venerdì 3 aprile 2015

SANTO E GRANDE VENERDÍ 
 VESPRO
Sacerdote: Benedetto il regno...,  
Stico 1: Se osservi le iniquità, Signore, Signore, chi potrà resistere? Sí, presso di te è l’espiazione.
Trasmutava per il timore tutto il creato, * vedendo te,o Cristo, appeso alla croce: * il sole si oscurava, * e si scuotevano le fondamenta della terra, * l’universo soffriva insieme a colui che l’universo aveva creato. * O tu che volontariamente per noi hai sofferto, * o Signore, gloria a te.
Stico: Per amore del tuo nome a lungo ti ho atteso, Signore, ha atteso l’anima mia la tua parola. Ha sperato l’anima mia nel Signore.
 Lo stesso tropario.
Stico: Dalla veglia del mattino fino a notte, dalla veglia del mattino speri Israele nel Signore.
Tono 2.
Perché medita cose vane˚ * il popolo empio e iniquo? * Perché ha condannato a morte la vita di tutti? * O grande prodigio! * Il Creatore del mondo è consegnato nelle mani degli iniqui, * l’amico degli uomini è innalzato sul legno * per liberare i prigionieri dell’ade che acclamano: * O longanime Signore, gloria a te!
Stico: Perché presso il Signore è la misericordia, e grande è presso di lui la redenzione, ed egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità.
Oggi la Vergine immacolata, * vedendoti innalzato sulla croce, o Verbo, * soffrendo nelle sue viscere materne, * era crudelmente trafitta al cuore˚, * e gemendo penosamente dal profondo dell’anima, * era tormentata dalle doglie che non aveva sofferto nel parto˚, * e dolorosamente gridava tra molte lacrime: * Ahimè, Figlio divino! * Ahimè, luce del mondo!˚ * Perché sei tramontanto ai miei occhi, o agnello di Dio? * Perciò le schiere degli incorporei, * prese da tremore dicevano: * Incomprensibile Signore, gloria a te.
Stico: Lodate il Signore, genti tutte, dategli lode, popoli tutti.
Vedendoti, o Cristo, appeso al legno, * te, Dio e Creatore di tutte le cose, * colei che senza seme ti ha generato * amaramente esclamava: * Figlio mio, dove è tramontata * la bellezza della tua figura?˚ * Non posso vederti ingiustamente crocifisso! * Affréttati, dunque, risorgi, * perché anch’io veda * la tua risurrezione dai morti il terzo giorno˚.
Stico: Perché piú forte si è fatta per noi la sua misericordia, e la verità del Signore rimane in eterno.
Tono pl. 2.
Oggi il Sovrano del creato compare davanti a Pilato, * è dato alla croce il Creatore di tutte le cose, * condotto come un agnello, per suo proprio volere. * È confitto con chiodi, * ha il fianco trafitto, accosta le labbra a una spugna: * lui che ha fatto piovere la manna˚; * è colpito da schiaffi sulle guance il Redentore del mondo; * è schernito dai propri servi colui che tutti ha plasmato. * Oh, l’amore del Sovrano per gli uomini! * Per i suoi crocifissori invoca il proprio Padre, dicendo: * Perdona loro questo peccato, * perché non sanno questi iniqui il male che fanno˚.
Gloria. Tono pl. 2.
Oh! Come ha potuto l’iniqua sinagoga * condannare a morte il Re del creato? * Come non arrossiva dei benefici che egli le confermava ricordandoli * e dicendo: * Popolo mio, che mai ti ho fatto?˚ * Non ho riempito di prodigi la Giudea? * Non ho risuscitato i morti con la sola parola?˚ * Non ho guarito ogni dolore e malattia?˚ * Come dunque mi ricambiate voi? * Perché mi avete dimenticato? * In cambio di guarigioni mi coprite di piaghe, * in cambio della vita mi mettete a morte, * appendendo al legno come malfattore il benefattore, * come dissolvitore della Legge il legislatore, * come un condannato il Re di tutti. * O longanime Signore, gloria a te!
Ora e sempre. Stesso tono.
Oggi vediamo compiersi un tremendo e straordinario mistero: * l’intangibile è catturato, * viene legato colui che scioglie Adamo dalla maledizione˚; * è iniquamente interrogato colui che scruta cuori e reni˚; * è rinchiuso in una prigione colui che ha chiuso l’abisso; * compare davanti a Pilato * colui davanti al quale si tengono con tremore le potenze dei cieli; * il Creatore è schiaffeggiato dalla mano della creatura; * è condannato alla croce il Giudice dei vivi e dei morti˚; * è deposto in una tomba il distruttore dell’ade. * O tu che per compassione tutto sopporti, * e tutti salvi dalla maledizione, * o paziente Signore, gloria a te.
Ingresso col vangelo. Luce gioiosa, , e le letture.
Prokímenon. Tono 4.Si sono divisi le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.
Stico: O Dio, Dio mio, volgiti a me: perché mi hai abbandonato?
 Lettura del libro dell’Esodo (33,11-23).
Il Signore parlava con Mosè faccia a faccia, come uno parla al proprio amico; poi egli se ne tornava all’accampamento, mentre il suo servo, il giovane Gesú figlio di Nave, non usciva dalla tenda. Mosè disse al Signore: Ecco, tu mi dici: Fa’ salire questo popolo, ma non mi hai manifestato chi manderai con me. Tu mi hai detto: Mi sei noto al di sopra di tutti e hai trovato grazia presso di me. Se dunque ho trovato grazia al tuo cospetto, mostrami te stesso, che io ti veda in modo da conoscerti, affinché realmente io abbia trovato grazia presso di te, e affinché io sappia che è tuo popolo questa grande nazione. Ed egli: Io stesso camminerò davanti a te e ti darò riposo. E Mosè a lui: Se tu stesso non vieni con me, non farmi partire da qui. E come si potrebbe realmente sapere che ho trovato grazia presso di te, io e questo tuo popolo, se non per il fatto che tu vieni con noi. Allora avremo gloria, io e il tuo popolo, al di sopra di tutte le nazioni che sono sulla terra. E il Signore disse a Mosè: Farò anche questo che hai detto, perché hai trovato grazia al mio cospetto e mi sei noto al di sopra di tutti. Ed egli: Manifestami te stesso. Gli disse: Io passerò davanti a te con la mia gloria, e pronuncerò davanti a te il mio nome ‘Signore’, e avrò misericordia di chi avrò misericordia, avrò pietà di chi avrò pietà. E disse: Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo vedrà il mio volto e resterà in vita. E disse il Signore: Ecco un luogo vicino a me: tu starai sulla roccia; quando la mia gloria passerà io ti porrò nel cavo della roccia e ti proteggerò ponendo su di te la mia mano, finché io sia passato: poi toglierò la mano e allora mi vedrai di spalle, ma il mio volto non ti verrà mostrato.
Prokímenon. Tono 4.
Giudica, Signore, quelli che mi fanno ingiustizia, combatti quelli che mi combattono.
Stico: Mi hanno reso male per bene, e sterilità all’anima mia.
Lettura del libro di Giobbe (42,12-17, piú aggiunta propria del testo greco).
Il Signore benedisse la condizione finale di Giobbe piú della precedente. Aveva quattordicimila pecore, seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine al pascolo. Gli nacquero sette figli e tre figlie: egli chiamò la prima Giorno, la seconda Cassia, la terza Corno di Amaltea, e non era possibile trovare figlie migliori di quelle di Giobbe sotto il cielo: e il padre le fece eredi insieme ai loro fratelli. Dopo la sua sofferenza, Giobbe visse centosettant’anni: l’insieme degli anni della sua vita fu di duecentoquaranta, e Giobbe vide i suoi figli e i figli dei suoi figli fino alla quarta generazione, poi Giobbe morí vecchio e colmo di giorni. Di lui è scritto che risorgerà di nuovo assieme a quelli che il Signore fa risorgere. Costui, come è spiegato nel libro siriaco, abitava nella regione dell’Ausitide, ai confini dell’Idumea e dell’Arabia, e prima il suo nome era Iobab. Avendo preso una moglie araba, generò un figlio di nome Ennon. Egli poi era figlio di suo padre Zare, uno dei figli di Esaú, e di sua madre Bosorra: sicché egli era il quinto da Abramo.
Lettura della profezia di Isaia (52,13-54,1).
Cosí dice il Signore: Ecco il mio servo comprenderà, e sarà grandemente esaltato e glorificato. Molti per te rimarranno sbigottiti, perché proprio cosí sarà privato di gloria il tuo aspetto di fronte agli uomini, e ti sarà tolta ogni gloria tra i figli degli uomini. Cosí stupiranno di lui molte genti, e i re chiuderanno la bocca, perché vedranno ciò che di lui non era stato loro annunciato: e quanti non l’avevano udito, comprenderanno. Signore, chi ha creduto al nostro annuncio? E il braccio del Signore a chi è stato rivelato? Abbiamo portato un annuncio: come un bambino davanti a lui, come radice in terra assetata. È sfigurato, senza gloria: lo abbiamo visto ed era privo di forma e di bellezza, anzi il suo aspetto era disonorato, non era piú quello di qualsiasi altro figlio d’uomo. Un uomo colpito, che ha imparato a portare la debolezza; il suo volto ha suscitato disprezzo, è stato disonorato, non è stato tenuto in nessun conto. Costui porta i nostri peccati, e per noi è nel dolore: noi lo abbiamo considerato uno nella pena, colpito, nella disgrazia, ma è stato ferito per i nostri peccati, è stato reso debole a causa delle nostre iniquità. È su di lui il castigo che ci ottiene pace: dalle sue piaghe siamo stati guariti. Noi tutti eravamo erranti come pecore, ciascuno andava errante per la sua strada, e il Signore ha consegnato lui per i nostri peccati, ed egli, maltrattato, non apriva bocca.
Come pecora è stato condotto al macello, come agnello muto davanti a chi lo tosa: cosí egli non apriva bocca. Nella sua umiliazione gli è stato tolto ogni diritto: ma la sua generazione, chi la descriverà? Sí, vien tolta dalla terra la sua vita: per le iniquità del mio popolo è stato condotto a morte. Metterò i malvagi di fronte alla sua tomba e i ricchi di fronte alla sua morte: poiché egli non ha commesso iniquità, né vi è inganno nella sua bocca, e il Signore vuole purificarlo dalla piaga. Se fate offerte per il peccato, la vostra anima vedrà una discendenza longeva: e il Signore vuole liberarlo dalla pena della sua anima, mostrargli la luce, plasmarlo nell’intelligenza, giustificare un giusto che rende grande servizio a tanti: egli porterà i loro peccati. Per questo farà eredi molti e dividerà le spoglie dei forti: perché ha dato alla morte la sua vita ed è stato annoverato tra gli iniqui, mentre egli ha portato i peccati di molti, e per le loro iniquità è stato consegnato. Gioisci, o sterile che non partorisci, esplodi in grida, tu che non soffri doglie: perché sono piú numerosi i figli dell’abbandonata di quelli della maritata.
Apostolo.
Prokímenon. Tono pl. 2.Mi hanno posto in una fossa profondissima, in luoghitenebrosi e nell’ombra di morte.
Stico: Signore, Dio della mia salvezza, di giorno ho gridato.
Lettura della prima epistola ai Corinti (1,18-2,2).
Fratelli, la parola della croce è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti. Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. E mentre i giudei chiedono i miracoli e i greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia giudei che greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è piú sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è piú forte degli uomini. 
Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesú, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto: Chi si vanta si vanti nel Signore. 
Alleluia. Tono 1.
Salvami, o Dio, perché le acque sono penetrate fino all’anima mia.
Stico: Mi hanno dato fiele in cibo, e nella mia sete mi hanno abbeverato di aceto.
Stico: Siano ottenebrati i loro occhi cosí da non vedere, e tu piega sempre il loro dorso.
Vangelo secondo Matteo.
(Mt 27,1-38; Lc 23,39-43; Mt 27,39-54; Gv 19,31-37; Mt 27,55-61).
In quel tempo, tutti i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesú, per farlo morire. Poi, messolo in catene, lo condussero e consegnarono al governatore Pilato. Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesú era stato condannato, si pentí e riportò le trenta monete d’argento ai sommi sacerdoti e agli anziani dicendo: Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente. Ma quelli dissero: Che ci riguarda? Veditela tu. Ed egli, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue. E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato ‘Campo di sangue’ fino al giorno d’oggi. Allora si adempí quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d’argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.
Gesú intanto comparve davanti al governatore, e il governatore l’interrogò dicendo: Sei tu il re dei giudei? Gesú rispose: Tu lo dici. E mentre lo accusavano i sommi sacerdoti e gli anziani, non rispondeva nulla. Allora Pilato gli disse: Non senti quante cose attestano contro di te? Ma Gesú non gli rispose neanche una parola, con grande meraviglia del governatore. Il governatore era solito, per ciascuna festa di pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesú chiamato il Cristo? Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua. 
Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesú. Allora il governatore domandò: Chi dei due volete che vi rilasci? Quelli risposero: Barabba! Disse loro Pilato: Che farò dunque di Gesú chiamato il Cristo? Tutti gli risposero: Sia crocifisso! Ed egli aggiunse: Ma che male ha fatto? Essi allora urlarono: Sia crocifisso! Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre piú, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi. E tutto il popolo rispose: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli. Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesú, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso. 
Allora i soldati del governatore condussero Gesú nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve, re dei giudei! E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo cosí schernito, lo spogliarono del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a prender su la croce di lui. Giunti a un luogo detto Golgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua condanna: Questi è Gesú, il re dei giudei. 
Insieme con lui furono crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. (secondo Luca, 23,39-43) Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi! Ma l’altro lo rimproverava: Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male. E aggiunse: Gesú, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso. (secondo Matteo, 27,39-54) Quelli che passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce! Anche i sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano: Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: Sono Figlio di Dio. Anche i ladroni crocifissi con lui lo oltraggiavano allo stesso modo. 
Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Verso le tre, Gesú gridò a gran voce: Elí, Elí, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: Costui chiama Elia. E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala di aceto, la fissò su una canna e cosí gli dava da bere. Gli altri dicevano: Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo. E Gesú, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesú, sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio.
(secondo Giovanni, 19,31-37). Era il giorno della Para-sceve e i giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. Venuti però da Gesú e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpí il fianco con la lancia e subito ne uscí sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.
(secondo Matteo, 27,55-61) C’erano anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse avevano seguito Gesú dalla Galilea per servirlo. Tra costoro Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo. Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesú. Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesú. Allora Pilato ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesú, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò. Erano lí, davanti al sepolcro, Maria di Magdala e l’altra Maria.
Quindi la consueta ektenía: Diciamo tutti. Il Concedici. Completiamo, ecc. pp. 169-171.
Dopo l’ekfónisis, i 4 apósticha stichirá prosómia, al momento in cui si esce con l’epitáfios. Comincia il secondo coro. 
Tono 2. Aftómelon.
Quando dal legno * Giuseppe d’Arimatea depose morto te, * la vita di tutti, * allora, o Cristo, egli ti avvolse con mirra in un lenzuolo˚: * l’amore lo spingeva a baciare, con cuore e labbra, * il tuo corpo immacolato; * ma trattenendosi per il timore, * con gioia a te gridava: * Gloria alla tua condiscendenza, o amico degli uomini.
Stico: Il Signore ha instaurato il suo regno, si è rivestito di splendore, si è rivestito il Signore di potenza e se ne è cinto.
Quando nel sepolcro nuovo fosti deposto per tutto l’universo, * o Redentore dell’universo, * sbigottí al vederti l’ade schernito˚; * si spezzarono le sue sbarre, furono infrante le sue porte˚, * si aprirono i sepolcri, risuscitarono i morti. * Allora Adamo pieno di gratitudine, con gioia a te gridava: * Gloria alla tua condiscendenza, o amico degli uomini.
Stico: E cosí ha reso saldo il mondo che non sarà scosso.
Quando nella tua carne, volontariamente, * fosti rinchiuso in una tomba, * rimanendo incircoscrivibile e infinito per la natura della tua divinità, * allora sbarrasti le stanze segrete della morte, * e svuotasti, o Cristo, tutti i regni dell’ade. * Allora hai fatto degno anche questo sabato * di benedizione divina e di gloria˚, * e del tuo splendore.
Stico: Alla tua casa si addice la santità, Signore, per la lunghezza dei giorni.
Quando le potenze celesti, o Cristo, * ti videro calunniato da iniqui come seduttore, * e la pietra del sepolcro sigillata˚ * dalle mani che avevano trafitto il tuo fianco immacolato, * fremettero di fronte alla tua ineffabile longanimità. * Ma godendo per la nostra salvezza, a te acclamavano: * Gloria alla tua condiscendenza, o amico degli uomini.
Gloria. Ora e sempre. Idiómelon. Tono pl. 4.
Giuseppe insieme a Nicodemo depose dal legno te, *che ti avvolgi di luce come di un manto˚; * e contemplandoti morto, nudo, insepolto, * iniziò il lamento pieno di compassione, * e dolente diceva: * Ahimè, Gesú dolcissimo! * Poco prima il sole, vedendoti pendere dalla croce, * si ammantava di tenebra; * la terra si agitava per il timore, * si lacerava il velo del tempio; * ma ecco, io ora ti vedo per me volontariamente disceso nella morte. * Come potrò seppellirti, Dio mio? * Come ti avvolgerò in una sindone? * Con quali mani toccherò il tuo corpo immacolato? * O quali canti potrò mai intonare per il tuo esodo, o pietoso?˚ * Magnifico i tuoi patimenti, * inneggio alla tua sepoltura insieme alla tua risurrezione, * acclamando: * Signore, gloria a te.
Ora lascia, p. 180. Trisagio. Santissima Triade. Padre nostro. Poiché tuoi sono, p. 15, e i seguenti apolytíkia.
Aftómelon. Tono 2.
Il nobile Giuseppe, * calato dal legno il tuo corpo immacolato, * lo avvolse in una sindone pura con aromi, * e prestandoti le ultime cure, * lo depose in un sepolcro nuovo˚.
Stando presso il sepolcro, * l’angelo gridava alle donne miròfore˚: * Gli unguenti profumati sono per i morti, * ma il Cristo si è mostrato estraneo alla corru¬zione.
 Congedo:
Gloria a te, o Dio, speranza nostra, gloria a te.
Cristo, vero Dio nostro, che per noi uomini e per la nostra salvezza ha accettato, nella carne, la tremenda passione, la croce vivificante e la sepoltura volontaria, per l’intercessione...
Per le preghiere dei nostri santi padri, Signore Gesú Cristo, Dio nostro, abbi pietà di noi.
Tutti: Amen.

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