sabato 30 agosto 2014

31 AGOSTO
       Memoria della deposizione della preziosa cintura della Santissima Madre-di-Dio (942).
                                                                                

VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi e 3 stichirá prosó­mia, ripetendoli due volte.
Tono 4. Come generoso fra i martiri.

    L'urna contenente la tua cintura, * o Madre-di-Dio, * si  fa ogni giorno conoscere ai tuoi servi * come arca di san­ti­tà˚, * come sacra cinta fortificata, * gloria e vanto * e ­fonte di guarigioni: * per questo oggi, in sacra as­sem­blea, * celebriamo le tante tue magnificenze * e l’o­cea­no dei tuoi prodigi.
   Ci rallegriamo di avere questa festa * della santa deposi­zione della tua cintura, * o Madre-di-Dio: * perché oggi ti sei degnata di donare alla tua città * una sacra mura­glia, * un asilo inviolabile, * un dono pre­zioso, * un’inaliena­bile ricchezza di guarigioni, * un fiume ricol­mo * dei carismi dello Spirito.
    Ecco il luogo gloriosissimo, * ecco la casa piena di luce, * nella quale è stato deposta * la cintura della Madre-di-Dio, * preziosa in virtú della grazia. * Veni­te, uomini, * ad attingerne visibilmente illuminazione e perdono, * e con cuore grato acclamate: * Ti benedicia­mo, Vergine tutta santa, * noi salvati dal tuo parto.
Gloria. Ora e sempre. Tono 2.
   La Chiesa di Dio ha cinto la tua santa cintura, * o Madre-di-Dio tutta immacolata, * come fulgidissima corona, * e risplende oggi gioiosa, * e misticamente danza, o Sovrana, * acclamando a te: * Gioisci, prezioso diadema * e corona della divina gloria. * Gioisci, sola gloria e gioia eterna * dell’intero popolo cristiano. * Gioi­sci, porto, prote­zione e salvezza * di quanti accorrono a te.
Allo stico, stichirá prosómia.
Tono 4. Hai dato come segno.

     Hai dato alla tua città la tua cintura, * o gloriosissima, come sicurissimo vincolo * che con divine energie la custodisce da ogni pericolo * e la conserva inespugnabile per i nemici, * mentre essa acclama: * Mia forza e mio vigore * e mia degna esultanza * è solo il tuo Figlio e Signore, * lui che è pietoso.
Stico: Ha santificato la sua dimora l’Altissimo.
Coloro che piamente regnano, o tutta pura, * gioiosa­mente cinti della tua cintura * come di prezioso diadema, * si gloriano nelle tue magnificenze * e si rendono temibili * per i nemici che sempre ci combattono; * celebrandoti, gridano a colui * che oltre ogni comprensione da te è nato: * O Gesú onnipotente, * salva tutti, nella tua amorosa pietà.
Stico: Gli impeti del fiume rallegrano la città di Dio.
Cingici di potenza, o Vergine, * con la tua cintura, * rafforzandoci contro i nemici, * sottomettendo le passioni * che ci tiranneggiano e ci fanno guerra, * e sempre elargendoci con l’impassibilità * i premi della vittoria, * perché puramente ti glorifichiamo * e gridiamo con ardore al Figlio tuo: * O Gesú onnipotente, * salva tutti, nella tua amorosa pietà.
Gloria. Ora e sempre. Tono 2.
Con i sensi e la mente purificàti, * anche noi cele­briamo gioiosi con gli angeli * una festa solenne, * intonando il canto di Davide * per la Vergine sposa * del Cristo Re Dio nostro, * e diciamo: * Sorgi, Signo­re, verso il tuo riposo, * tu e l’arca della tua santità˚: * tu l’hai infatti adornata * come piacevole palazzo e l’hai data in eredità * alla tua città, o Sovrano, * per­ preser­varla e proteggerla * con la tua possente forza * dai barbari avver­sari, * grazie alle sue pre­ghiere.     
Apolytíkion. Tono pl. 4.

      Madre-di-Dio sempre Vergine, * protezione degli uomini, * hai donato alla tua città, come potente riparo, * la veste e la cintura del tuo corpo immacolato, * rima­ste incorrot­te * grazie al tuo parto senza seme: * in te infatti natura e tempo sono rinnovati. * Noi dunque ti sup­pli­chiamo * di donare a tutta la terra la pace, * e alle anime nostre la grande miseri­cordia˚.          

                                                      ORTHROS
Dopo la prima sticología, káthisma.
Tono 1. I soldati a guardia della tua tomba.

      Noi fedeli celebriamo la venerabile cintura * della pura dimora del tuo corpo, * Vergine santissima, * dalla quale attingiamo la guarigione dei nostri mali, * e acclamiamo: * O Madre del Dio altissimo, * tu sei il riscatto di quanti ti onorano, * o Maria da Dio eletta.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Dopo la seconda sticología, káthisma.
Tono 4. Ti sei manifestato oggi.

Il tuo popolo, o degna di ogni canto, * fa festa oggi per la deposizione della tua preziosa cintura, * e con ardore a te grida: * Gioisci, Vergine, vanto dei cristiani.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Kondákion. Tono 2. Tomba e morte non hanno trattenuto.

      La preziosa cintura * che ha cinto il tuo grembo dimora di Dio, * è per la tua città, o Madre-di-Dio, * forza invinci­bile * e inesauribile tesoro di beni, * o sola sempre Ver­gine che hai potuto generare.
Ikos. Circonda di una muraglia i miei sensi.
Quale discorso dei figli della terra * narrerà le tue magnificenze? * Quale lingua dei mortali? * Neppure un intelletto celeste può tanto. * Ma tu che hai partorito * lo sconfinato oceano della compassione, * ricevi anche ora i canti di labbra sterili, * e dammi divina grazia per cele­brare la tua cintura, * o Sovrana, * per la quale il mondo esulta * cantando con gli angeli i tuoi prodigi, * poiché sei la sola sempre Vergine che hai potuto generarlo.

Sinassario.
Il 31 di questo stesso mese, memoria della deposizione nella santa urna della preziosa cintura della santissima Madre-di-Dio, riportata dall’episcopato di Zila a Costanti­nopoli sotto Giustiniano, nella sua augusta chiesa del quar­tiere di Calcoprateia; si commemora anche la guarigione miracolosa dell’imperatrice Zoe, moglie dell’imperatore Leone il sapiente, in virtú della cintura della Madre-di-Dio.
Per l’intercessione della Madre tua immacolata, o Cristo Dio nostro, abbi pietà di noi e salvaci. Amen.

Exapostilárion. Udite, donne.

Colui che ha fatto superiore a ogni comprensione * tutto ciò che ti riguarda, o pura, * ha onorato con l’incorruzione * la tua veste e la tua cintura, * donandole alla tua città come forza e sicurezza; * celebrandone ora gioiosamente la deposi­zione, * con amore facciamo festa.
Altro exapostilárion, stessa melodia.

     Tu che sei signora di tutte le creature, * o Sovrana, * e sei piena di luminosissima sapienza, * quale Madre del Dio onnipotente, * ricolmami di luce, * di divina conoscenza e di grazia, * col compiersi degli inni che si cantano per te, * pura Madre-di-Dio.
Alle lodi, 4 stichi e 3 stichirá prosómia, ripetendo il primo.
Tono 4. Come generoso fra i martiri.

      O purissima Madre-di-Dio, * la Chiesa ha cinto la tua santa cintura * come fulgidissima corona, * e si rallegra oggi gioiosa, * misticamente danza e a te acclama, * o Sovrana: * Gioisci, corona e diadema divino; * gioisci, sola gloria ed eterna letizia * di tutto il mio popolo.
O purissima Sovrana, * tu che sei poderoso muro di cinta, * indistruttibile sostegno e salvezza * del tuo popolo e della tua città, * hai dato come splendida difesa * la tua preziosissima cintura, * che salva da ogni sorta di sventure * quanti la onorano con fede e con fervido zelo, * o sposa di Dio.
Il tuo tempio, o tutta immacolata, * si rivela oggi fonte inesauribile di prodigi: * i fiumi della grazia si riversano infatti copiosi * dalla tua urna santa * e rallegrano la mente dei fedeli˚ * che con fede e amore a te acclamano: * Tu sei gioia, letizia e vita nostra.   
Gloria. Ora e sempre. Tono 2.

La Chiesa di Dio ha cinto la tua santa cintura, * o Madre-di-Dio tutta immacolata, * come fulgidissima corona, * e risplende oggi gioiosa, * e misticamente danza, o Sovrana, * acclamando a te: * Gioisci, prezioso diadema * e corona della divina gloria. * Gioisci, sola gloria e gioia eterna * dell’intero popolo cristiano. * Gioi­sci, porto, prote­zione e salvezza * di quanti accorrono a te.

31 AGOSTO 

Deposizione della preziosa Cintura della 

Madre di Dio nella chiesa di Chalcoprateia





La Cintura della Madre di Dio, che è stata ritrovata, non si sa molto bene come, nel Vescovato di Zela, nelle vicinanze di Amasée, nell'Ellesponto, fu trasferita a Costantinopoli sotto il regno di Giustiniano (nel 530 circa), e depositata nella chiesa di Chalcoprateia, situata non lontano da Santa Sofia. Vi si celebra, in questo giorno, la Consacrazione della chiesa e le due insigni Reliquie che vi si trovavano: la Santa Cintura e le Fasce di Nostro Signore.

Molti anni dopo, verso l'888, Zoè, sposa dell'imperatore Leone il Saggio, essendo gravemente malata, trovandosi sotto l'effetto di uno spirito maligno, nel corso di una rivelazione, le fu confidato che avrebbe ottenuto la guarigione, con l'imposizione della Cintura della Madre di Dio. L'imperatore fece immediatamente infrangere i sigilli della cassa che conteneva la Reliquia e vi si scoprì, con stupore, che la Santa Cintura, si trovava in uno stato da sembrare nuova e brillante, come se fosse appena stata tessuta.

Si trovò, di lato, un documento che indicava esattamente la data nella quale era stata portata a Costantinopoli e come, lo stesso imperatore, l'aveva riposta nella cassa e sigillata con le sue proprie mani. L'imperatore Leone, baciò la Reliquia con venerazione e la consegnò al Patriarca. Quando il prelato impose la Cintura sul capo dell'imperatrice, questa fu liberata dalla malattia. Tutti resero gloria a Cristo Salvatore e alla sua Santissima Madre e si ricollocò la Reliquia nella cassa, dopo che l'imperatrice l'ebbe impreziosita con fili d'oro.


Tratto dal Synaxario di Constantinopoli, Confermato dal Ménologio* Imperiale (Xe s.) libro liturgico che raccoglie, mese per mese, le preghiere liturgiche, gli inni e le preghiere dedicati a ciascun santo per tutti i giorni dell'anno
                                ORARIO DELLA FESTA
   DELLA SANTISSIMA MADRE DI DIO
                       ODIGITRIA     

                           

lunedì 25 agosto 2014

26 AGOSTO
Memoria dei santi martiri Adriano e Natalia SPOSI 
(sotto Massimiano Galerio, 286-305).
VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi e stichirá prosómia.
Tono 4. Come generoso fra i martiri.
Vedendo la lotta nobilissima, * le generose battaglie dei martiri, * o glorioso, * spontaneamente ti sei presentato allo stadio * con animo forte, * trascurando la carne per il divino amore. * Hai cosí portato a termine * lotte generose, * umiliando la boria dell’avversario, * o valoro­sissimo Adriano.

Rinchiuso in prigione, * battuto a nerbate, * sotto il peso delle catene, * o celebratissimo, * tormentato dalle sbarre * insieme a molti martiri, * con loro hai raggiunto i beni celesti, * avendo come allenatrice, * o nobilissimo Adriano, * la tua consorte Natalia, a Dio diletta.
La consorte di Adamo, * lo fece esiliare dal paradiso, * a causa del consiglio del serpente: * Natalia, invece, con tutta sapienza * ha introdotto Adriano in paradiso, * ammonendolo con sacri discorsi, * insegnandogli a sopportare le fatiche della lotta * che dovevano procurargli le celesti ricompense * e l’eterna gloria.
Gloria. Tono 1. Di Efrem Karia.
Lo zelo per un uomo pio, * spinse una donna amante di Dio * a una luminosa esortazione. * L’ottimo Adriano, infatti, * tratto dalle parole di Natalia, * ha portato a termine la corsa della lotta. * O donna cara a Dio! * Non è stata come Eva * che ha portato ad Adamo la corruzio­ne, * essa che ha invece procurato al consorte * la vita che non ha fine. * Dandole lode insieme al marito, * gridiamo a Cristo: * Dacci aiuto, per intercessione dei tuoi santi.
Ora e sempre. Theotokíon. Esultanza delle schiere celesti.
Dalla tua santa icona, * o tutta immacolata, * vengono liberalmente elargite guarigioni di malattie * a quanti si accostano con fede. * Visita dunque anche me, * nelle mie infermità: * abbi pietà della mia anima, o buona, * e cura il mio corpo.
Allo stico, stichirá prosómia.
Tono 1. Martiri degni di ogni lode.
Tinta la tua veste, o martire, * con la porpora del tuo sangue, * con essa regni ora insieme al tuo Sovrano, * secondo la sua promessa˚, * reso magnifico dagli splendori * e dalle divine bellezze delle lotte. * Implora Cristo di donare alle anime nostre * la pace e la grande misericordia˚.           

Stico: Mirabile è Dio nei suoi santi, il Dio di Israe­le. 
 Martire Adriano, * hai lasciato la via delle passioni, * lasciandoti guidare alla corsa salvifica, * o degno di ogni lode, * e hai preso dimora nelle sedi incorruttibili * con tutti coloro che hanno ubbidito a Cristo: * insieme a loro supplica * perché siano donate alle anime nostre * la pace e la grande misericordia˚.
Stico: Per i santi che sono nella sua terra, il Signore ha reso mirabili, in loro, tutte le sue volontà.       
O prodigio nuovo, * davvero grande e straordinario! * Come può la sapientissima Natalia * indurre il proprio consorte * a subire la spada tagliente? * Chi mai ha visto o udito una cosa simile? * Colui che era stato per la sua vita * come pupilla dell’occhio, * essa bramava consegnar­lo alla morte salvifica.
Gloria. Tono pl. 2.
O coppia immacolata ed eletta dal Signore! * O ottimi coniugi beati in Dio! * O due compagni amati e desiderati da Cristo! * Chi non stupirebbe udendo delle loro azioni * che superano le umane possibilità? * Come dunque la donna è divenuta cosí forte * contro l’aspro tiranno, * e ha rinvigorito il proprio coniuge * perché non soccombesse alle pene * ma per la fede preferisse la morte alla vita? * Oh, i discorsi della sapiente Natalia, * divinamente composti! * O divine esortazioni che avrebbero aperto i cieli * e avrebbero collocato il suo glorioso congiunto, Adriano, * presso il trono stesso del grande Re! * O santi coniugi, pregate dunque per noi * che con amore celebriamo la vostra memoria, * affinché siamo liberati dalle tentazioni * e da ogni tribola­zione.
Ora e sempre. Theotokíon.
O Madre-di-Dio, tu sei la vera vite * che ha prodotto il frutto della vita˚. * Noi ti imploriamo: * intercedi, o Sovrana, * insieme con i martiri e tutti i santi, * per­ché sia fatta misericordia * alle anime no­stre. 
Apolytíkion. Tono 3. La confessione della fede divina.

Hai considerato ricchezza inalienabile * la fede salvifica, * o tre volte beato. * Abbandonata l’empietà paterna * e seguendo le orme del Sovrano, * sei stato arricchito di carismi divini. * O glorioso Adriano, * supplica il Cristo Dio * per la salvezza delle anime nostre.
26    AGOSTO   
Santi Adriano e Natalia Sposi e martiri
 
+ Nicomedia, Bitinia, IV secolo
I santi coniugi Adriano e Natalia subirono insieme il martirio presso Nicomedia in Bitinia, ma il Martyrologium Romanum commemora in data odierna solamente Adriano, in onore del quale il papa Onorio I tramutò in chiesa la curia del Senato Romano
Martirologio Romano: A Roma, commemorazione di sant’Adriano, martire, che a Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, subì il martirio e in suo onore il papa Onorio I trasformò in chiesa la curia del Senato Romano. 

L' unica notizia certa è che esisteva un culto antico e molto forte di un Adriano, martire di Nicomedia, sia in oriente che in occiden­te. II nuovo Martirologio Romano ricorda il santo in questo giorno senza commenti ulteriori. Il resto è supposizione e leggenda.
I bollandisti e l'antico Martirologio Romano affermavano l'esistenza di due diversi Adriani di Nicomedia, entrambi morti martiri, ma in persecuzioni diverse e i cui resti vennero portati ad Argiropoli. Quanto segue è un riassunto di questi racconti.
Si dice che un Adriano fosse un ufficiale pagano alla corte imperia­le a Nicomedia. Assistette al maltrattamento di ventitré cristiani e di­chiarò che anch'egli era cristiano e voleva unirsi a loro. Venne impri­gionato. La sua giovane moglie, Natalia, una cristiana a cui era stato sposato per tredici mesi, fu informata dell'accaduto e corse alla prigio­ne, baciò le sue catene e lo curò. Egli la mandò a casa, promettendo­le di tenerla informata. Quando seppe che stava per essere ucciso, Adriano pagò il guardiano della prigione perché lo lasciasse andare a salutare la moglie, ma ella quando lo vide, pensando che avesse rinne­gato la sua fede, gli sbatté la porta in faccia. Egli le spiegò che gli altri prigionieri erano stati presi in ostaggio fino al suo ritorno, ed essi ritor­narono alla prigione insieme. Natalia bendò le ferite dei prigionieri e si prese cura di loro per una settimana. Adriano fu portato davanti al­l'imperatore ma rifiutò di sacrificare agli idoli, allora .venne frustato e riportato in cella. Altre donne seguirono l'esempio di Natalia, ma l'imperatore impedì loro di entrare in prigione. Allora Natalia si tagliò i capelli, indossò abiti maschili ed entrò in prigione come al solito.
I martiri furono condannati alla morte per spezzamento degli ani. Natalia chiese che il marito potesse essere ucciso per primo, così da ri­sparmiargli la vista dell'agonia degli altri. Ella gli mise le gambe e le braccia nei ceppi, e rimase inginocchiata sul posto mentre il marito veniva ucciso, riuscendo a nascondere una sua mano nei vestiti. Quan­do i corpi vennero bruciati, dovettero trattenerla per impedirle di get­tarsi nel fuoco. La pioggia spense le fiamme e i cristiani poterono con­servare delle reliquie dei martiri, che furono portate e seppellite ad Argyropolis, sul Bosforo vicino a Bisanzio.
Un ufficiale imperiale iniziò a tormentare Natalia con offerte di ma­trimonio, così ella portò la mano del marito ad Argyropolis, dove mori in pace poco dopo il suo arrivo. Ella fu considerata martire per associa­zione, perché il suo corpo fu seppellito con i resti degli altri uccisi.
Questo racconto di chiara invenzione si dimostrò molto commo­vente, rendendo Adriano un martire molto popolare in passato. Di­versi quadri ricordano in maniera raffinata, a volte splendida, la sua morte e l'intervento di Natalia. Era il patrono dei macellai e dei solda­ti e veniva invocato contro la peste.
L'antico Martirologio Romano indicava il 4 marzo come il giorno della sua morte, e l'1 dicembre per quella di Natalia e l'8 settembre per il trasporto dei loro resti a Roma. La festa comune dei santi Adria­no e Natalia, martiri, era l'8 settembre.
Tuttavia un altro Adriano (5 mar.) ricordato da Eusebio come un martire di Cesarea sotto Diocleziano, a volte confuso con il primo Adriano, ha una tradizione più affidabile e molto diversa.
Si dice che sia stato ucciso a Nicomedia sotto Licinio, che fosse il figlio dell'imperatore Probo, che aveva rimproverato Licinio per le sue persecuzioni contro i cristiani. L'imperatore ordinò che venisse ucciso. Suo zio Domizio, vescovo di Bisanzio, seppellì il corpo nei sobborghi della città chiamata Argyropolis. L'antico Martirologio Ro­mano fissa la memoria di questo Adriano il 26 agosto. Il racconto è ugualmente inaffidabile, e meno accattivante degli altri.

Autore: 
Alban Butler

martedì 19 agosto 2014

20 AGOSTO

Metheórtia della Dormizione e 

memoria del santo profeta Samuele 

(1045 a.C.).


VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi con 3 stichirá prosómia della festa e 3 del profeta.
Della festa. Tono pl. 1. Gioisci, tu che sei veramente.
Quando colui che per noi si è fatto come noi * dal tuo purissimo sangue, * si compiacque di toglierti dal mondo * e portarti straordinariamente presso di sé * per la tua purezza, * egli radunò i suoi per la tua sepoltura * mediante una nube che li accompagnava, * facendoli giungere presso di te a un suo cenno, * per dare onore al tuo esodo. * Ed essi contemplandoti, * colmati di grazia, o Vergine, * si prostrarono a te santamente, * acclamando con fede: * Gioisci, tu che hai partorito al mondo * la grande misericordia˚.
Come avete saputo del mio esodo dal corpo? * chiese la purissima Madre-di-Dio * ai sacri discepoli; * che è mai, o figli, questo spettacolo strano? * Ed essi a lei: * All’improvviso siamo stati rapiti dalle nubi, * e come vedi, ci siamo trovati di fronte al tuo corpo * per venerarti quale trono igneo, * per vedere il tuo glorioso e divino transito, * e con le nostre mani rendere gli estremi onori * alla dimora del tuo corpo che ha accolto Dio, * o tabernacolo tutto santo, * grazie al quale il mondo ha trovato * la grande misericordia˚.
I discepoli del Redentore, * stando intorno al tuo giaciglio, * e accompagnandoti alla sepoltura, * secondo la legge della natura, * o pura tutta santa, * ti canta¬va¬no inni funebri, dicendo: * Gioisci, o venerabile, * o reggia di Dio; * gioisci, sollecito aiuto degli uomini; * gioisci puro cocchio della Divinità. * Parti e passa ai monti eterni˚; * o dimora di gloria, prendi ormai dimora * nelle divine dimore * e chiedi per i fedeli la pace indefet¬tibile * e la grande misericordia˚.
Del profeta. Tono 4. Hai dato come segno.
Colei che ti aveva generato * ti consegnò come dono gradito * con le sue stesse braccia di madre: * ti aveva ereditato, o Samuele, * come frutto pieno di vita della preghiera, * e ti rendeva al Dio benefattore, * secondo il voto fatto. * Perciò su di te riposò, o glorioso, * la grazia dello Spirito, * mentre crescevi nell’innocenza, * brillando per prudenza˚.
Avendo su di te, come sacerdote, * il sacratissimo crisma, * e mostrandoti profeta, * tu vedi in anticipo ciò che accade˚, * e per divino comando consacri dei re * e manifesti ciò che avverrà˚, * giudicando giustamente il popolo d’Israele * che continuamente peccava e si allontanava da Dio˚, *o Samuele felicissimo, * teòforo e degno di ammirazione.
Non in enigmi ed ombre come prima, * ma faccia a faccia contempli ciò che hai amato˚, * ora che sei uscito dal buio e dalla pesantezza della carne * ed esultando ti aggiri per i cieli, * profeta venerabilissimo, * pari in dignità ai profeti, * compagno dei giusti * e consorte degli angeli.
Gloria. Ora e sempre. Tono pl. 2. Della festa.
Al momento della tua immortale dormizione, * o Madre-di-Dio, Madre della vita, * le nubi hanno rapito in aria gli apostoli, * e di coloro che erano sparsi per il mondo * hanno fatto un unico coro * intorno al tuo corpo immacolato;seppellendolo con venerazione, * essi acclama-vano, cantando le parole di Gabriele: * Gioisci, piena di grazia˚, * Vergine Madre senza nozze, * il Signore è con te˚. * Con loro supplicalo come Figlio tuo e nostro Dio * per la salvezza delle nostre anime.
Allo stico, stichirá prosómia della festa.
Tono 2. Casa di Efrata.
Scortando tra gli inni il tuo venerabile corpo * che aveva accolto Dio, * i divini seguaci gridavano: * Dove dunque te ne vai, o Sovrana?
Stico: Sorgi, Signore, verso il tuo riposo, tu e l’arca della tua santità.
Venite, figli della terra, * componiamo un coro e cantiamo gli inni funebri * per il transito, oggi, della Madre-di-Dio.
Stico: Ha giurato il Signore la verità a Davide, e non l’annullerà: Del frutto del tuo seno porrò sul tuo trono.
Porte dei cieli levatevi˚, * vedendo la porta dell’Altissimo˚ * venire con gloria al suo Figlio e Signore.
Gloria. Ora e sempre. Stessa melodia.
La terra per la tua sepoltura è stata benedetta, * o Vergine, * e l’aria santificata dalla straordinaria ascesa * di una creatura morta per legge di natura.
Apolytíkion del profeta. Tono 4. Presto intervieni.
Da una sterile sei fiorito * come frutto di giustizia, * per preannunciarci il beneficio futuro, * o meraviglioso Samuele: * perciò dopo aver esercitato il sacerdozio sin dall’infanzia * davanti al Signore˚, * come profeta hai unto dei re col divino crisma. * Ricòrdati ora di quanti ti onorano, * o beato.
Apolytíkion della festa. Tono 1.
Nel parto, hai conservato la verginità, * con la tua dormizione non hai abbandonato il mondo, * o Madre-di-Dio. * Sei passata alla vita, * tu che sei Madre della vita * e che con la tua intercessione * riscatti dalla morte le anime nostre.
Mi piaceMi piace ·  · Pro
20 AGOSTO 
MEMORIA di San Samuele Giudice e profeta 

d’Israele Rama, Palestina, 1070 a.C. - 950 a.C. ca.
Etimologia: Samuele = il Signore ha ascoltato, dall'ebraico

Martirologio Romano: Commemorazione di san Samuele, profeta, che, chiamato da Dio fin da piccolo e divenuto poi giudice in Israele, unse, per ordine del Signore, Saul re sul suo popolo; e dopo che Dio ebbe ripudiato costui per la sua infedeltà, diede l’unzione regale anche a Davide, dalla cui stirpe sarebbe nato Cristo.
Samuele è l’ultimo giudice d’Israele e il primo dei profeti; la sua vita è narrata principalmente nei capitoli 1-15 del I libro di Samuele della Bibbia, gli altri capitoli parlano di Saul primo re, mentre il secondo libro di Samuele, parla del grande re Davide.
La vicenda della sua vita inizia verso il 1070 a.C. e finisce verso il 980 a.C.; come per altre figure della Bibbia, anche la sua nascita è dovuta alle preghiere di una madre pia ma sterile, come Sara moglie di Abramo, la madre di Sansone, ecc.; il figlio viene considerato in questo modo un dono divino, assoluto, frutto della preghiera materna e della grazia divina; Samuele avrà così questo nome che ha il significato di “l’ho domandato al Signore”.
La madre Anna nell’implorare la sua nascita perché sterile, fa voto al Signore di consacrarlo a Lui, secondo le regole del nazireato, che comprendeva fra l’altro la crescita senza il taglio dei capelli e l’astensione dalle bevande alcoliche.
Una volta nato, Samuele è tenuto in famiglia fino allo svezzamento, che a quell’epoca era prolungato fino al secondo o terzo anno di vita; giunto il momento, con il consenso del marito e padre del bambino Elkana, la madre Anna lo conduce al santuario di Silo, nella Palestina centrale, dove si custodiva l’Arca dell’Alleanza e lo consegna al gran sacerdote Eli, affinché cresca nel tempio, come consacrato a Dio.
Prima di ritornare, Anna eleva a Dio un cantico di lode, in cui si sottolinea la potenza divina, che trasforma la prepotenza dei potenti in un trionfo finale dei più deboli e la sterilità emarginante di una donna, in una fertilità di madre, come nel suo caso.
Il primo libro di Samuele, scritto come il secondo, da un anonimo nel secolo IX a.C., prosegue con la descrizione del santuario di Silo, dove in contrapposizione al giusto sacerdote Eli, vi erano i due figli Ofni e Finees, anch’essi per discendenza sacerdoti del tempio, che però erano ‘perversi’ abusando delle donne addette ad alcuni incarichi e non erano giusti nella ripartizione delle parti degli animali offerti.
Samuele cresce nel tempio e già da piccolo porta la veste sacerdotale, la madre viene a trovarlo ogni anno portandogli in dono un mantello, quasi per assicurarlo della sua presenza e protezione, Anna per maggior gloria di Dio, concepirà altri tre maschi e due figlie.
Il rivelarsi di Dio attraverso la parola dei profeti, in quell’epoca era raro, però Egli si manifesta al fanciullo e per ben tre volte lo chiama di notte, ma Samuele pensa che sia il suo maestro Eli, che dorme in una stanza accanto, quest’ultimo, emblema della vera guida spirituale, senza sostituirsi a lui, lo istruisce a rispondere così: “Parla Signore, perché il tuo servo ti ascolta”.
E alla quarta chiamata, Dio nominandolo suo profeta, gli predice la punizione proprio del suo maestro Eli, per la debolezza dimostrata verso i figli degeneri; al mattino Samuele rivelerà la profezia ad Eli, il quale da quel momento diventerà un suo discepolo e da giusto qual’era, dirà: “Egli è il Signore! Faccia ciò che è bene ai suoi occhi”. Ormai l’investitura di Samuele è ufficiale in tutta Israele, egli come profeta non è un sognatore o un mistico colpito da estasi, ma un personaggio che opera all’interno della storia e le sue profezie non caddero mai a vuoto.
Gli anni passano e all’orizzonte di Israele compaiono le truppe dei Filistei, popolo di origine egeo cretese, dotati di forte tecnologia militare; gli ebrei si scontrano in battaglia, subendo una prima sconfitta ad Afek sulla costa mediterranea e poi una seconda più grave, in cui gli ebrei vengono sconfitti definitivamente, i figli del gran sacerdote uccisi in combattimento e l’Arca dell’Alleanza, che veniva portata nelle battaglie, secondo le usanze ebraiche, viene catturata dai Filistei.
La notizia portata da un messaggero ad Eli, rimasto nel santuario di Silo, fa cadere per il dolore dal seggio il vecchio sacerdote, che si fracassa il cranio e muore; la città di Silo viene poi distrutta, avverandosi del tutto la profezia di Samuele. L’Arca in mano dei Filistei, peregrinò per vario tempo nei loro territori, ma eventi disastrosi per loro, l’accompagnavano, per cui si convinsero a restituirla agli ebrei; ma non essendoci più il santuario, fu tenuta per venti anni in vari posti, fino al tempo del re David, quando sarà collocata definitivamente a Gerusalemme.
Samuele in questo periodo, svolge il suo ministero profetico riportando gli israeliti al culto di Iahweh e a prepararli alla riscossa sui filistei, che di fatto li opprimevano. Li raduna tutti a Masfa di Beniamino e con preghiere, digiuni, confessioni dei peccati, si parla della guerra contro gli oppressori; gli ebrei eleggono Samuele come giudice (1050-1030).
I filistei insospettiti, decidono di attaccare gli ebrei, Samuele invoca Dio e tuoni e rombi immensi si scatenano nell’aria, per cui i filistei terrorizzati scappano, venendo sconfitti fino a Bet-Kar, e da allora non entrarono più in Israele, almeno fino a quando Samuele fu giudice.
Dopo la distruzione di Silo egli dimorava a Rama, dove era nato e nuova sede dell’Arca e del santuario, ogni anno girava per il territorio d’Israele giudicando nelle vertenze, presiedendo adunanze; il resto della sua vita fino alla vecchiaia è passato sotto silenzio.
Ormai molto anziano, con i propri figli Ioel e Abijiah che non seguivano le orme del padre determinando un malgoverno, la minaccia di nuova invasione filistea, spinsero il popolo a chiedergli di rinunziare alla carica e di nominare un re, che governasse e marciasse alla testa dei soldati, come era uso di quel popolo.
Prima titubante poi convinto da Dio, a cui aveva ricorso con la preghiera, Samuele consacra re Saul, in tre fasi, prima privatamente a Rama, poi con il sorteggio a Masfa e poi a Galgala lo presenta al popolo, ungendolo re. Samuele scrisse il codice (statuto) sul diritto del regno, quindi si dimise da Giudice e si congedò dal popolo con un discorso memorabile, indicando la via per conservare l’amicizia con Dio.
I libri di Samuele continuano con il racconto delle gesta di Saul come sovrano, delle sue vittorie e anche delle sue disubbidienze ai voleri di Dio. Samuele a cui Dio parlava nel sonno, si recò da Saul dopo la grande battaglia contro gli Amaleciti a rimproverargli di non aver adempito allo sterminio totale di quel popolo e dei suoi animali e di aver invece salvata la vita al loro re Agag e di aver preso per bottino tutti gli armenti migliori.
Poi davanti a Saul, Samuele uccide il prigioniero Agag, re di quegli acerrimi nemici d’Israele (ci è difficile capire questi atteggiamenti estremi, ma tutto va inquadrato negli usi, nelle vendette, nelle guerre esasperate di quell’epoca) e nel contempo egli dice a Saul che il Signore lo ha ripudiato come re, per darlo ad un altro più degno.
Pur se dispiaciuto di aver dovuto ripudiare Saul, Samuele, sempre su indicazione di Dio, si reca da Iesse il betlemita; arrivato a Betlemme si fece condurre davanti i sette figli presenti di Iesse, ma nessuno di loro gli veniva indicato da Dio come il futuro re, ma c’era un ottavo figlio, Davide, il più piccolo che pascolava le pecore, allora fattolo venire, Samuele riconobbe in lui il prescelto e con il corno dell’olio, alla presenza dei fratelli, lo consacrò re d’Israele, poi si alzò e ritornò a Rama.
La sua figura ricompare ancora fuggevolmente nelle vicende che riguardano il re David, la persecuzione contro questi di Saul, i circoli dei profeti residenti a Najat, ecc. ma ormai è Davide che irrompe con tutta la sua grandiosità di re nei capitoli successivi del secondo libro di Samuele.
Il profeta morì verso i novanta anni, tra il compianto di tutti gli israeliti e fu seppellito nella sua proprietà di Rama. Dopo morto, Samuele viene evocato da Saul prima della battaglia contro i Filistei e gli predice la sconfitta dell’esercito israeliano e la morte sua e dei suoi figli, sul campo.
La personalità di Samuele è affascinante, egli è prima un prescelto consacrato sin da bambino, poi profeta adolescente, ma accettato dal suo maestro Eli; senza essere un condottiero di eserciti come lo erano i giudici d’Israele, egli assume questa carica per la sua vittoria sui nemici del suo paese, ottenuta però con la preghiera e l’invocazione a Dio e come novello Mosé, le forze della natura lo favoriscono nell’impresa.
Pensa di creare una dinastia, ma i suoi figli degeneri non ne sono degni, allora pur essendogli doloroso mettersi da parte, nomina un re per Israele nella persona di Saul, per il quale mostrava sincero affetto. La delusione della ripudiazione come sovrano, non gli da soddisfazione di rivincita, anzi lo rattrista e intimamente prega per lui, dovette usare le maniere forti con Saul ma temperate da grande condiscendenza ed umanità; non potendo fare più niente per lui, si ritira nel silenzio della sua Rama.
Viene richiamato da Dio per ungere il nuovo re David e forte nella fede in Dio, lo fa sapendo di sfidare l’ira di Saul; sarà il consigliere e profeta cercato dallo stesso David e infine profetizza la fine di Saul anche dopo morto, è stato certamente uno dei più grandi profeti d’Israele.
Le sua reliquie furono scoperte nel 406 d.C. e trasportate a Costantinopoli con una solennità eccezionale, tra due ali di folla continua, dalla Palestina a Calcedonia. Al tempo della IV Crociata, esse furono portate a Venezia dove sono tuttora, venerate nel tempio di S. Samuele; a partire dal 730 il suo nome compare in tutti i Martirologi Occidentali al 20 agosto.

Autore: Antonio Borrelli

sabato 16 agosto 2014

16 AGOSTO 
Metheórtia della Dormizione, e memoria della traslazione da Edessa dell’icona non dipinta da mano d’uomo del Signore nostro Gesú Cristo, cioè del santo Mandilio (944); e memoria del santo martire Diomede (sotto Diocleziano 284-305).
                                                                          ORTHROS
Dopo la prima sticología, káthisma della festa.
Tono 4. Restò attonito Giuseppe.
Foto: 16 AGOSTO Metheórtia della Dormizione, e memoria della traslazione da Edessa dell’icona non dipinta da mano d’uomo del Signo¬re nostro Gesú Cristo, cioè del santo Mandilio (944); e memoria del santo martire Diomede (sotto Diocleziano 284-305).
ORTHROS
Dopo la prima sticología, káthisma della festa.
Tono 4. Restò attonito Giuseppe.
Le milizie angeliche, * apertamente contemplando il tuo transito, * o immacola¬ta Madre-di-Dio, * o benedetta, degna di ogni canto e tutta santa, * radunata la schiera dei discepoli, * per volere di colui che da te è nato * lieta¬mente portavano in paradiso * il tuo corpo prezioso, * cantando a Cristo, datore di vita, * che vive in eterno.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Dopo la seconda sticología, káthisma, stessa melodia.
Deposta la tua anima tra le mani di colui che, * tuo Creatore e Dio˚, * da te per noi si è incarnato, * te ne sei andata alla vita intatta. * Perciò noi con fede ti proclamiamo beata, * quale sola pura e incontaminata; * e dichiarandoti in senso proprio Madre-di-Dio, * tutti gridiamo: * Implora Cristo, * verso il quale te ne sei andata, * affinché egli salvi le anime nostre. 
Dopo l’ode 3. Káthisma della santa icona.
Tono 1. I soldati a guardia della tua tomba.
Il re di Edessa, * riconoscendoti Re dell’universo, * non per scettri ed esercito, * ma per la moltitudine dei prodigi * che con la sola parola operavi, * aveva implorato te, Dio e uomo, * di andare da lui. * Ma vedendo il telo con la tua immagine impressa, * esclamava: * Tu sei mio Dio e Signore!
Gloria. Del santo. 
Tono pl. 4. Ineffabilmente concepita in grembo.
Ricevuta da Dio la grazia delle guarigioni, * o martire,  ti sei mostrato, o sapiente, * pubblica sala per i malati, o beato, * in virtú dello Spirito santo, * elargendo guarigioni a quanti ricorrono con fede * alla tua divina intercessione; * sempre cacci perciò prodigiosamente * anche le turbe dei demoni, * o medico ammirabile, * Diomede vittorioso. * Intercedi presso il Cristo Dio * perché doni la remissione delle colpe * a quanti festeggiano con amore * la tua santa memoria.
Ora e sempre. Della festa, stessa melodia.
Tu che senza seme hai concepito Dio * e, senza subir corruzione, * lo hai partorito incarnato, * ti rivesti ora della nuova incorruttibilità dello Spirito: * come Madre della vita, infatti, * come Regina di tutti, * te ne vai, o Vergine, alla vita immateriale. * Giustamente sei perciò diventata davvero nube * che per noi fa zampillare le acque della vita, * o Madre-di-Dio tutta immacolata. * Intercedi presso il tuo Figlio e Dio, * perché doni la remissione delle colpe * a quanti con fede rendono culto * alla tua divina dormizione.
Kondákion della festa. Tono 2.
Tomba e morte non hanno trattenuto * la Madre-di-Dio, * sempre desta con la sua intercessione * e immutabile speranza con la sua protezione: * quale Madre della vita, Il 16 di questo stesso mese, memoria del santo martire Diomede.
Lo stesso giorno, memoria dell’ingresso dell’effigie non fatta da mano d’uomo del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo, trasferita dalla città di Edessa a questa regina tra le città custodita da Dio.alla vita l’ha trasferita * colui che nel suo grembo semprevergine * aveva preso dimora.
Kondákion dell’icona. Tono 2. Gli araldi sicuri.
Abbiamo ricevuto da Edessa, * come apportatrice di ogni dono, * l’effigie divinamente splendente della tua figura * sfolgorante di bagliori vivificanti. * Tu infatti che hai formato la tua icona, * l’hai ricondotta al suo modello, * o solo ricco di misericordia.
Sinassario.
Il 16 di questo stesso mese, memoria del santo martire Diomede.
Lo stesso giorno, memoria dell’ingresso dell’effigie non fatta da mano d’uomo del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo, trasferita dalla città di Edessa a questa regina tra le città custodita da Dio.
A lui gloria e potenza nei secoli. Amen˚.
Exapostilárion del santo. Udite, donne.
Hai divinamente imporporato la Chiesa di Cristo * con i rivoli del tuo sangue, * o glorioso megalomar-tire; * hai estinto la seduzione idolatrica * distruttrice delle anime, * o felicissimo Diomede: * non cessare ora di intercedere per noi * presso il Signore.
Altro exapostilárion, della festa. Tu che il cielo con le stelle.
La schiera degli apostoli, * radunata a mezzo delle nubi, * presta, com’è doveroso, le ultime cure * alla Madre del Signore, * alla presenza del Salvatore * accompagnato da miriadi di angeli.
Allo stico, stichirá prosómia della festa.
Tono 2. Casa di Efrata.
Scortando tra gli inni il tuo venerabile corpo * che aveva accolto Dio, * i divini seguaci gridavano: * Dove dunque te ne vai, o Sovrana?
Stico: Sorgi, Signore, verso il tuo riposo, tu e l’arca della tua santità. 
Venite, figli della terra, * componiamo un coro e cantiamo gli inni funebri * per il transito, oggi, della Madre-di-Dio.
Stico: Ha giurato il Signore la verità a Davide, e non l’annullerà: Del frutto del tuo seno porrò sul tuo trono.
La terra per la tua sepoltura è stata benedetta, * o Vergine, * e l’aria santificata dalla straordinaria ascesa * di una creatura morta per legge di natura.
Gloria. Ora e sempre. Tono 1.
Era conveniente che i testimoni oculari * e ministri del Verbo˚ * vedessero anche la dormizione * della Madre sua secondo la carne, * l’ultimo dei misteri che la rigu¬arda, * perché non risultassero spettatori solo dell’a¬scensione * del Salvatore dalla terra, * ma anche testi¬moni del tran¬si¬to * di colei che lo aveva generato. * Trasportati dunque per divina potenza * da ogni parte del mondo, * raggiunsero il monte Sion * e scortarono colei che, * piú elevata dei cherubini, * si affrettava verso il cielo. * Anche noi insieme a loro la veneriamo * come colei che intercede per le anime nostre.
Le milizie angeliche, * apertamente contemplando il tuo transito, * o immacolata Madre-di-Dio, * o benedetta, degna di ogni canto e tutta santa, * radunata la schiera dei discepoli, * per volere di colui che da te è nato * lietamente portavano in paradiso * il tuo corpo prezioso, * cantando a Cristo, datore di vita, * che vive in eterno.
Gloria. Ora e sempre. Lo stesso tropario.
Dopo la seconda sticología, káthisma, stessa melodia.
Deposta la tua anima tra le mani di colui che, * tuo Creatore e Dio˚, * da te per noi si è incarnato, * te ne sei andata alla vita intatta. * Perciò noi con fede ti proclamiamo beata, * quale sola pura e incontaminata; * e dichiarandoti in senso proprio Madre-di-Dio, * tutti gridiamo: * Implora Cristo, * verso il quale te ne sei andata, * affinché egli salvi le anime nostre.
Dopo l’ode 3. Káthisma della santa icona.
Tono 1. I soldati a guardia della tua tomba.
Il re di Edessa, * riconoscendoti Re dell’universo, * non per scettri ed esercito, * ma per la moltitudine dei prodigi * che con la sola parola operavi, * aveva implorato te, Dio e uomo, * di andare da lui. * Ma vedendo il telo con la tua immagine impressa, * esclamava: * Tu sei mio Dio e Signore!
Gloria. Del santo.
Tono pl. 4. Ineffabilmente concepita in grembo.
Ricevuta da Dio la grazia delle guarigioni, * o martire, ti sei mostrato, o sapiente, * pubblica sala per i malati, o beato, * in virtú dello Spirito santo, * elargendo guarigioni a quanti ricorrono con fede * alla tua divina intercessione; * sempre cacci perciò prodigiosamente * anche le turbe dei demoni, * o medico ammirabile, * Diomede vittorioso. * Intercedi presso il Cristo Dio * perché doni la remissione delle colpe * a quanti festeggiano con amore * la tua santa memoria.
Ora e sempre. Della festa, stessa melodia.
Tu che senza seme hai concepito Dio * e, senza subir corruzione, * lo hai partorito incarnato, * ti rivesti ora della nuova incorruttibilità dello Spirito: * come Madre della vita, infatti, * come Regina di tutti, * te ne vai, o Vergine, alla vita immateriale. * Giustamente sei perciò diventata davvero nube * che per noi fa zampillare le acque della vita, * o Madre-di-Dio tutta immacolata. * Intercedi presso il tuo Figlio e Dio, * perché doni la remissione delle colpe * a quanti con fede rendono culto * alla tua divina dormizione.
Kondákion della festa. Tono 2.
Tomba e morte non hanno trattenuto * la Madre-di-Dio, * sempre desta con la sua intercessione * e immutabile speranza con la sua protezione: * quale Madre della vita.
 Il 16 di questo stesso mese, memoria del santo martire Diomede.
Lo stesso giorno, memoria dell’ingresso dell’effigie non fatta da mano d’uomo del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo, trasferita dalla città di Edessa a questa regina tra le città custodita da Dio.alla vita l’ha trasferita * colui che nel suo grembo semprevergine * aveva preso dimora.
Kondákion dell’icona. Tono 2. Gli araldi sicuri.
Abbiamo ricevuto da Edessa, * come apportatrice di ogni dono, * l’effigie divinamente splendente della tua figura * sfolgorante di bagliori vivificanti. * Tu infatti che hai formato la tua icona, * l’hai ricondotta al suo modello, * o solo ricco di misericordia.
                                              Sinassario.
Il 16 di questo stesso mese, memoria del santo martire Diomede.
Lo stesso giorno, memoria dell’ingresso dell’effigie non fatta da mano d’uomo del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo, trasferita dalla città di Edessa a questa regina tra le città custodita da Dio.

 
A lui gloria e potenza nei secoli. Amen˚.
Exapostilárion del santo. Udite, donne.
Hai divinamente imporporato la Chiesa di Cristo * con i rivoli del tuo sangue, * o glorioso megalomar-tire; * hai estinto la seduzione idolatrica * distruttrice delle anime, * o felicissimo Diomede: * non cessare ora di intercedere per noi * presso il Signore.
Altro exapostilárion, della festa. Tu che il cielo con le stelle.
La schiera degli apostoli, * radunata a mezzo delle nubi, * presta, com’è doveroso, le ultime cure * alla Madre del Signore, * alla presenza del Salvatore * accompagnato da miriadi di angeli.
Allo stico, stichirá prosómia della festa.
Tono 2. Casa di Efrata.
Scortando tra gli inni il tuo venerabile corpo * che aveva accolto Dio, * i divini seguaci gridavano: * Dove dunque te ne vai, o Sovrana?
Stico: Sorgi, Signore, verso il tuo riposo, tu e l’arca della tua santità.
Venite, figli della terra, * componiamo un coro e cantiamo gli inni funebri * per il transito, oggi, della Madre-di-Dio.
Stico: Ha giurato il Signore la verità a Davide, e non l’annullerà: Del frutto del tuo seno porrò sul tuo trono.
La terra per la tua sepoltura è stata benedetta, * o Vergine, * e l’aria santificata dalla straordinaria ascesa * di una creatura morta per legge di natura.
Gloria. Ora e sempre. Tono 1.
Era conveniente che i testimoni oculari * e ministri del Verbo˚ * vedessero anche la dormizione * della Madre sua secondo la carne, * l’ultimo dei misteri che la riguarda, * perché non risultassero spettatori solo dell’ascensione * del Salvatore dalla terra, * ma anche testimoni del transito * di colei che lo aveva generato. * Trasportati dunque per divina potenza * da ogni parte del mondo, * raggiunsero il monte Sion * e scortarono colei che, * piú elevata dei cherubini, * si affrettava verso il cielo. * Anche noi insieme a loro la veneriamo * come colei che intercede per le anime nostre.

mercoledì 13 agosto 2014

14 AGOSTO
Proeórtia della Dormizione della santissima Madre-di-Dio e sempre Vergine Maria; e memoria del santo profeta Michea (740-699 a.C.).
VESPRO
Al Signore, ho gridato, 6 stichi e 3 stichirá prosó­mia proeórtia.
Tono 4. Come generoso fra i martiri.
Facciamo risuonare i cembali, * acclamiamo con inni, *  dando inizio alla festa del transito, * e gioiosamente intoniamo i canti della sepoltura, * perché la Madre-di-Dio, * l’arca tutta d’oro˚, * si prepara ora a passare * dalla terra alle regioni celesti, * andandosene al divino splendo­re della vita rinnovata.     
O apostoli, * si riunisca oggi meravigliosamente la vostra schiera * dai confini della terra: * perché la città vivente di colui che su tutti regna * si affretta a partire verso le regioni divine * per regnare gloriosamente col Figlio suo. * Per la sua divina sepoltura, * cantate concordi, insieme alle superne schiere, * un inno per il transito.
Sacerdoti radunati insieme, * re e capi, insieme alle schiere delle vergini, * avanzate dunque, * e tutto il popolo accorra * per elevare insieme l’inno della sepoltu­ra: * poiché colei che su tutti regna * consegnerà domani la sua anima nelle mani del Figlio˚, * passando alla dimora eterna.  
E 3 del profeta. Stesso tono. Hai dato come segno.
Tu hai predetto che sarebbe apparso sulla cima dei  monti * il monte splendente e ben visibile, * l’annun­cio del Salva­tore, o beato, * e hai reso nota l’altis­sima scienza divina: * in essa si rifugia­no pronta­mente le genti, * accorrendo con fede, * appren­dono la via del Signore, * e sono salvate con salvez­za eterna˚.    
Hai predetto che un capo, proveniente da Betlemme, * sarebbe venuto a pascolare il suo popolo, * o Michea, mirab­ile tra i profeti, * dalla lingua divinamente ispira­ta; * hai detto che le sue uscite sono dal principio, * dai giorni dall’eternità˚. * E noi, vedendo oggi la tua profe­zia realizzata, * glorifichiamo con divino sentire * colui mediante il quale hai parlato.        
Stando accanto al trono di Dio, * o venerabile profeta, * ricevendo la gioia, * contemplando la gloria, * divina­mente godendo il divino diletto, * saziandoti di gioia e letizia spirituali, * guarda a quanti con fede celebrano ora la tua memoria, * e liberali dalle tentazioni con la tua incessante intercessione.
Gloria. Ora e sempre. Proeórtion. Tono 4.
Le folle degli angeli in cielo, * e la stirpe degli uomini in terra * proclamano beata la tua augustissima dormi­zione, * santissima Vergine pura: * tu sei stata Madre del Creatore di tutti, * il Cristo Dio. * Non cessare, ti preghiamo, * di implorarlo per noi che, dopo Dio, * in te abbiamo riposto le nostre speranze, * o Madre-di-Dio degna di ogni canto, * ignara di nozze.
Allo stico, stichirá prosomia della festa.
Tono 2. Casa di Efrata.
O meraviglia nuova! * O singolare portento! * Come  dunque la Vergine portatrice di vita * ha subíto la morte * ed è ora celata in una tomba?
Stico: Saranno condotte al re le vergini dietro a lei, le sue compagne saranno condotte a te.      
Danzi tutta la stirpe dei figli della terra, * poiché ecco, la Vergine, la figlia di Adamo * se ne va al cielo.
Stico: Ha giurato il Signore la verità a Davide, e non l’annullerà: Del frutto del tuo seno porrò sul tuo trono.          
Voglio andare col pensiero * al letto della Vergine, * circondato in bell’ordine dai cori degli apostoli * che cantano l’inno funebre.
Gloria. Ora e sempre. Tono 2.
Colei che è piú alta dei cieli, * piú gloriosa dei cheru­bini * e piú venerabile di ogni creatura, * colei che per la sua sovreminente purezza * è divenuta ricetta­colo dell’essenza eterna, * consegna oggi la sua santissi­ma anima * nelle mani del Figlio˚: * per essa tutto l’uni­verso è colmato di gioia * e a noi è data la gran­de misericordia˚.           
Apolytíkion proeórtion. Tono 4. Presto intervieni.

O popoli, già oggi tripudiate * applaudendo con fede,  riunitevi con amore e nella gioia, * e radiosi acclamate tutti con allegrezza: * perché la Madre-di-Dio sta per andar­sene gloriosamente * dalla terra alle regioni superne: * lei che con inni sempre glorifichiamo * come Madre-di-Dio.

martedì 12 agosto 2014



                        13 AGOSTO   MEMORIA DI S. MASSIMO IL CONFESSORE


Cari fratelli e sorelle, vorrei presentare oggi la figura di uno dei grandi Padri della Chiesa di Oriente del tempo tardivo. Si tratta di un monaco, san Massimo, che meritò dalla Tradizione cristiana il titolo di Confessore per l’intrepido coraggio con cui seppe testimoniare – “confessare” – anche con la sofferenza l’integrità della sua fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, Salvatore del mondo. Massimo Nacque in Palestina, la terra del Signore, intorno al 580. Fin da ragazzo fu avviato alla vita monastica e allo studio delle Scritture, anche attraverso le opere di Origene, il grande maestro che già nel terzo secolo era giunto a “fissare” la tradizione esegetica alessandrina.
Da Gerusalemme, Massimo si trasferì a Costantinopoli, e da lì, a causa delle invasioni barbariche, si rifugiò in Africa. Qui si distinse con estremo coraggio nella difesa dell’ortodossia. Massimo non accettava alcuna riduzione dell’umanità di Cristo. Era nata la teoria secondo cui in Cristo vi sarebbe solo una volontà, quella divina. Per difendere l’unicità della sua persona, negavano in Lui una vera e propria volontà umana. E, a prima vista, potrebbe apparire anche una cosa buona che in Cristo ci sia una sola volontà. Ma san Massimo capì subito che ciò avrebbe distrutto il mistero della salvezza, perché una umanità senza volontà, un uomo senza volontà non è un vero uomo, è un uomo amputato. Quindi l’uomo Gesù Cristo non sarebbe stato un vero uomo, non avrebbe vissuto il dramma dell’essere umano, che consiste proprio nella difficoltà di conformare la volontà nostra con la verità dell’essere. E così san Massimo afferma con grande decisione: la Sacra Scrittura non ci mostra un uomo amputato, senza volontà, ma un vero uomo completo: Dio, in Gesù Cristo, ha realmente assunto la totalità dell’essere umano – ovviamente, eccetto il peccato – quindi anche una volontà umana. E la cosa, detta così, appare chiara: Cristo o è uomo o non lo è. Se è uomo, ha anche una volontà umana. Ma nasce il problema: non si finisce così in una sorta di dualismo? Non si arriva ad affermare due personalità complete: ragione, volontà, sentimento? Come superare il dualismo, conservare la completezza dell’essere umano e tuttavia tutelare l’unità della persona di Cristo, che certo schizofrenico non era? E san Massimo dimostra che l’uomo trova la sua unità, l’integrazione di se stesso, la sua totalità, non chiudendosi in se stesso, ma superando se stesso, uscendo da se stesso. Così, anche in Cristo, uscendo da se stessa, l’umanità trova in Dio, nel Figlio di Dio, se stessa. Non si deve amputare l’uomo per spiegare l’Incarnazione; occorre solo capire il dinamismo dell’essere umano che si realizza solo uscendo da se stesso; solo in Dio troviamo noi stessi, la nostra totalità e completezza. Così si vede che non l’uomo che si chiude in sé è uomo completo, ma l’uomo che si apre, che esce da se stesso, diventa completo e trova se stesso, proprio nel Figlio di Dio trova la sua vera umanità. Per san Massimo questa visione non rimane una speculazione filosofica; egli la vede realizzata nella vita concreta di Gesù, soprattutto nel dramma del Getsemani. In questo dramma dell’agonia di Gesù, dell’angoscia della morte, della opposizione tra la volontà umana di non morire e la volontà divina che si offre alla morte, in questo dramma del Getsemani si realizza tutto il dramma umano, il dramma della nostra redenzione. San Massimo ci dice, e noi sappiamo che questo è vero: Adamo (e Adamo siamo noi stessi) pensava che il “no” fosse l’apice della libertà. Solo chi può dire “no” sarebbe realmente libero; per realizzare realmente la sua libertà, l’uomo deve dire “no” a Dio; solo così pensa di essere finalmente se stesso, di essere arrivato al culmine della libertà. Questa tendenza la portava in se stessa anche la natura umana di Cristo, ma l’ha superata, perché Gesù ha visto che non il “no” è il massimo della libertà. Il massimo della libertà è il “sì”, la conformità con la volontà di Dio. Solo nel “sì” l’uomo diventa realmente se stesso; solo nella grande apertura del “sì”, nella unificazione della sua volontà con la volontà divina, l’uomo diventa immensamente aperto, diventa “divino”. Essere come Dio era il desiderio di Adamo, cioè essere completamente libero. Ma non è divino, non è completamente libero l’uomo che si chiude in sé stesso; lo è uscendo da sé, è nel “sì” che diventa libero; e questo è il dramma del Getsemani: non la mia volontà, ma la tua. Trasferendo la volontà umana nella volontà divina nasce il vero uomo, è così che siamo redenti. Questo, in brevi parole, è il punto fondamentale di quanto voleva dire san Massimo, e vediamo che qui è veramente in questione tutto l’essere umano; sta qui l’intera questione della nostra vita. San Massimo aveva già problemi in Africa difendendo questa visione dell’uomo e di Dio; poi fu chiamato a Roma. Nel 649 prese parte attiva al Concilio Lateranense, indetto dal Papa Martino I a difesa delle due volontà di Cristo, contro l’editto dell’imperatore, che – pro bono pacis – proibiva di discutere tale questione. Il Papa Martino dovette pagare caro il suo coraggio: benché malandato in salute, venne arrestato e tradotto a Costantinopoli. Processato e condannato a morte, ottenne la commutazione della pena nel definitivo esilio in Crimea, dove morì il 16 settembre 655, dopo due lunghi anni di umiliazioni e di tormenti.
Poco tempo più tardi, nel 662, fu la volta di Massimo, che – opponendosi anche lui all’imperatore – continuava a ripetere: “E’ impossibile affermare in Cristo una sola volontà!” (cfr PG 91, cc. 268-269). Così, insieme a due suoi discepoli, entrambi chiamati Anastasio, Massimo fu sottoposto a un estenuante processo, benché avesse ormai superato gli ottant’anni di età. Il tribunale dell’imperatore lo condannò, con l’accusa di eresia, alla crudele mutilazione della lingua e della mano destra – i due organi mediante i quali, attraverso le parole e gli scritti, Massimo aveva combattuto l’errata dottrina dell’unica volontà di Cristo. Infine il santo monaco, così mutilato, venne esiliato nella Colchide, sul Mar Nero, dove morì, sfinito per le sofferenze subite, all’età di 82 anni, il 13 agosto dello stesso anno 662.
Parlando della vita di Massimo, abbiamo accennato alla sua opera letteraria in difesa dell’ortodossia. Mi riferisco in particolare alla Disputa con Pirro, già patriarca di Costantinopoli: in essa egli riuscì a persuadere l’avversario dei suoi errori. Con molta onestà, infatti, Pirro concludeva così la Disputa: “Chiedo scusa per me e per quelli che mi hanno preceduto: per ignoranza siamo giunti a questi assurdi pensieri e argomentazioni; e prego che si trovi il modo di cancellare queste assurdità, salvando la memoria di quelli che hanno errato” (PG 91, c. 352). Ci sono poi giunte alcune decine di opere importanti, tra le quali spicca la Mistagoghía, uno degli scritti più significativi di san Massimo, che raccoglie in sintesi ben strutturata il suo pensiero teologico.       
Quello di san Massimo non è mai un pensiero solo teologico, speculativo, ripiegato su se stesso, perché ha sempre come punto di approdo la concreta realtà del mondo e della sua salvezza. In questo contesto, nel quale ha dovuto soffrire, non poteva evadere in affermazioni filosofiche solo teoriche; doveva cercare il senso del vivere, chiedendosi: chi sono io, che cosa è il mondo? All’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, Dio ha affidato la missione di unificare il cosmo. E come Cristo ha unificato in se stesso l’essere umano, nell’uomo il Creatore ha unificato il cosmo. Egli ci ha mostrato come unificare nella comunione di Cristo il cosmo e così arrivare realmente a un mondo redento. A questa potente visione salvifica fa riferimento uno dei più grandi teologi del secolo ventesimo, Hans Urs von Balthasar, che – “rilanciando” la figura di Massimo – definisce il suo pensiero con l’icastica espressione di Kosmische Liturgie, “liturgia cosmica”. Al centro di questa solenne “liturgia” rimane sempre Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. L’efficacia della sua azione salvifica, che ha definitivamente unificato il cosmo, è garantita dal fatto che egli, pur essendo Dio in tutto, è anche integralmente uomo – compresa anche l’“energia” e la volontà dell’uomo.
La vita e il pensiero di Massimo restano potentemente illuminati da un immenso coraggio nel testimoniare l’integrale realtà di Cristo, senza alcuna riduzione o compromesso. E così appare chi è veramente l’uomo, come dobbiamo vivere per rispondere alla nostra vocazione. Dobbiamo vivere uniti a Dio, per essere così uniti a noi stessi e al cosmo, dando al cosmo stesso e all’umanità la giusta forma. L’universale “sì” di Cristo, ci mostra anche con chiarezza come dare il collocamento giusto a tutti gli altri valori. Pensiamo a valori oggi giustamente difesi quali la tolleranza, la libertà, il dialogo. Ma una tolleranza che non sapesse più distinguere tra bene e male diventerebbe caotica e autodistruttiva. Così pure: una libertà che non rispettasse la libertà degli altri e non trovasse la comune misura delle nostre rispettive libertà, diventerebbe anarchia e distruggerebbe l’autorità. Il dialogo che non sa più su che cosa dialogare diventa una chiacchiera vuota. Tutti questi valori sono grandi e fondamentali, ma possono rimanere veri valori soltanto se hanno il punto di riferimento che li unisce e dà loro la vera autenticità. Questo punto di riferimento è la sintesi  tra Dio e cosmo, è la figura di Cristo nella quale impariamo la verità di noi stessi e impariamo così dove collocare tutti gli altri valori, perché scopriamo il loro autentico significato. Gesù Cristo è il punto di riferimento che dà luce a tutti gli altri valori. Questa è il punto di arrivo della testimonianza di questo grande Confessore. E così, alla fine, Cristo ci indica che il cosmo deve divenire liturgia, gloria di Dio e che la adorazione è l’inizio della vera trasformazione, del vero rinnovamento del mondo.
Perciò vorrei concludere con un brano fondamentale delle opere di san Massimo: “Noi adoriamo un solo Figlio, insieme con il Padre e con lo Spirito Santo, come prima dei tempi, così anche ora, e per tutti i tempi, e per i tempi dopo i tempi. Amen!” (PG 91, c. 269).
 
Benedetto XVI