Etimologia: Marco = nato in marzo, sacro a Marte, dal
latino
Emblema: Leone
Martirologio Romano: Festa di san Marco, Evangelista,
che a Gerusalemme dapprima accompagnò san Paolo nel suo apostolato, poi seguì i
passi di san Pietro, che lo chiamò figlio; si tramanda che a Roma abbia raccolto
nel Vangelo da lui scritto le catechesi dell’Apostolo e che abbia fondato la
Chiesa di Alessandria.
La figura dell’evangelista Marco, è conosciuta
soltanto da quanto riferiscono gli Atti degli Apostoli e alcune lettere di s.
Pietro e s. Paolo; non fu certamente un discepolo del Signore e probabilmente
non lo conobbe neppure, anche se qualche studioso lo identifica con il ragazzo,
che secondo il Vangelo di Marco, seguì Gesù dopo l’arresto nell’orto del
Getsemani, avvolto in un lenzuolo; i soldati cercarono di afferrarlo ed egli
sfuggì nudo, lasciando il lenzuolo nelle loro mani.
Quel ragazzo era Marco,
figlio della vedova benestante Maria, che metteva a disposizione del Maestro la
sua casa in Gerusalemme e l’annesso orto degli ulivi.
Nella grande sala della
loro casa, fu consumata l’Ultima Cena e lì si radunavano gli apostoli dopo la
Passione e fino alla Pentecoste. Quello che è certo è che fu uno dei primi
battezzati da Pietro, che frequentava assiduamente la sua casa e infatti Pietro
lo chiamava in senso spirituale “mio figlio”.
Discepolo degli Apostoli e
martirio
Nel 44 quando Paolo e Barnaba, parente del giovane, ritornarono
a Gerusalemme da Antiochia, dove erano stati mandati dagli Apostoli, furono
ospiti in quella casa; Marco il cui vero nome era Giovanni usato per i suoi
connazionali ebrei, mentre il nome Marco lo era per presentarsi nel mondo
greco-romano, ascoltava i racconti di Paolo e Barnaba sulla diffusione del
Vangelo ad Antiochia e quando questi vollero ritornarci, li accompagnò.
Fu
con loro nel primo viaggio apostolico fino a Cipro, ma quando questi decisero di
raggiungere Antiochia, attraverso una regione inospitale e paludosa sulle
montagnae del Tauro, Giovanni Marco rinunciò spaventato dalle difficoltà e se ne
tornò a Gerusalemme.
Cinque anni dopo, nel 49, Paolo e Barnaba ritornarono a
Gerusalemme per difendere i Gentili convertiti, ai quali i giudei cristiani
volevano imporre la legge mosaica, per poter ricevere il battesimo.
Ancora
ospitati dalla vedova Maria, rividero Marco, che desideroso di rifarsi della
figuraccia, volle seguirli di nuovo ad Antiochia; quando i due prepararono un
nuovo viaggio apostolico, Paolo non fidandosi, non lo volle con sé e scelse un
altro discepolo, Sila e si recò in Asia Minore, mentre Barnaba si spostò a Cipro
con Marco.
In seguito il giovane deve aver conquistato la fiducia degli
apostoli, perché nel 60, nella sua prima lettera da Roma, Pietro salutando i
cristiani dell’Asia Minore, invia anche i saluti di Marco; egli divenne anche
fedele collaboratore di Paolo e non esitò di seguirlo a Roma, dove nel 61
risulta che Paolo era prigioniero in attesa di giudizio, l’apostolo parlò di
lui, inviando i suoi saluti e quelli di “Marco, il nipote di Barnaba” ai
Colossesi; e a Timoteo chiese nella sua seconda lettera da Roma, di raggiungerlo
portando con sé Marco “perché mi sarà utile per il ministero”.
Forse Marco
giunse in tempo per assistere al martirio di Paolo, ma certamente rimase nella
capitale dei Cesari, al servizio di Pietro, anch’egli presente a Roma. Durante
gli anni trascorsi accanto al Principe degli Apostoli, Marco trascrisse, secondo
la tradizione, la narrazione evangelica di Pietro, senza elaborarla o adattarla
a uno schema personale, cosicché il suo Vangelo ha la scioltezza, la vivacità e
anche la rudezza di un racconto popolare.
Affermatosi solidamente la comunità
cristiana di Roma, Pietro inviò in un primo momento il suo discepolo e
segretario, ad evangelizzare l’Italia settentrionale; ad Aquileia Marco convertì
Ermagora, diventato poi primo vescovo della città e dopo averlo lasciato,
s’imbarcò e fu sorpreso da una tempesta, approdando sulle isole Rialtine (primo
nucleo della futura Venezia), dove si addormentò e sognò un angelo che lo
salutò: “Pax tibi Marce evangelista meus” e gli promise che in quelle isole
avrebbe dormito in attesa dell’ultimo giorno.
Secondo un’antichissima
tradizione, Pietro lo mandò poi ad evangelizzare Alessandria d’Egitto, qui Marco
fondò la Chiesa locale diventandone il primo vescovo.
Nella zona di
Alessandria subì il martirio, sotto l’imperatore Traiano (53-117); fu torturato,
legato con funi e trascinato per le vie del villaggio di Bucoli, luogo pieno di
rocce e asperità; lacerato dalle pietre, il suo corpo era tutta una ferita
sanguinante.
Dopo una notte in carcere, dove venne confortato da un angelo,
Marco fu trascinato di nuovo per le strade, finché morì un 25 aprile verso
l’anno 72, secondo gli “Atti di Marco” all’età di 57 anni; ebrei e pagani
volevano bruciarne il corpo, ma un violento uragano li fece disperdere,
permettendo così ad alcuni cristiani, di recuperare il corpo e seppellirlo a
Bucoli in una grotta; da lì nel V secolo fu traslato nella zona del
Canopo.
Il Vangelo
Il Vangelo scritto da Marco, considerato dalla
maggioranza degli studiosi come “lo stenografo” di Pietro, va posto
cronologicamente tra quello di s. Matteo (scritto verso il 40) e quello di s.
Luca (scritto verso il 62); esso fu scritto tra il 50 e il 60, nel periodo in
cui Marco si trovava a Roma accanto a Pietro.
È stato così descritto: “Marco
come fu collaboratore di Pietro nella predicazione del Vangelo, così ne fu pure
l’interprete e il portavoce autorizzato nella stesura del medesimo e ci ha per
mezzo di esso, trasmesso la catechesi del Principe degli Apostoli, tale quale
egli la predicava ai primi cristiani, specialmente nella Chiesa di Roma”.
Il
racconto evangelico di Marco, scritto con vivacità e scioltezza in ognuno dei
sedici capitoli che lo compongono, seguono uno schema altrettanto semplice; la
predicazione del Battista, il ministero di Gesù in Galilea, il cammino verso
Gerusalemme e l’ingresso solenne nella città, la Passione, Morte e
Resurrezione.
Tema del suo annunzio è la proclamazione di Gesù come Figlio di
Dio, rivelato dal Padre, riconosciuto perfino dai demoni, rifiutato e
contraddetto dalle folle, dai capi, dai discepoli. Momento culminante del suo
Vangelo, è la professione del centurione romano pagano ai piedi di Gesù
crocifisso: “Veramente quest’uomo era Figlio di Dio”, è la piena definizione
della realtà di Gesù e la meta cui deve giungere anche il discepolo.
Le
vicende delle sue reliquie - Patrono di Venezia
La chiesa costruita al
Canopo di Alessandria, che custodiva le sue reliquie, fu incendiata nel 644
dagli arabi e ricostruita in seguito dai patriarchi di Alessandria, Agatone
(662-680), e Giovanni di Samanhud (680-689).
E in questo luogo nell’828,
approdarono i due mercanti veneziani Buono da Malamocco e Rustico da Torcello,
che s’impadronirono delle reliquie dell’Evangelista minacciate dagli arabi,
trasferendole a Venezia, dove giunsero il 31 gennaio 828, superando il controllo
degli arabi, una tempesta e l’arenarsi su una secca.
Le reliquie furono
accolte con grande onore dal doge Giustiniano Partecipazio, figlio e successore
del primo doge delle Isole di Rialto, Agnello; e riposte provvisoriamente in una
piccola cappella, luogo oggi identificato dove si trova il tesoro di San Marco.
Iniziò la costruzione di una basilica, che fu portata a termine nell’832 dal
fratello Giovanni suo successore; Dante nel suo memorabile poema scrisse. “Cielo
e mare vi posero mano”, ed effettivamente la Basilica di San Marco è un prodigio
di marmi e d’oro al confine dell’arte.
Ma la splendida Basilica ebbe pure i
suoi guai, essa andò distrutta una prima volta da un incendio nel 976, provocato
dal popolo in rivolta contro il doge Candiano IV (959-976) che lì si era
rifugiato insieme al figlio; in quell’occasione fu distrutto anche il vicino
Palazzo Ducale.
Nel 976-978, il doge Pietro Orseolo I il Santo, ristrutturò
a sue spese sia il Palazzo che la Basilica; l’attuale ‘Terza San Marco’ fu
iniziata invece nel 1063, per volontà del doge Domenico I Contarini e completata
nei mosaici e marmi dal doge suo successore, Domenico Selvo (1071-1084).
La
Basilica fu consacrata nel 1094, quando era doge Vitale Falier; ma già nel 1071
s. Marco fu scelto come titolare della Basilica e Patrono principale della
Serenissima, al posto di s. Teodoro, che fino all’XI secolo era il patrono e
l’unico santo militare venerato dappertutto.
Le due colonne monolitiche poste
tra il molo e la piazzetta, portano sulla sommità rispettivamente l’alato Leone
di S. Marco e il santo guerriero Teodoro, che uccide un drago simile ad un
coccodrillo.
La cerimonia della dedicazione e consacrazione della Basilica,
avvenuta il 25 aprile 1094, fu preceduta da un triduo di penitenza, digiuno e
preghiere, per ottenere il ritrovamento delle reliquie dell’Evangelista, delle
quali non si conosceva più l’ubicazione.
Dopo la Messa celebrata dal vescovo,
si spezzò il marmo di rivestimento di un pilastro della navata destra, a lato
dell’ambone e comparve la cassetta contenente le reliquie, mentre un profumo
dolcissimo si spargeva per la Basilica.
Venezia restò indissolubilmente
legata al suo Santo patrono, il cui simbolo di evangelista, il leone alato che
artiglia un libro con la già citata scritta: “Pax tibi Marce evangelista meus”,
divenne lo stemma della Serenissima, che per secoli fu posto in ogni angolo
della città ed elevato in ogni luogo dove portò il suo dominio.
San Marco è
patrono dei notai, degli scrivani, dei vetrai, dei pittori su vetro, degli
ottici; la sua festa è il 25 aprile, data che ha fatto fiorire una quantità di
detti e proverbi.
Autore: Antonio Borrelli
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