Editoriale di Don Enzo Cosentino su Eco della Brigna n. 80/2011
In un momento difficile del cammino eparchiale, come quello che stiamo vivendo, è doveroso riflettere sul ruolo dell’Eparchia nella Chiesa e sui compiti di tutti e di ciascuno.
Sono tante le cose belle che la Chiesa di Piana riesce a portare avanti, sono poche le cose che riescono ad offuscare il bello di questa Chiesa.
I Romani Pontefici hanno sempre avuto particolare attenzione per le nostre Comunità arbëreshë. Infatti, nella Bolla di erezione dell’Eparchia di Piana degli Albanesi “Apostolica Sedes” del 26 ottobre 1937, è detto chiaramente: “Né poteva sfuggire alla S. Sede l’autorità di quelle Comunità di rito bizantino, le quali in alcune regioni d’Italia si conservarono integre fra tante profonde vicende di cose e di uomini…” mentre nella Bolla “Orientalis Ecclesiae”, dell’8 luglio 1960 è detto: “I meriti verso questa sacratissima Cattedra di Pietro, certamente grandi e singolari, fecero sì che i Romani Pontefici, ai quali niente fu più a cuore che avere cura del popolo cristiano, riguardassero con particolare amore alla medesima Chiesa, alle sue vicende e alle sue attività”.
Si è passati dai fasti del passato alla crisi attuale: Lungro è senza pastore, guidata da un Amministratore Apostolico; Piana degli Albanesi da qualche tempo è assistita da un Delegato Pontificio. Tutto questo, penso, è causato dalla nostra litigiosità e dal nostro poco amore alla Chiesa locale, poca umiltà e poca considerazione dell’altro.
Nel Vangelo di Luca (16,24) leggiamola famosa frase: “Nessun profeta è bene accetto in patria”. Questo ci ricorda quanto siamo restii ad accettare che qualcuno del nostro ambiente, di cui crediamo di conoscere “virtù e miracoli”, diventi giudice del nostro operato, sia pure a nome di Dio. La fede esige un superamento totale del piano puramente umano: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). Nell’ascolto occorre una disposizione interiore ad accogliere la voce dell’altro come espressione della volontà di Dio e norma di azioni.
Se questo manca, la pratica dell’obbedienza risulta molto difficile.
Se vogliamo continuare il nostro cammino dobbiamo imparare ad obbedire e imparare a rispettare l’altro.
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