con voce piú sonora:
          Non distogliere il tuo volto dal tuo servo.

L’ektenía. Il Concedici. 3 prostrazioni e le invocazioni da parte del sacerdote.
Allo stico, il seguente idiómelon. Tono 4.


Ha rifulso la tua grazia, Signore; * ha rifulso la luce del tuo volto˚; * ecco il tempo accetto˚, * ecco il tempo della conversione; * deponiamo le opere delle tenebre * e indossiamo le armi della luce˚, * affinché, attraversato il grande oceano del digiuno, giungiamo alla risurrezione il terzo giorno˚ * del Signore e Salvatore nostro Gesú Cristo, che salva le anime nostre. 
Stico: A te ho levato i miei occhi (p. 173).
Di nuovo lo stesso idiómelon.
Stico: Misericordia di noi, Signore, misericordia di noi.
Martyrikón.
Tu che sei glorificato * nelle memorie dei tuoi santi, * o Cristo Dio, * supplicato da loro, * fa’ scendere su di noi * la grande misericordia˚. 
Gloria. Ora e sempre. Theotokíon. Stesso tono.
Come generoso fra i martiri.
Le schiere degli angeli ti danno gloria, * o Madre-di-Dio: * tu infatti, o tutta pura, * hai partorito colui che col Padre e con lo Spirito * in eterno è, * e che col suo volere, * dal non essere ha posto nell’essere * le schiere degli angeli: * supplicalo di salvare e illuminare * le anime di quanti ti celebrano con retta fede, * o tutta immacolata.
Ora lascia. Trisagio. Santissima Triade. Padre nostro. Poiché tuoi sono (p. 15), e i tropari. O Madre-di-Dio Vergine, ecc. (p. 183).

PREGHIERA DI INIZIO QUARESIMA


        Signore Gesù Cristo, Dio nostro, tu che sei la speranza di quanti vivono in tutte le parti della terra e di coloro che si trovano lontani sui mari, ci hai annunciato nella Legge e per mezzo dei Profeti questi giorni di digiuno, offrendoci un esempio di penitenza e di mortificazione delle passioni.
        Tu stesso, allorché al compimento dei tempi t’incarnasti e ti manifestasti sulla terra, hai reso legge questa prassi e la santificasti digiunando per quaranta giorni e notti. 
          Longanime e misericordioso quale sei, concedi a tutti noi di cominciare a trascorrere questi santi giorni con profondo spirito di penitenza, umiltà non ipocrita, in preghiera profonda, nella fame e nella sete e di giungere alla loro fine senza alcun difetto e con la coscienza pura, conservando ferma la fede e dimostrandoci in tal modo vincitori del peccato.
        Poni a guardia della nostra vita l’angelo della pace, affinché renda la nostra vita indenne da ogni pericolo e dalle insidie del demonio, insegnandoci ad operare secondo tutte le virtù, dandoci la forza di affrontare tutte le lotte che comporta il digiuno, di astenerci dalle passioni, di purificare le nostre anime ed il nostro corpo, di modo che possiamo essere degni di comunicarci senza condanna col tuo purissimo Corpo e col tuo glorioso Sangue.
       Poiché tu sei Dio misericordioso, longanime ed hai amore per gli uomini, e vuoi che tutti si salvino. Perciò ti glorifichiamo con il Padre tuo, che non ha principio, e con il Santissimo, clemente tuo Spirito datore di vita, ora e sempre e per tutti i secoli. Amìn. per mezzo del digiuno… Noi parteciperemo alla Pasqua divina del Cristo!»
.

A. Schmemann, L’Ufficio quaresimale – Il Triodion, 

PREGHIERA DI S. EFREM


Può essere considerata la preghiera tipica della Quaresima:

Signore e Sovrano della mia vita, allontana da me uno spirito di ozio, di scoraggiamento, di brama di potere e di loquacità.(segue una grande metania, o prostrazione) 

Concedi invece a me tuo servo uno spirito di sapienza, di umiltà, di pazienza e di amore (segue una grande metania)

Sì, Signore e Sovrano, fammi vedere le mie colpe e che non giudichi il mio fratello;
poiché tu sei benedetto nei secoli dei secoli. Amin.

Dopo questo versetto altre 12 piccole metanie dicendo per ciascuna:

O Dio, purifica me peccatore e abbi pietà di me.

Di nuovo una grande metania e l’ultimo versetto della preghiera:

Sì, Signore e Sovrano, fammi vedere le mie colpe e che non giudichi il mio fratello;
  
INIZIAMO LA SANTA E GRANDE QUARESIMA 2015 
DALLA VESPRO DI STASERA 
15 FEBBRAIO 2015
 DOMENICA DEI LATTICI


  A TUTTI VOI CARISSIMI 
IN CRISTO DATORE DI GIOIA E SPERANZA E CARITA ' AUGURO 
CHE QUESTO TEMPO QUARESIMALE 
CHE INIZIA SIA FECONDO PER LA NOSTRA VITA DA BATTEZZATI. 
AUGURO UNA SANTA E GRANDE QUARESIMA 2015

LA GRANDE QUARESIMA
 IL VIAGGIO PASQUALE NELLA “RADIOSA TRISTEZZA”

"Accogliamo nella gioia, o credenti,il Divino annuncio della Quaresima.
Come i Niniviti di un tempo come le prostitute e i pubblicani che ascoltavano Giovanni predicare il pentimento attraverso l’astinenza,
 prepariamoci alla Comunione del Signore celebrata in Sion.
Laviamoci con lacrime di pentimento per ottenere la purificazione operata da Dio.
Preghiamo di Contemplare il compimento della Pasqua,la vera Rivelazione.
Prepariamoci ad adorare la Croce e la risurrezione di Cristo nostro Dio.
Non deluderci nella nostra speranza o amico degli uomini"

. (Apostichi dei Vespri del martedì della Tyrofagìa, o dei Latticini)



venerdì 6 febbraio 2015

7 FEBBRAIO 2015
7 SABATO. 

Commemorazione di tutti i defunti. 
San Parthenio, vescovo di Lampsaco. San Luca di Stirio. 

Vespro. Strichira: Martirika del Tono I, 3: ti presvìa Kìrie (v. Anthologhion, II, p. 294 ); e dei defunti 3: Ton ap’eonos; Dhoxa: deidefunti: Thrino ke odhirome; Ke nin: Tin pankòsmion dhòxan (Theot. T. I). 
Fos ilaron, senza Isodo. Invece del Prokimenon, sicanta ‘Alliluia’ (3 volte), con i versetti ‘Makarii...’ e ‘Ke to mnimosinon...’
.Aposticha: I 4 Martirika del Tono della settimana.
Dhoxa: Archi mi ke ipostasis; Ke nin: Presvies tis Tekusis se. 

Apolitikia:O vathi sofias; Dhòxa: En si gar tin elpìda; Ke nin : Se ke tichos. Ektenis: Ipomen…; Seguono i Troparia ‘Meta pnevmaton’ e il resto dell’Akoluthia nekrosimos con la benedizione dei ‘collivi’. Apolisis: O anastas ek nekron…
               7 FEBBRAIO 2015
            SABATO DEI DEFUNTI 
        Si fa memoria di tutti i cristiani ortodossi defunti dall’inizio del mondo, dei nostri padri e dei nostri fratelli.
VENERDÍ — VESPRO
Ufficio del vespro del sabato, p. 154.
Dopo il salmo introduttivo e la con¬sueta sticología, al Signore, ho gridato, 6 stichi con 3 stichirá martyriká dall’októichos nel tono corrente e i seguenti 3 prosómia.
Tono pl. 4. Il paradiso dell’Eden.
Celebrando oggi, o fedeli, la memoria * di quanti dall’inizio del mondo sono morti, * dopo aver con fede piamente vissuto, * di tutti, ciascuno per nome, * noi celebriamo il Salvatore e Signore, * chiedendo fervidamente * che costoro, nell’ora del giudizio, * possano presentargli una buona giustificazione, * a lui, nostro Dio, che verrà a giudicare tutta la terra, * e ottenere cosí di stare gioiosi alla sua destra, * dalla parte dei giusti˚, * nella luminosa eredità dei santi, * degni del suo celeste regno.   
O Salvatore, * che col tuo proprio sangue * ti sei acquistati i mortali˚ * e con la tua morte ci hai riscatta¬ti * dall’amara morte, * e con la tua risurrezione * ci hai elargito la vita eterna, * dona, Signore, il riposo, * a tutti coloro che si sono piamente addormentati, * sia nei deserti che nelle città, * sul mare o in terra, * o in qualsiasi altro luogo, * sia ai re che ai sacerdoti, ai vescovi, * ai monaci e alla gente comune, * di ogni genere di età, * e concedi loro il tuo regno celeste.   
Grazie alla tua risurrezione dai morti, * o Cristo, * la morte non ha piú potere * su quanti muoiono piamente. * Perciò chiediamo con fervore: * Dona il riposo ai tuoi servi * nei tuoi atri e nel seno di Abramo˚, * a tutti quelli che, * a partire da Adamo sino ad oggi, * ti hanno reso culto con purezza, * ai nostri padri e ai nostri fra¬telli * insieme agli amici e ai parenti, * a ogni uomo * che abbia compiuto fedelmente il suo servizio * nelle cose di questa vita, * e a chiunque sia passato a te * in ogni forma e modo, o Dio: * rendili degni del tuo regno celeste.   
Gloria. Tono pl. 4.
Gemo e mi lamento quando penso alla morte * e vedo giacere nella tomba, * informe, senza gloria, senza splendore, * la bellezza a immagine di Dio plasmata per noi˚. * O stupore! * Perché questo miste¬ro che ci riguarda? * Come dunque siamo stati consegnati alla corruzione? * Come siamo stati insieme aggiogati alla morte? * Realmente, come sta scritto, per disposizio¬ne di Dio˚, * che concede ai defunti il riposo.   
Ora e sempre. Theotokíon, il primo del tono.
Luce gioiosa. Invece del prokímenon, l’Alleluia, col tono pl. 2.
Alleluia, Alleluia, Alleluia.
Stico 1.: Beati coloro che tu hai scelto e preso con te, Signore.
Alleluia, Alleluia, Alleluia.
Stico 2.: Il loro ricordo, di generazione in generazio¬ne.
Alleluia, Alleluia, Alleluia.
Quindi il Concedici, le invocazioni e l’ekfónisis (pp. 170-171).
Allo stico, i 4 martyriká del tono e i 2 nekrósima di Giovanni Damasceno.
Gloria. Tono pl. 2.
Principio ed esistenza * divenne per me il tuo comando creatore: * volendo infatti formarmi essere vivente * di natura visibile e invisibile, * tu dalla terra plasmasti il mio corpo,e mi desti un’anima col tuo divino soffio vivificante˚. * Perciò, o Salvatore, * da’ riposo ai tuoi servi * nella regione dei viventi˚, * nelle tende dei giusti˚.
Ora e sempre. Theotokíon. Stesso tono.
Per l’intercessione di colei che ti ha partorito, * o Cristo, * dei tuoi martiri, * dei tuoi apostoli, profeti, pontefici, * monaci e giusti * e di tutti i tuoi santi, * da’ riposo ai tuoi servi defunti.
Apolytíkion. Tono pl. 4.
Tu che, nel tuo amore per gli uomini, * tutto disponi con profonda sapienza, * assegnando a ciascuno ciò che giova, * o solo Creatore, * da’ riposo, Signore, * alle anime dei tuoi servi: * poiché hanno riposto speranza in te, * che ci hai creati, che ci hai plasmati, * che sei il nostro Dio.
Gloria. L’ultima parte dell’apolytíkion:
Poiché hanno riposto speranza in te, * che ci hai creati, che ci hai plasmati, * che sei il nostro Dio.
Ora e sempre. Theotokíon. Stesso tono.
Baluardo e porto tu sei per noi, * e mediatrice accetta * presso il Dio che hai partorito, * o Madre-di-Dio senza nozze, * salvezza dei fedeli.
L’ektenía (p. 169) e, dopo l’ekfónisis: Poiché tu sei Dio misericordioso..., si fa la commemorazione dei defunti come di seguito.
    Si salmeggiano questi tropari col tono 4.
Insieme agli spiriti dei giusti resi perfetti˚, * dona il riposo, * o Salvatore, * alle anime dei tuoi servi, * introducendoli nella vita beata che viene da te, * o amico degli uomini.   
Nella tua quiete, Signore, * là dove riposano tutti i tuoi santi, * dona riposo anche alle anime dei tuoi servi, * tu che, solo, sei immortale˚.   
    Gloria al Padre, al Figlio e al santo Spirito.
Tu sei il Dio che è disceso nell’ade * e ha fatto cessare i dolori dei prigionieri: * tu dunque dona il riposo, o Salvatore, * alle anime dei tuoi servi.
Ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Sola Vergine pura e immacolata, * che senza seme hai generato Dio, * intercedi per la salvezza delle anime nostre.
Si ricordano quindi i nomi dei defunti, ripetendo ad ogni invocazione il Signore, pietà, 3 volte.
Pietà di noi, o Dio, secondo la tua grande misericordia˚, ti preghiamo: esaudiscici e abbi pietà di noi.
Ancora preghiamo per la beata memoria e l’eterno riposo delle anime dei tuoi servi defunti, dei re, dei patriarchi, dei vescovi, dei sacerdoti, degli ieromonaci, degli ierodiaconi, dei monaci e di tutti i cristiani pii ed ortodossi defunti, da un confine all’altro della terra; e dei nostri padri, progenitori, nonni, bisnonni, genitori, fratelli e parenti, perché sia loro perdonata ogni colpa volontaria e involontaria.
Affinché il Signore Dio collochi le loro anime là dove riposano i giusti.
Chiediamo al Cristo, Re immortale e Dio nostro˚, le misericordie di Dio, il regno dei cieli e la remissione delle loro colpe.
Preghiamo il Signore.
Preghiera:
O Dio degli spiriti e di ogni carne˚, tu che hai calpestato la morte, annientato il demonio e donato al tuo mondo la vita: tu, Signore, da’ riposo alle anime dei tuoi servi in luogo luminoso, in luogo verdeggiante˚, nel luogo del refrigerio˚ da cui sono fuggiti dolore, tristezza e lamento˚. Perdona ogni peccato da loro commesso in parole, opere e pensieri, perché tu sei Dio buono e amico degli uomini. Non c’è infatti uomo che viva senza peccare: tu solo sei senza peccato˚, la tua giustizia è giustizia eterna e la tua parola è verità˚.
Poiché tu sei la risurrezione, la vita˚ e il riposo dei tuoi servi che si sono addormentati, o Cristo Dio nostro, e a te rendiamo gloria, insieme al Padre tuo senza principio e al santissimo, buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli.
Coro: Amen.
Coro: Eterna la loro memoria, 3 volte.
Quindi Sapienza! Colui che è benedetto (p. 176) ecc., e il congedo.
Colui che è risorto dai morti, Cristo, vero Dio nostro, per l’intercessione della purissima Madre sua; dei santi e gloriosi apostoli degni di ogni lode; dei nostri padri pii e teòfori e di tutti i santi, collochi nelle tende dei giusti˚ anche le anime di tutti i suoi servi che ci hanno lasciati, doni loro il riposo nel seno di Abramo˚, li annoveri tra i giusti e abbia pietà di noi: perché è buono e amico degli uomini. Amen.   
Per le preghiere...

mercoledì 4 febbraio 2015

5 Febbraio Sant' Agata Vergine e martire  
Catania, 235? - 5 febbraio 251


Nacque nei primi decenni del III secolo a Catania in una ricca e nobile famiglia di fede cristiana. Verso i 15 anni volle consacrarsi a Dio. Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate. Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l'occasione di vederla, se ne invaghì, e in forza dell'editto di persecuzione dell'imperatore Decio, l'accusò di vilipendio della religione di Stato, quindi ordinò che la portassero al Palazzo pretorio. I tentativi di seduzione da parte del proconsole non ebbero alcun risultato. Furioso, l'uomo imbastì un processo contro di lei. Interrogata e torturata Agata resisteva nella sua fede: Quinziano al colmo del furore le fece anche strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. Ma la giovane, dopo una visione, fu guarita. Fu ordinato allora che venisse bruciata, ma un forte terremoto evitò l'esecuzione. Il proconsole fece togliere Agata dalla brace e la fece riportare agonizzante in cella, dove morì qualche ora dopo. Era il 251. (Avvenire)
Patronato: Pompieri, Catania, Repubblica di San Marino Etimologia: Agata = buona, virtuosa, dal greco
Emblema: Giglio, Palma, Pinze, Seni (su di un piatto)
Martirologio Romano: Memoria di sant’Agata, vergine e martire, che a Catania, ancora fanciulla, nell’imperversare della persecuzione conservò nel martirio illibato il corpo e integra la fede, offrendo la sua testimonianza per Cristo Signore. 
Sant’Agata il cui nome in greco Agathé, significava buona, fu martirizzata verso la metà del III secolo, alcuni reperti archeologici risalenti a pochi decenni dalla morte, avvenuta secondo la tradizione il 5 febbraio 251, attestano il suo antichissimo culto. 
Agata nacque nei primi decenni del III secolo (235?) a Catania; la Sicilia, come l’intero immenso Impero Romano era soggetta in quei tempi alle persecuzioni contro i cristiani, che erano cominciate, sia pure occasionalmente, intorno al 40 d.C. con Nerone, per proseguire più intense nel II secolo, giustificate da una legge che vietava il culto cristiano. 
Nel III secolo, l’editto dell’imperatore Settimio Severo, stabilì che i cristiani potevano essere prima denunciati alle autorità e poi invitati ad abiurare in pubblico la loro nuova fede. Se essi accettavano di ritornare al paganesimo, ricevevano un attestato (libellum), che confermava la loro appartenenza alla religione pagana, in caso contrario se essi rifiutavano di sacrificare agli dei, venivano prima torturati e poi uccisi. 
Era un sistema spietato e calcolato, perché l’imperatore tendeva a fare più apostati possibile che martiri, i quali venivano considerati più pericolosi dei cristiani vivi. Nel 249 l’imperatore Decio, visto il diffondersi comunque del cristianesimo, fu ancora più drastico; tutti i cristiani denunciati o no, dovevano essere ricercati automaticamente dalle autorità locali, arrestati, torturati e poi uccisi. 
In quel periodo Catania era una città fiorente e benestante, posta in ottima posizione geografica; il suo grande porto, costituiva un vivace punto di scambio commerciale e culturale dell’intero Mediterraneo. 
E come per tutte le città dell’Impero Romano, anche Catania aveva un proconsole o governatore, che rappresentava il potere decentrato dell’impero, ormai troppo vasto; il suo nome era Quinziano, uomo brusco, superbo e prepotente e circondato da una corte numerosa, con i familiari, un numero enorme di schiavi e con le guardie imperiali, dimorava nel ricco palazzo Pretorio con annessi altri edifici, in cui si svolgevano tutte le attività pubbliche della città. 
Secondo la ‘Passio Sanctae Agathae’ risalente alla seconda metà del V secolo e di cui esistono due traduzioni, una latina e due greche, Agata apparteneva ad una ricca e nobile famiglia catanese, il padre Rao e la madre Apolla, proprietari di case e terreni coltivati, sia in città che nei dintorni, essendo cristiani, educarono Agata secondo la loro religione. 
Cresciuta nella sua fanciullezza e adolescenza in bellezza, candore e purezza verginale, sin da piccola sentì nel suo cuore il desiderio di appartenere totalmente a Cristo e quando giunse sui 15 anni, sentì che era giunto il momento di consacrarsi a Dio. Nei primi tempi del cristianesimo le vergini consacrate, con il loro nuovissimo stile di vita, costituivano un’irruzione del divino in un mondo ancora pagano e in disfacimento. 
Il vescovo di Catania accolse la sua richiesta e durante una cerimonia ufficiale chiamata ‘velatio’, le impose il ‘flammeum’, cioè il velo rosso portato dalle vergini consacrate. 
Nel mosaico di S. Apollinare Nuovo in Ravenna del VI secolo, è raffigurata con la tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla, abbigliamento che lascia supporre che fosse diventata diaconessa. 
Il proconsole di Catania Quinziano, ebbe l’occasione di vederla e se ne incapricciò, e in forza dell’editto di persecuzione dell’imperatore Decio, l’accusò di vilipendio della religione di Stato, accusa comune a tutti i cristiani, quindi ordinò che la catturassero e la conducessero al Palazzo Pretorio. 
Qui subentrano varie tradizioni popolari, che indicano Agata che scappa per non farsi arrestare e si rifugia in posti indicati dalla tradizione, in una contrada poco distante da Catania, Galermo, oppure a Malta, oppure a Palermo; ma comunque ella viene catturata e condotta da Quinziano. 
Il proconsole quando la vede davanti viene conquistato dalla sua bellezza e una passione ardente s’impadronisce di lui, ma i suoi tentativi di seduzione non vanno in porto, per la resistenza ferma della giovane Agata. 
Egli allora mette in atto un programma di rieducazione della ragazza affidandola ad una cortigiana di facili costumi di nome Afrodisia, affinché la rendesse più disponibile. Trascorse un mese, sottoposta a tentazioni immorali di ogni genere, con festini, divertimenti osceni, banchetti; ma lei resistette indomita nel proteggere la sua verginità consacrata al suo Sposo celeste, al quale volle rimanere fedele ad ogni costo. 
Sconfitta e delusa, Afrodisia riconsegna a Quinziano Agata dicendo: “Ha la testa più dura della lava dell’Etna”. Allora furioso, il proconsole imbastì un processo contro di lei, che si presentò vestita da schiava come usavano le vergini consacrate a Dio; “Se sei libera e nobile” le obiettò il proconsole, “perché ti comporti da schiava?” e lei risponde “Perché la nobiltà suprema consiste nell’essere schiavi del Cristo”. 
Il giorno successivo altro interrogatorio accompagnato da torture, tralasciamo i testi degli interrogatori per motivo di spazio, del resto sono articolati diversamente da una ‘passio’ all’altra. Ad Agata vengono stirate le membra, lacerata con pettini di ferro, scottata con lamine infuocate, ma ogni tormento invece di spezzarle la resistenza, sembrava darle nuova forza, allora Quinziano al colmo del furore le fece strappare o tagliare i seni con enormi tenaglie. 
Questo risvolto delle torture, costituirà in seguito il segno distintivo del suo martirio, infatti Agata viene rappresentata con i due seni posati su un piatto e con le tenaglie. Riportata in cella sanguinante e ferita, soffriva molto per il bruciore e dolore, ma sopportava tutto per l’amore di Dio; verso la mezzanotte mentre era in preghiera nella cella, le appare s. Pietro apostolo, accompagnato da un bambino porta lanterna, che la risana le mammelle amputate. 
Trascorsi altri quattro giorni nel carcere, viene riportata alla presenza del proconsole, il quale visto le ferite rimarginate, domanda incredulo cosa fosse accaduto, allora la vergine risponde: “Mi ha fatto guarire Cristo”. Ormai Agata costituiva una sconfitta bruciante per Quinziano, che non poteva sopportare oltre, intanto il suo amore si era tramutato in odio e allora ordina che venga bruciata su un letto di carboni ardenti, con lamine arroventate e punte infuocate. 
A questo punto, secondo la tradizione, mentre il fuoco bruciava le sue carni, non brucia il velo che lei portava; per questa ragione “il velo di sant’Agata” diventò da subito una delle reliquie più preziose; esso è stato portato più volte in processione di fronte alle colate della lava dell’Etna, avendo il potere di fermarla. 
Mentre Agata spinta nella fornace ardente muore bruciata, un forte terremoto scuote la città di Catania e il Pretorio crolla parzialmente seppellendo due carnefici consiglieri di Quinziano; la folla dei catanesi spaventata, si ribella all’atroce supplizio della giovane vergine, allora il proconsole fa togliere Agata dalla brace e la fa riportare agonizzante in cella, dove muore qualche ora dopo. 
Dopo un anno esatto, il 5 febbraio 252, una violenta eruzione dell’Etna minacciava Catania, molti cristiani e cittadini anche pagani, corsero al suo sepolcro, presero il prodigioso velo che la ricopriva e lo opposero alla lava di fuoco che si arrestò; da allora s. Agata divenne non soltanto la patrona di Catania, ma la protettrice contro le eruzioni vulcaniche e poi contro gli incendi. 
L’ultima volta che il suo patrocinio si è rivelato valido, tramite il miracoloso velo, portato in processione dall’arcivescovo di Catania, è stata nel 1886, quando una delle ricorrenti eruzioni dell’Etna, minacciava la cittadina di Nicolosi, posta sulle pendici del vulcano e che venne risparmiata dalla distruzione. 
Nel 1040 le reliquie della santa, furono trafugate dal generale bizantino Giorgio Maniace, che le trasportò a Costantinopoli; ma nel 1126 due soldati della corte imperiale, il provenzale Gilberto ed il pugliese Goselmo, le riportarono a Catania dopo un’apparizione della stessa santa, che indicava la buona riuscita dell’impresa; la nave approdò la notte del 7 agosto ad Aci Castello, tutti i catanesi risvegliatisi e rivestitisi alla meglio, accorsero ad onorare la “Santaituzza”. 
Nei secoli le manifestazioni popolari legate al culto della santa, richiamavano gli antichi riti precristiani alla dea Iside, per questo s. Agata con il simbolismo delle mammelle tagliate e poi risanate, assume una possibile trasfigurazione cristiana del culto di Iside, la benefica Gran Madre, anche se era appena una quindicenne. 
Ciò spiegherebbe anche il patronato di s. Agata sui costruttori di campane, perché si sa, nei culti precristiani la campana era simbolo del grembo della Mater Magna. Le sue reliquie sono conservate nel duomo di Catania in una cassa argentea, opera di celebri artisti catanesi; vi è anche il busto argenteo della “Santaituzza”, opera del 1376, che reca sul capo una corona, dono secondo la tradizione, di re Riccardo Cuor di Leone. 
Il culto per s. Agata fu talmente grande, che fino al XVI secolo, essa era contesa come appartenenza anche da Palermo, la questione è stata a lungo discussa, finché a Palermo il culto per la santa, fu soppiantato da quello per s. Rosalia. Anche a Roma fu molto venerata, papa Simmaco (498-514) eresse in suo onore una basilica sulla Via Aurelia e un’altra le fu dedicata da S. Gregorio Magno nel 593. 
Nel XIII secolo nella sola diocesi di Milano si contavano ben 26 chiese a lei intitolate. Celebrazioni e ricorrenze per la sua festa avvengono un po’ in tutta Italia, perfino a San Marino, ma è Catania il centro più folcloristico e religioso del suo culto, le feste sono due il 5 febbraio e il 17 agosto, con caratteristiche processioni con il prezioso busto della santa, custodito nel Duomo. 
Vi sono undici Corporazioni di mestieri tradizionali, che sfilano in processione con le cosiddette ‘Candelore’ fantasiose sculture verticali in legno, con scomparti dove sono scolpiti gli episodi salienti della vita di s. Agata. Il busto argenteo, preceduto dalle ‘Candelore’ è posto a sua volta sul “fercolo”, una macchina trainata con due lunghe e robuste funi, da centinaia di giovani vestiti dal caratteristico ‘sacco’. 
Tante altre manifestazioni popolari e folcloristiche, oggi non più in uso, accompagnavano nei tempi trascorsi questi festeggiamenti, a cui partecipava tutto il popolo con le Autorità di Catania, devotissimo alla sua ‘Santaituzza’.


Autore: Antonio Borrelli





Spunti bibliografici su Sant'Agata a cura di LibreriadelSanto.it
5 FEBBRAIO
Metheórtia dell’Ypapantí, e memoria della santa martire Agata (sotto Decio, 249-251).

                                                                                       VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi, 3 stichirá prosómia della festa e 3 della santa.
Della festa. Tono 4. Hai dato come segno.
Per compiere la Legge secondo la lettera, * l’amico degli   uomini viene ora al tempio. * Lo accoglie tra le sue vec­chie braccia * l’anziano Simeone, esclamando: * Ora lascia che io vada * alla beatitudine di lassú, * perché oggi ti ho visto, * cinto di carne mortale, * tu che sei padrone della vita * e hai potere sulla morte˚.
Tu sei apparso come luce * per illuminare le genti, Signo­re˚, * assiso su una nube leggera˚, * sole di giustizia˚, * per da­re compimento alle ombre della Legge * e manife­stare l’i­nizio della nuova grazia. * Perciò Simeone con­tem­plandoti escla­mava: * Scioglimi dalla corruzione, * perché oggi ti ho visto.
Senza lasciare quanto alla divinità * il seno del Padre, * incarnato secondo il tuo beneplacito, * stretto fra le braccia della sempre Vergine, * fosti posto, tu che tieni in tua mano l’universo, * tra le mani di Simeone, * che ha cosí accolto Dio. * Egli dunque colmo di gioia gridava: * Ora lascia che io me ne vada, * o buono e amico degli uomini, * perché oggi ti ho visto.
Prosómia della santa, stessa melodia.
Hai serbato incorrotto il tuo corpo * per Cristo tuo   sposo, * adorna delle grazie della verginità, * o Agata spo­sa di Dio, * e risplendente per i fulgori del martirio: * e te ne sei andata al talamo divino. * Noi dunque celebriamo * la tua universale solennità, * glorificando il Salvatore * che per sempre ti ha glorificata.
Hai sopportato, o gloriosa, * la recisione delle mam­melle, * le bruciature del fuoco * e le raschiature nel cor­po, * guar­dando con gli occhi del cuore * alle eterne ri­com­pense, * alla beatitudine dell’aldilà * e alla corona che non appassisce˚, * quella che ora Cristo ti ha donato, * perché per lui, o celebra­tissima, * hai splendidamente lottato.
Hai frenato con le tue preghiere * l’assalto indomabile di un fuoco prorompente, * o tu che porti il nome della bontà; * e hai salvato, o martire, * la città che onora le tue sacre reli­quie, * dalle quali raccoglie i fiumi delle guarigioni * nel divino Spirito. * Tu infatti, lottando in questa città, * hai umiliato il nemico * e hai ottenuto la corona della vittoria, * o degna di ogni lode.
Gloria. Della santa. Tono pl. 4. Del Siceota.
Uno straordinario prodigio è avvenuto * in occasione della lotta della gloriosissima Agata, * martire del Cristo Dio, * un prodigio simile a quello di Mosè: * egli infatti, * per dare la Leg­ge al popolo sul monte, * ha ricevuto le Scritture in carat­teri divini, * impresse su tavole˚; * e qui, un angelo dal cielo * ha portato per la tomba * una lapide con questa iscrizione: * In­tel­letto santo, * libero nel vo­lere, * onore da parte di Dio * e liberazione della patria.
Ora e sempre. Della festa. Stesso tono.
Colui che è portato dai cherubini˚ * e celebrato dai sera­fini˚, * presentato oggi nel sacro tempio * secondo la Legge, * ha per trono le braccia di un vegliardo; * per mano di Giusep­pe * riceve doni degni di Dio: * sotto for­ma di una coppia di tortore, * ecco la Chiesa incon­taminata * e il nuovo popolo eletto delle genti, * insieme a due piccoli di colomba˚ * per significare che egli è prin­cipe * dell’antico e del nuovo patto. * Simeone, acco­gliendo il compimento * dell’oracolo che ave­va ricevuto, * benedice la Vergine Madre-di-Dio Maria, * simbo­li­camente predicendole la passione * di colui che da lei era nato, * e a lui chiede di essere sciolto dalla vita, * gri­dan­do: * Ora lascia che me ne vada, o Sovrano, * come mi ave­vi predetto, * perché io ho visto te, luce sempiterna, * e Signore Salvatore * del popolo che da Cristo prende nome.
Allo stico, stichirá della festa.
Tono 1. Martiri degni di ogni lode.
L’immacolata, vera arca di Dio fulgidissima˚, * offren­do  oggi Cristo, il propiziatorio˚, * lo introduce nel tempio * e santamente lo depone * fra le braccia di Simeone dalla mente divina: * per questo viene santi­ficato ora * il santo dei santi * e si rallegra col solo santo.
Stico: Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola: perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.
È stato glorificato oggi Simeone * perché in modo de­gno di Dio * ha accolto il Cristo come carbone ardente: * lo abbraccia, e le sue labbra vengono purificate˚; * per questo egli rende grazie, * chiedendo gioioso di essere ormai congedato. * Tutti dunque, piamente procla­man­dolo ora beato, * onoriamolo con inni incessanti.
Stico: Luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele.
La pura porta vivente, la Vergine, * conduce oggi al tempio il Re e Signore * che ha portato in sé, * attra­ver­sando la porta già anticamente chiusa, * come sta scritto˚; * noi tutti dunque, in coro al suo cospetto, * celebriamola con inni divini.
Gloria. Ora e sempre. Tono 4.
Oggi la Madre sacra * e piú eccelsa del santuario, * al san­tuario è giunta * per mostrare al mondo * l’elargitore e autore della Legge. * Accogliendolo tra le braccia, * il vec­chio Simeo­ne lo celebrava ed esclamava: * Ora lascia che il tuo servo se ne vada, * perché io ho visto te, * il Salvatore delle anime nostre.
Apolytíkion della festa. Tono 1.

Gioisci, Madre-di-Dio Vergine piena di grazia˚: *  da te infatti è sorto * il sole di giustizia˚, * Cristo Dio nostro, * che illumina quanti sono nelle tenebre. * Gioisci an­che tu, * o giusto vegliardo, * accogliendo fra le braccia * il li­be­­ra­tore delle anime nostre * che ci dona anche la risur­rezione.

domenica 1 febbraio 2015

2 Febbraio 2015
Festa dell’incontro (Hypapandì)
Presentazione di Nostro Signore Gesù Cristo al Tempio






         



           Sembra che la festa dell’Incontro abbia avuto origine nella Chiesa di Gerusalemme a partire dal IV secolo. La prima testimonianza che si ha a riguarda viene riportata dalla pellegrina Egeria nel suo Diario di Viaggio, in cui si legge che la memoria veniva celebrata il quarantesimo giorno dopo l’Epifania, cioè il 14 febbraio. Un’altra testimonianza del VI secolo, del Patriarca di Antiochia, Severo, attesta che la festa si celebrava nelle Chiese di Palestina e a Costantinopoli, dove era stata introdotta da poco. Dunque, si può affermare che la Presentazione era festeggiata in tutta la parte orientale dell’impero tra la fine del V secolo e l’inizio del VI.
         Nella cronaca di Teofanie si legge che nell’ottobre del 534 una pestilenza colpì Costantinopoli ed in seguito alla sua cessazione l’imperatore Giustiniano ordinò che la festa si celebrasse nella capitale ed in tutto l’impero il 2 febbraio. Tuttavia, sembra più esatto attribuire la causa dello spostamento di data della commemorazione della festa, dal 14 al 2 febbraio, all’affermazione a Costantinopoli della solennità del Natale al 25 dicembre. Infatti, secondo le prescrizioni del libro del Levitico il bambino doveva essere offerto al 40.mo giorno dalla nascita, per cui se il Natale era festeggiato il 6 gennaio, la Presentazione doveva cadere inevitabilmente il 14 febbraio; se invece la nascita viene arretrata al 25 dicembre il 40.mo giorno cade il 2 febbraio.
         A Roma la festa fu introdotta da papa Sergio I (687-701), un italo-siro proveniente dalla Sicilia. Per alcuni studiosi la festa fu adottata a Roma per soppiantare qualche ricorrenza pagana, quale, quella dei Lupercali o quella della ricerca di Proserpina da parte della madre Cerere.
         La Chiesa bizantina ha conferito alla festa della Presentazione un nome significativo, Hypapandì, cioè Incontro tra l’uomo vecchio e quello nuovo, tra Dio e l’uomo. In tutto questo vi è un motivo di fondo che è il fatto di aver voluto porre l’accento sull’incontro tra Gesù con il vecchio giusto Simeone, piuttosto che sottolineare il motivo della Purificazione della Vergine  e dell’offerta del  Bambino al Tempio. Questi temi pur essendo presenti nell’omiletica e nell’innografia, tuttavia lo sono in tono minore rispetto all’episodio dell’Incontro con Simeone.
         La scelta non è casuale, ma si riferisce alla spiritualità dell’Oriente. Infatti, sebbene, la festa fosse celebrata a Costantinopoli fin dal 602 nella chiesa della Vergine Blacherne, non ha mai assunto significato di ricorrenza mariana come, invece, è accaduto in Occidente, (Candelora), bensì è stata annoverata sempre tra le feste del Signore (despòtiche).
         L’episodio dell’incontro è descritto nella pericope evangelica che si legge nella Divina Liturgia tratta dal Vangelo di Luca cap. 2 versetti 22-40: “Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il Bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni primogenito maschio sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o do giovani colombe, come prescrive la Legge del Signore. Ora, a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele; lo Spirito Santo che era su di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso, dunque, dallo Spirito, si recò al Tempio; e mentre i genitori vi portavano il Bambino Gesù per adempiere la legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: <>. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: <>. C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni da quando era ragazza, era poi rimasta  vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la Legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazareth. Il Bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza e la grazia di Dio era sopra di Lui”.

         Il testo inizia con l’adempimento del precetto sui primogeniti maschi. Secondo il libro del Levitico spettava alla madre adempiere i precetti sul suo neonato, così che alla fine di questi ella poteva rientrare nell’assemblea liturgica del popolo di Dio. Dopo 40 giorni dal parto, la madre doveva presentarsi al santuario per offrire al Signore il sacrificio per mezzo del sacerdote. Questo consisteva in un agnello e una colomba o una tortora. Se era povera offriva due colombe o due tortore, una per l’olocausto al Signore (segno di lode e di grazia), e l’altro per il sacrificio di purificazione. Dopo questo la donna poteva essere riammessa nella purità rituale, altrimenti avrebbe reso impuro tutto ciò che avrebbe toccato. Quindi Maria esegue quanto prescritto dalla legge. È necessario ritenere due elementi: i genitori portano il bambino per farlo presentare in segno di consacrazione al Signore, questo sottolinea il sacrificio permanente con cui il Figlio si dona alla comunione d’amore con il Padre. In secondo luogo si mette in evidenza la povertà dei genitori che offrono con tutto il cuore tutto ciò che hanno: due piccoli uccelli, innocenti e puri.
         La presentazione di Gesù al tempio rappresenta anche l’incontro di Dio con il suo popolo rappresentato qui dal vecchio Simeone, un uomo giusto e pio che come tanti altri ebrei attendeva la consolazione d’Israele. Quest’attesa era guidata e consolata dallo Spirito Santo che stava su di lui, e che gli aveva comunicato che non sarebbe morto se non dopo aver visto il Messia, ossia il Salvatore del suo popolo. Simeone guidato dallo Spirito riconosce nel Bambino il Messia d’Israele, il Figlio diletto venuto a riscattare il debito e restituire all’uomo l’antica dignità. Privilegiando quest’aspetto dell’Incontro la Chiesa bizantina ha voluto porre un accento particolare sull’ineffabile atto d’amore che il Signore ha compiuto a favore della sua “immagine”. Egli si è incarnato e per amore è apparso uomo, per attirare a sé come uomo l’umanità. Il Signore Onnipotente, però, si è presentato come umile servitore, perché l’uomo non rimanesse sbigottito di fronte alla Sua maestà infinita e sentisse la propria fragilità ed impurità, ma come Simeone gli corresse incontro e, tenendolo tra le braccia, potesse sperimentare tutta la sua confidenza. Ciò vuole, dunque, significare che ogni uomo è Simeone, ed in qualsiasi momento può incontrare il Signore, riceverlo nelle proprie mani accostandosi all’Eucaristia. Tutto questo segna il passaggio dalla Legge alla fede come dice S. Paola nella lettera ai Galati: “Prima che venisse la fede, eravamo chiusi sotto la custodia della Legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Così la Legge è come un pedagogo che ci ha condotti a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. Ma quando è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi, infatti, siete figli di Dio per la pace in Gesù Cristo, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo”.







YPAPANTÍ 
DEL SIGNORE, 
DIO E SALVATORE NOSTRO GESÚ CRISTO
2 FEBBRAIO YPAPANTÍ DEL SIGNORE,  DIO E SALVATORE NOSTRO GESÚ CRISTO
GRANDE VESPRO
Si salmeggia Beato l’uomo. Al Signore, ho gridato, 6 stichi e i seguenti stichirá idiómela da ripetere due volte.
Tono 1. Del patriarca Germano.
Di’ dunque, Simeone, * chi porti tra le braccia nel tempio, * per esultare cosí? * A chi gridi e acclami? * Ora sono stato liberato, * perché ho visto il mio Salvatore. * Questi è colui che è stato partorito dalla Vergine: * è il Verbo, Dio da Dio, * colui che per noi si è incarnato * e ha salvato l’uomo. * Adoriamolo. 
Accogli, Simeone, * colui che Mosè vide in pre¬cedenza, nella caligine, * quando gli dava la Legge sul Sinai˚, * e che ora, divenuto bambino, * si assoggetta alla Legge. * Questi è colui che ha parlato * mediante la Legge; * questi è colui di cui è detto nei profeti, * colui che si è incarnato per noi * e ha salvato l’uomo. * Adoriamolo!
Venite, andiamo anche noi incontro a Cristo * con canti divinamente ispirati, * e accogliamo colui * di cui Simeone ha visto la salvezza˚. * Questi è colui che Davide annuncia; * que¬sti è colui che ha parlato nei profeti, * colui che si è in¬car¬nato per noi * e che parla nella Legge. * Adoriamolo!
Gloria. Ora e sempre. Tono pl. 2. Di Giovanni monaco.
Si apra oggi la porta del cielo, * perché il Verbo eterno del Padre, * assunto un principio temporale, * senza uscire dalla sua divinità, * è presentato per suo volere al tempio della Leg¬ge * da Vergine Madre, * come bimbo di quaranta giorni; * e il vegliardo lo prende tra le braccia, * gridando come servo al Sovrano: * Lascia che me ne vada, * perché i miei occhi han¬no visto la tua salvezza˚. * O tu che sei venuto nel mondo * per sal¬¬¬vare il genere umano, * Signore, * gloria a te.
Ingresso, Luce gioiosa, il prokímenon del giorno e le letture.
Lettura dell’Esodo (13,1-3.11s.14-16 e Lev. 12, passim).
Il Signore parlò a Mosè nel giorno in cui condusse i figli d’Israele dalla terra d’Egitto, dicendo: Consacrami ogni primo parto, ogni primo nato che apre ogni grembo tra i figli d’Israele. Disse Mosè al popolo: Ricordatevi di questo giorno nel quale siete usciti dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitú; poiché con mano potente il Signore vi ha tratti di là. E osservate la sua legge. E quando il Signore Dio ti introdurrà nella terra dei cananei, come ha giurato ai tuoi padri, separerai per il Signore ogni maschio che apre il grembo. E se in seguito tuo figlio ti chiederà: Perché questo?, tu gli dirai: Perché con mano potente il Signore ci ha tratti dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitú. E quando il faraone si indurí e non voleva lasciarci partire, il Signore uccise ogni primo¬genito della terra d’Egitto, dai primogeniti degli uomini fino a quelli degli animali. Per questo io immolo al Signore ogni maschio che apre il grembo, e riscatto il primogenito dei miei figli. E ciò sarà un segno sulla tua mano, e resterà fisso davanti ai tuoi occhi, perché cosí dice il Signore onnipotente: Tu darai a me i primogeniti dei tuoi figli.
E chiunque genererà un figlio maschio, il giorno ottavo circonciderà la carne del suo prepuzio. E per trentatré giorni non andrà nel santuario di Dio dal sacerdote finché siano compiuti i giorni della purificazione. Dopo porterà al Signore un agnello di un anno, senza macchia, come olocausto, e un piccolo di colomba o di tortora, alla porta della tenda della testimonianza, al sacerdote; oppure, in luogo di questo, por¬terà al Signore, due piccoli di colomba o due tortore. E il sa¬cer¬dote farà la propiziazione per lui. Poiché questi mi sono dati come offerta tra tutti i figli d’Israele: li ho presi e li ho santificati per me, in luogo dei primogeniti d’Egitto, nel giorno in cui ho colpito ogni primogenito nella terra d’Egitto, dall’uomo fino al bestiame: dice il Signore Dio, l’Altissimo, il Santo d’Israele.
Lettura della profezia di Isaia (6,1-12).
L’anno della morte del re Ozia, vidi il Signore assiso su un trono eccelso ed elevato, e la casa era piena della sua gloria. Intorno a lui stavano serafini con sei ali ciascuno: con due si coprivano il volto, con due si coprivano i piedi, e con due volavano. E gridavano l’uno all’altro dicendo: Santo, santo, santo, il Signore Sabaoth, piena è tutta la terra della sua gloria. E si sollevò l’architrave della porta per la voce del loro grido, e la casa si riempí di fumo. E io dissi: Me infelice! Sono preso da compunzione perché io che sono uomo, che ho labbra impure e vivo in mezzo a un popolo dalle labbra impure, ho visto con i miei occhi il Re, il Signore Sabaoth.E fu mandato a me uno dei serafini con in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Toccò la mia bocca e disse: Ecco, questo ha toccato le tue labbra, toglierà le tue iniquità e ti purificherà dai tuoi peccati. E udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò? E chi andrà a questo popolo? E io dissi: Ecco¬mi, manda me. E disse: Va’, e di’ a questo po¬polo: Con le orecchie udrete e non compren¬derete, guar¬derete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è appe¬san¬tito e a fatica hanno udito con le orecchie, e hanno chiuso gli occhi per non vedere con gli occhi e non udire con le orecchie e col cuore comprendere, per convertirsi, in modo che io li guarisca. E dissi: Fino a quando, Signore? Rispose: Finché le città siano rese deserte, perché non vi saranno abitanti, e le case, perché non vi saranno uomini, e la terra sia lasciata deserta. Dopo ciò Dio allontanerà gli uomini, e si moltipli¬che¬ranno quelli che saranno stati lasciati sulla terra.
Lettura della profezia di Isaia (19 passim).
Ecco il Signore siede su una nube leggera: andrà in Egitto e saranno scossi dinnanzi al suo volto gli idoli dell’Egitto fatti da mano d’uomo, e in loro il loro cuore sarà vinto. E il loro spirito sarà in essi sconvolto. Dissiperò il loro consiglio e consegnerò l’Egitto in mano di duri padroni. Cosí dice il Signore Sabaoth. Gli egiziani berranno l’acqua lungo il mare, mentre il fiume si esaurirà e si disseccherà. Cosí dice il Signore: Dove sono ora i tuoi sapienti? Ti annuncino dunque e dicano: Che cosa ha decretato il Signore Sabaoth sull’Egitto? In quel giorno gli egiziani saranno come donne in timore e tremore di fronte alla mano del Signore Sabaoth, che egli porrà su di loro. E vi sarà un altare per il Signore nel paese degli egiziani e una stele per il Signore presso il suo confine. E sarà per il Signore un segno eterno nel paese degli egiziani: essi grideranno al Signore ed egli manderà loro un uomo che li salverà. Il Signore sarà conosciuto dagli egiziani; gli egiziani conosceranno il Signore in quel giorno, gli offriranno un sa¬crificio e un’offerta, faranno voti al Signore e li adempi¬ranno.
Alla lití. Gloria. Tono pl. 1. Di Andrea di Creta.
Scrutate le Scritture˚, * come disse nei vangeli * il Cristo Dio nostro: * in esse infatti noi lo troviamo * partorito e avvolto in fasce, * allevato e allattato, * cir¬conciso e portato da Simeone, * non in apparenza né come in una visione, * ma in verità apparso al mondo. * A lui acclamiamo: * O Dio che sei prima dei secoli˚, gloria a te.
Ora e sempre. Stesso tono. Di Germano, oppure secondo altri, di Anatolio. I re magi di Persia.
L’Antico di giorni, divenuto bambino nella carne˚, * è porta¬to al santuario dalla Madre Vergine * per compiere quanto era dichiarato * dalla propria Legge. * Simeone, acco¬gliendolo con gioia, diceva: * Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo * vada in pace secondo la tua parola; * perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza˚, * o Signore.
Allo stico, stichirá idiómela. 
Tono grave. Di Cosma monaco.
Adorna il tuo talamo, o Sion, * e accogli il Re Cristo; * abbraccia Maria, la celeste porta˚, * perché essa è di¬venuta trono di cherubini˚, * essa porta il Re della gloria˚; * è nube di luce la Vergine * perché reca in sé, nella carne, * il Figlio che è prima della stella del mat¬tino˚. * Simeone lo pren¬de tra le braccia * e annuncia ai popoli * che egli è Signore del¬la vita e della morte˚, * il Salvatore del mondo˚.
Stico: Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo vada in pace se¬condo la tua parola: perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.
La Madre ignara di nozze, * portando al tempio colui che prima dei secoli * dal Padre è rifulso, * e alla fine dei tem¬pi, da grembo verginale˚, * presentava colui che sul monte Sinai * aveva dato la Legge, * e ora ubbidiva al comando della Legge, * al giusto e anziano sacerdote, * al quale era stato vaticinato * che avrebbe visto il Cristo Signore. * Accogliendolo tra le braccia, * Simeone esultò acclamando: * Dio è costui, * al Padre coeterno, * e Redentore delle anime nostre.
Stico: Luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele.
La Madre-di-Dio Maria, * recando tra le braccia * colui che è portato sui carri dei cherubini˚ * ed è celebrato con canti dai serafini˚, * da lei senza nozze incarnato, * metteva nelle mani del vecchio sacerdote * il datore della Legge che compiva l’ordine della Legge: * ed egli, por¬tando la vita, * chiedeva di essere sciolto dalla vita, dicendo: * Ora lascia che io me ne va¬da, o Sovrano, * per annunciare ad Adamo * che ho visto il Dio che è prima dei secoli˚ * senza mutamento fatto bambino, * e Sal¬va¬tore del mondo˚.
Gloria. Ora e sempre. Tono pl. 4. Di Andrea di Creta.
Colui che è portato dai cherubini˚ * e celebrato dai sera¬fi¬ni˚, * presentato oggi nel sacro tempio * secondo la Legge, * ha per trono le braccia di un vegliardo; * per mano di Giuseppe * riceve doni degni di Dio: * sotto forma di una coppia di tor¬tore, * ecco la Chiesa incon¬taminata * e il nuovo popolo eletto delle genti, * insieme a due piccoli di colomba˚ * per signi¬fi¬care che egli è principe * dell’antico e del nuovo patto. * Si¬meo¬ne, acco¬gliendo il compimento * dell’oracolo che aveva ricevuto, * benedice la Vergine Madre-di-Dio Maria, * simbo¬li¬camente predicendole la passione * di colui che da lei era nato, * e a lui chiede di essere sciolto dalla vita, * gri¬dan¬do: * Ora la¬scia che me ne vada, o Sovrano, * come mi ave¬vi predetto, * per¬ché io ho visto te, luce sempiterna, * e Signore Salvatore * del popolo che da Cristo prende nome.
Apolytíkion. Tono 1.
Gioisci, Madre-di-Dio Vergine piena di grazia˚: * da te infatti è sorto * il sole di giustizia˚, * Cristo Dio no¬stro, * che illumina quanti sono nelle tenebre. * Gioisci anche tu, * o giusto vegliardo, * accogliendo fra le braccia * il libe¬ratore delle anime nostre * che ci dona anche la risurrezione. 3 volte.
Congedo.
Colui che ha accettato di essere portato tra le braccia del giusto Simeone per la nostra salvezza, Cristo, vero Dio nostro...

                                                                GRANDE VESPRO


Tono 1. Del patriarca Germano.
     Di’ dunque, Simeone, * chi porti tra le braccia nel tempio, * per esultare cosí? * A chi gridi e acclami? * Ora sono stato liberato, * perché ho visto il mio Salvatore. * Questi è colui che è stato partorito dalla Vergine: * è il Verbo, Dio da Dio, * colui che per noi si è incarnato * e ha salvato l’uomo. * Adoriamolo.
     Accogli, Simeone, * colui che Mosè vide in precedenza, nella caligine, * quando gli dava la Legge sul Sinai˚, * e che ora, divenuto bambino, * si assoggetta alla Legge. * Questi è colui che ha parlato * mediante la Legge; * questi è colui di cui è detto nei profeti, * colui che si è incarnato per noi * e ha salvato l’uomo. * Adoriamolo!
     Venite, andiamo anche noi incontro a Cristo * con canti divinamente ispirati, * e accogliamo colui * di cui Simeone ha visto la salvezza˚. Questi è colui che Davide annuncia; questi è colui che ha parlato nei profeti,colui che si è incarnato per noi e che parla nella Legge.  Adoriamolo!
Gloria. Ora e sempre. Tono pl. 2. Di Giovanni monaco.
       Si apra oggi la porta del cielo, * perché il Verbo eterno del Padre, * assunto un principio temporale, * senza uscire dalla sua divinità, * è presentato per suo volere al tempio della Legge * da Vergine Madre, * come bimbo di quaranta giorni; * e il vegliardo lo prende tra le braccia, * gridando come servo al Sovrano: * Lascia che me ne vada, * perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza˚. * O tu che sei venuto nel mondo * per salvare il genere umano, * Signore, * gloria a te.
 
Ingresso, Luce gioiosa, il prokímenon del giorno e le letture.
 
Lettura dell’Esodo (13,1-3.11s.14-16 e Lev. 12, passim).

   Il Signore parlò a Mosè nel giorno in cui condusse i figli d’Israele dalla terra d’Egitto, dicendo: Consacrami ogni primo parto, ogni primo nato che apre ogni grembo tra i figli d’Israele. Disse Mosè al popolo: Ricordatevi di questo giorno nel quale siete usciti dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitú; poiché con mano potente il Signore vi ha tratti di là. E osservate la sua legge. E quando il Signore Dio ti introdurrà nella terra dei cananei, come ha giurato ai tuoi padri, separerai per il Signore ogni maschio che apre il grembo. E se in seguito tuo figlio ti chiederà: Perché questo?, tu gli dirai: Perché con mano potente il Signore ci ha tratti dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitú. E quando il faraone si indurí e non voleva lasciarci partire, il Signore uccise ogni primogenito della terra d’Egitto, dai primogeniti degli uomini fino a quelli degli animali. Per questo io immolo al Signore ogni maschio che apre il grembo, e riscatto il primogenito dei miei figli. E ciò sarà un segno sulla tua mano, e resterà fisso davanti ai tuoi occhi, perché cosí dice il Signore onnipotente: Tu darai a me i primogeniti dei tuoi figli.
E chiunque genererà un figlio maschio, il giorno ottavo circonciderà la carne del suo prepuzio. E per trentatré giorni non andrà nel santuario di Dio dal sacerdote finché siano compiuti i giorni della purificazione. Dopo porterà al Signore un agnello di un anno, senza macchia, come olocausto, e un piccolo di colomba o di tortora, alla porta della tenda della testimonianza, al sacerdote; oppure, in luogo di questo, por¬terà al Signore, due piccoli di colomba o due tortore. E il sacerdote farà la propiziazione per lui. Poiché questi mi sono dati come offerta tra tutti i figli d’Israele: li ho presi e li ho santificati per me, in luogo dei primogeniti d’Egitto, nel giorno in cui ho colpito ogni primogenito nella terra d’Egitto, dall’uomo fino al bestiame: dice il Signore Dio, l’Altissimo, il Santo d’Israele.

Lettura della profezia di Isaia (6,1-12).
     L’anno della morte del re Ozia, vidi il Signore assiso su un trono eccelso ed elevato, e la casa era piena della sua gloria. Intorno a lui stavano serafini con sei ali ciascuno: con due si coprivano il volto, con due si coprivano i piedi, e con due volavano. E gridavano l’uno all’altro dicendo: Santo, santo, santo, il Signore Sabaoth, piena è tutta la terra della sua gloria. E si sollevò l’architrave della porta per la voce del loro grido, e la casa si riempí di fumo. E io dissi: Me infelice! Sono preso da compunzione perché io che sono uomo, che ho labbra impure e vivo in mezzo a un popolo dalle labbra impure, ho visto con i miei occhi il Re, il Signore Sabaoth.E fu mandato a me uno dei serafini con in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Toccò la mia bocca e disse: Ecco, questo ha toccato le tue labbra, toglierà le tue iniquità e ti purificherà dai tuoi peccati. E udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò? E chi andrà a questo popolo? E io dissi: Eccomi, manda me. E disse: Va’, e di’ a questo po¬polo: Con le orecchie udrete e non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è appe¬santito e a fatica hanno udito con le orecchie, e hanno chiuso gli occhi per non vedere con gli occhi e non udire con le orecchie e col cuore comprendere, per convertirsi, in modo che io li guarisca. E dissi: Fino a quando, Signore? Rispose: Finché le città siano rese deserte, perché non vi saranno abitanti, e le case, perché non vi saranno uomini, e la terra sia lasciata deserta. Dopo ciò Dio allontanerà gli uomini, e si moltiplicheranno quelli che saranno stati lasciati sulla terra.

Lettura della profezia di Isaia (19 passim).
Ecco il Signore siede su una nube leggera: andrà in Egitto e saranno scossi dinnanzi al suo volto gli idoli dell’Egitto fatti da mano d’uomo, e in loro il loro cuore sarà vinto. E il loro spirito sarà in essi sconvolto. Dissiperò il loro consiglio e consegnerò l’Egitto in mano di duri padroni. Cosí dice il Signore Sabaoth. Gli egiziani berranno l’acqua lungo il mare, mentre il fiume si esaurirà e si disseccherà. Cosí dice il Signore: Dove sono ora i tuoi sapienti? Ti annuncino dunque e dicano: Che cosa ha decretato il Signore Sabaoth sull’Egitto? In quel giorno gli egiziani saranno come donne in timore e tremore di fronte alla mano del Signore Sabaoth, che egli porrà su di loro. E vi sarà un altare per il Signore nel paese degli egiziani e una stele per il Signore presso il suo confine. E sarà per il Signore un segno eterno nel paese degli egiziani: essi grideranno al Signore ed egli manderà loro un uomo che li salverà. Il Signore sarà conosciuto dagli egiziani; gli egiziani conosceranno il Signore in quel giorno, gli offriranno un sacrificio e un’offerta, faranno voti al Signore e li adempi¬ranno.
 
Alla lití. Gloria. Tono pl. 1. Di Andrea di Creta.
Scrutate le Scritture˚,come disse nei vangeli il Cristo Dio nostro: in esse infatti noi lo troviamo  partorito e avvolto in fasce, allevato e allattato,circonciso e portato da Simeone,  non in apparenza né come in una visione, ma in verità apparso al mondo. A lui acclamiamo: O Dio che sei prima dei secoli˚, gloria a te.
Ora e sempre. Stesso tono. Di Germano, oppure secondo altri, di Anatolio. I re magi di Persia.
L’Antico di giorni, divenuto bambino nella carne˚, è portato al santuario dalla Madre Vergine * per compiere quanto era dichiarato * dalla propria Legge. * Simeone, accogliendolo con gioia, diceva: * Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo * vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza˚, * o Signore.
Allo stico, stichirá idiómela.
Tono grave. Di Cosma monaco.
Adorna il tuo talamo, o Sion, e accogli il Re Cristo; abbraccia Maria, la celeste porta, perché essa è divenuta trono di cherubini, essa porta il Re della gloria˚;è nube di luce la Vergine perché reca in sé, nella carne, il Figlio che è prima della stella del mattino. Simeone lo prende tra le braccia * e annuncia ai popoli che egli è Signore della vita e della morte,il Salvatore del mondo˚.
Stico: Ora lascia, o Sovrano, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola: perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza.
       La Madre ignara di nozze, * portando al tempio colui che prima dei secoli * dal Padre è rifulso,e alla fine dei tempi, da grembo verginale˚, presentava colui che sul monte Sinai aveva dato la Legge, e ora ubbidiva al comando della Legge, * al giusto e anziano sacerdote, al quale era stato vaticinato * che avrebbe visto il Cristo Signore. Accogliendolo tra le braccia, * Simeone esultò acclamando:Dio è costui, al Padre coeterno, e Redentore delle anime nostre.
Stico: Luce per illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele.
      La Madre-di-Dio Maria, * recando tra le braccia colui che è portato sui carri dei cherubini ed è celebrato con canti dai serafini˚, da lei senza nozze incarnato, metteva nelle mani del vecchio sacerdote * il datore della Legge che compiva l’ordine della Legge:ed egli, portando la vita, chiedeva di essere sciolto dalla vita, dicendo: * Ora lascia che io me ne vada, o Sovrano, per annunciare ad Adamo che ho visto il Dio che è prima dei secoli˚ senza mutamento fatto bambino, * e Salvatore del mondo˚.
Gloria. Ora e sempre. Tono pl. 4. Di Andrea di Creta.
      Colui che è portato dai cherubini e celebrato dai serafini,presentato oggi nel sacro tempio  secondo la Legge, ha per trono le braccia di un vegliardo;per mano di Giuseppe riceve doni degni di Dio:sotto forma di una coppia di tortore, ecco la Chiesa incontaminata e il nuovo popolo eletto delle genti, insieme a due piccoli di colomba per significare che egli è principe dell’antico e del nuovo patto.Simeone, accogliendo il compimento dell’oracolo che aveva ricevuto, * benedice la Vergine Madre-di-Dio Maria, simbolicamente predicendole la passione di colui che da lei era nato, e a lui chiede di essere sciolto dalla vita, gridando: Ora lascia che me ne vada, o Sovrano, come mi avevi predetto, perché io ho visto te, luce sempiterna, e Signore Salvatore * del popolo che da Cristo prende nome.
Apolytíkion. Tono 1.
        Gioisci, Madre-di-Dio Vergine piena di grazia˚:da te infatti è sorto il sole di giustizia, Cristo Dio nostro,che illumina quanti sono nelle tenebre.Gioisci anche tu,o giusto vegliardo, * accogliendo fra le braccia il liberatore delle anime nostre che ci dona anche la risurrezione. 3 volte.
Congedo.
Colui che ha accettato di essere portato tra le braccia del giusto Simeone per la nostra salvezza, Cristo, vero Dio nostro...